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Rivoluzioni

Una rivoluzione, nel senso figurato del termine, è un radicale cambiamento, una netta divisione tra un “prima” e un “dopo”. Una scoperta scientifica, per esempio, può rivoluzionare il modo di concepire il mondo. Oppure un avvenimento particolare può comportare una rivoluzione nella coscienza di chi lo vive.
Quando però si parla di rivoluzione come sommossa popolare più o meno armata che trasforma una situazione politica e sociale, iniziano i guai.

La storia ci insegna che le rivoluzioni di quel tipo portano vittime, degenerano e, quando scemano, lasciano da ricostruire tutto. Guardiamo quel che è successo ieri. A prescindere dal torto o dalla ragione dei protagonisti, c’è molto da riflettere sulle modalità che essi hanno scelto. Qual’era il presupposto di quanto è accaduto? L’indignazione, la rabbia, il disprezzo. Che ci si senta amareggiati da una situazione difficile è naturale, ma se ci si ferma lì, se si rimane nello stadio della lamentela, si inizia un’escalation i cui risultati li conosciamo.

Ciascuno nel suo piccolo - io per primo - cominci con il lamentarsi di meno ed il costruire di più. Troviamo la risposta alla domanda: “Cosa posso fare io, nel mio piccolo, per costruire qualcosa senza degenerare nel disprezzo, nella protesta fine alla distruzione del colpevole, nella violenza verbale o fisica?”. È inutile cercare un responsabile di tutte le nostre sventure per poi tentare di farlo fuori in tutti i modi possibili, è questa un’attività che distoglie da tanto altro di ben più utile. Il tempo e la salute sono le cose più preziose che abbiamo, non sprechiamole.

Costruire

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Indignazione

È finita sui notiziari nazionali la tragica vicenda di quella studentessa colpita da un proiettile vagante mentre usciva dalla facoltà di lettere dell’università di Catania. Il proiettile sembra essersi conficcato in una posizione molto vicina ai centri vitali e la donna rischia la morte o la paralisi.

Se andate a guardare le pagine aperte su facebook che la riguardano vedrete una cosa non molto simpatica. La maggior parte dei commenti non sono richieste sullo stato di salute della donna o proposte di conforto per lei e la sua famiglia o richieste di preghiera. Niente affatto.
Sono tutti commenti più o meno irritati sulla criminalità, sulla società della città che va in malora, sulla pena severa ed estrema che dovrebbero meritare certi individui. Non mancano nemmeno quelli che approfittano della situazione per lamentarsi dei politici o delle forze dell’ordine.

È facile lamentarsi del lavoro altrui ed indignarsi per i fatti di cronaca. Molto più difficile è preoccuparsi di chi è vittima e sfruttare il proprio tempo per qualcosa di più costruttivo che puntare il dito.
Cercare gli scheletri nell’armadio della gente, sfruttare i casi orrendi e/o ingiusti per accusare il nemico di turno (politico, partito, categoria etc.) non serve a nulla. È solo un’esalazione di aggressività che fomenta il malcontento, la polemica e, alla fine, anche l’intolleranza.
Sarebbe ben più onorevole rivolgere il proprio pensiero alla vittima e fare qualcosa per lei che non sia una vendetta verso il colpevole, ma un modo per ridarle l’umanità della quale è stata privata.

Proiettile

N.B. Questo post non è farina del mio sacco. Mi è stato ispirato dalla mia fidanzata che mi illumina con le sue chicche sapienziali mentre guido.

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