Articoli da marzo 2011



The abyss

Oggi parliamo di un film di James Cameron – il regista di Terminator, di Alien e del recente “Avatar” – uscito in Italia nel 1989. The abyss (l’abisso) è un film ambientato sul fondo dell’oceano e, per questo, è stato girato, in parte, in un bacino allagato nel cantiere di una centrale nucleare. In fondo all’oceano, in quell’ambiente “di frontiera” i protagonisti si trovano di fronte a delle misteriose creature luminescenti provenienti dalla vicina fossa oceanica.

Si possono osservare due diversi atteggiamenti di fronte a queste creature. I “buoni” cercano di entrare in contatto, di capire cosa hanno davanti, di scoprire l’ignoto nascosto dietro quelle rapidissime sagome luminose con dovuta prudenza ma senza ingiustificati timori. I “cattivi” sono invece spaventati e, facilitati dalla paranoia di una non identificata “sindrome”, saltano molto presto alla conclusione che quelle creature siano tecnologie di un governo avversario per spiare e distruggere la patria. Mossi da questa conclusione – dettata dalla loro ideologia del “nemico della Nazione” – trafugano una testata nucleare da un sommergibile affondato e la innescano per eliminare per sempre la minaccia.

Questo comportamento lo si nota anche fra la gente comune, ogni volta che ci si trova di fronte a qualcosa di non comprensibile o di inspiegabile, anche e soprattutto se a risultare incomprensibile non è un fenomeno naturale, ma il ragionamento e il comportamento di persone o gruppi di persone. In questo caso, l’ideologia e il pregiudizio fanno il loro mestiere di mettere il gruppo incompreso nei panni del “nemico” da distruggere, con le conseguenze che conosciamo: chiusura mentale, ostilità, critica ad oltranza, denigrazione.

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Esperienze coi pattini

Qualche giorno fa la mia ragazza mi raccontava che nella sua infanzia aveva coltivato, per un certo periodo di tempo, il desiderio di imparare ad usare i pattini in linea (rollerblade). Niente si impara istantaneamente, perciò i primi tempi il rischio di cadere a terra e farsi male era più che probabile. Quando cadeva a terra – racconta – si rialzava e continuava a pattinare per diversi minuti, nonostante la cocente delusione di aver sbagliato, nonostante il sentirsi incapaci di imparare una cosa così semplice e di dimostrarlo cadendo a terra, nonostante il dolore che l’impatto con il suolo aveva provocato. Si metteva le protezioni, certo, ma una volta spaccò una ginocchiera in due parti cadendo. Per non parlare dei bambini che la prendevano in giro per via delle protezioni che metteva. “Robocop” la chiamavano. Ma lei continuava a pattinare lo stesso, a rialzarsi quando cadeva e a resistere agli insulti dei bambini. Perché?
Perché una brutta esperienza, mal gestita, diventa un trauma e il trauma rende impossibile continuare un’attività e godersela, esattamente come un’ideologia impedisce di vedere la realtà e viverla appieno. Si rialzava e continuava a pattinare perché aveva bene in mente quanto fosse bello pattinare e, per quella bellezza, sarebbe stata disposta a cadere e cadere ancora cento volte se fosse stato necessario. Cadere e ricevere prese in giro era “incluso nel pacchetto” ma questa inclusione non ne riduceva la bellezza.

Quand’è che lasciamo diventare traumi le esperienze negative? Quando non vediamo con occhi sinceri che la sorgente di quella esperienza nasconde una bellezza che vale molto di più di qualche sbucciatura. La superficialità di giudicare soltanto in base ai pochi aspetti che non ci piacciono, in base ai nostri fallimenti, ci conduce poi a denigrare quella bellezza che non vediamo e a sminuire chi riesce a vederla, come fa la volpe della favola:

Una volpe affamata vide dei grappoli d’uva che pendevano da un pergolato, e tentò di afferrarli. Ma non ci riuscì. “Robaccia acerba!” disse allora tra sé e sé; e se ne andò. Così, anche fra gli uomini, c’è chi, non riuscendo per incapacità a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze.

Esopo, XXXII; Fedro, IV, 3.

Pattini in linea

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Il bullone lunare

Il nonno di Eddie faceva l’astronauta. Fu uno dei pochi uomini che posarono il loro piede sul suolo lunare. Una cosa incredibile che solo pochissime persone poterono fare grazie al fatto, anch’esso stupefacente di per sé, di essere stati gli unici ad aver raggiunto il satellite; da sempre oggetto di grandi sogni e ambizioni; da sempre lassù nel cielo ad indicare una meta troppo lontana per essere raggiunta dai comuni mortali. Lui e pochi altri invece non si limitarono a guardarla ma la toccarono con le loro mani.

Come in tutte le missioni lunari c’era della strumentazione che doveva essere lasciata sul satellite. Poco prima di andare via, il nonno di Eddie si era accorto di un bullone staccatosi da quella strumentazione e caduto sul suolo lunare. Pensò che quel bullone cosparso della polvere della Luna potesse essere un bel souvenir e se lo portò dietro.
Un giorno, Eddie ricevette in regalo quel prezioso bullone da suo nonno. Era un oggetto unico in tutto il mondo.

Ritornato a casa, Eddie pose il prezioso oggetto sulla scrivania e andò a dormire. L’indomani, mentre era a scuola come tutti i giorni, la donna delle pulizie vide quel bullone sporco di polvere, probabilmente pieno di germi, e lo buttò via pensando: «I ragazzini di oggi si portano in casa tutte le porcherie che trovano per strada».
La superficialità di chi non conosce i veri motivi delle azioni altrui, che non sa quale sia il vero senso che certi oggetti hanno, che non conosce il senso di certi ragionamenti apparentemente fallaci o incomprensibili finisce per utilizzare i propri paradigmi per giudicare e così sbagliare: chi ha conosciuto solo opportunismo userà questo paradigma per giudicare l’altruista e chi conosce solo la menzogna userà il paradigma scettico per giudicare la persona sincera.
Non sarebbe ora di lasciare perdere i paradigmi e dedicarsi alla realtà di chi abbiamo di fronte?

Bullone

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Girandola

Nelle fredde serate invernali della mia infanzia mio papà costruiva un giocattolo molto semplice: prendeva un foglio di carta e ritagliava una spirale, una chiocciola di carta che aveva al centro una parte circolare un po’ più grossa; poi prendeva un bastoncino appuntito o una penna scarica o una matita e conficcava la parte tozza tra le fessure del termosifone mentre, sulla punta, sistemava – pigiando bene di modo che il buchino risultante tenesse tutto insieme – la chiocciola di carta che aveva ritagliato.

Magicamente la chiocciola cominciava a ruotare su sé stessa senza fermarsi finché non arrivava qualcuno ad interferire. Fu così che da bambino mi fu insegnato che l’aria calda si dilata diventando più leggera di quella fredda e, per questo motivo, andava sempre verso l’alto. Con quel gioco, il mio stupore da bambino mi permise di osservare ciò che fino a quel momento mi era inosservabile perché non ancora pronto a certi studi: l’aria trasparente; gli effetti del calore; il principio di funzionamento delle mongolfiere; la fisica.

La settimana scorsa, durante un turno di misura nel quale ero solo, ho trovato sul tavolo della sala di acquisizione dei dati una forbice ed un foglio di carta. Così, ricordandomi di quegli inverni di tanto tempo fa, ho costruito una di quelle strane girandole e l’ho montata sopra gli alimentatori dei rivelatori (non sono molto caldi ma hanno delle ventole per essere raffreddati, quindi c’è sempre un flusso d’aria).
Poi il mio turno è finito e nessuno sembra essersi accorto di nulla finché l’altro ieri, entrando per ultimo ad una riunione, mi accorgo che stanno tutti parlando di quello strano gioco. Erano insolitamente stupiti, quasi come dei bambini. Pensavo, al più, che conoscessero già il giochino e che l’avrebbero tolto per riprendersi la penna.

Basta veramente poco per scoprire l’invisibile che abbiamo sempre sotto al naso e stupirci. Quando la realtà stupisce e tocca spontaneamente il cuore percepiamo la grandezza di quanto ci circonda.

Girandola aria calda

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Il cavaliere oscuro

Uno dei personaggi più usati e forse abusati del cinema è senza dubbio Batman, uno dei pochi supereroi a non disporre di super poter ma a basare la propria forza sul conto in banca e sulla tecnologia che è in grado di procurarsi.

La più recente apparizione cinematografica dell’uomo-pipistrello è nel film “Il cavaliere oscuro”, sequel del precedente “Batman begins”. Non commento l’intero film perché, tutto sommato, è prevalentemente una serie di scene d’azione per intrattenere il pubblico più che un mezzo per comunicare un qualche significato profondo. Tuttavia non mancano spunti di riflessione: c’è una scena nella quale si racconta di un bandito che in Birmania aveva rubato un carico di pietre preziose…

Il bandito non ha rubato le pietre preziose per averne un tornaconto economico, le ha buttate via. Con certi uomini non ci si ragiona, né ci si tratta… «Certi uomini vogliono solo vedere bruciare il mondo». Non a caso quando in qualche forum o in qualche blog si incontra gente di questo tipo si parla di “flame”: un litigio che si innesca e divampa come un incendio inarrestabile.

Sicuramente c’è un qualche modo di agire nei confronti di queste persone e altrettanto certamente questo modo deve passare per la comprensione di ciò che sta dietro al loro agire – prima fra tutte le cause l’ideologia. Se facciamo lo sbaglio di giudicarli meno umanamente corriamo il rischio di diventare come loro e di diventare il combustibile di quella fiamma che il loro cuore disperato (=senza speranza di trovare qualcosa di meglio) brama.

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Radioattività

Siamo circondati di radioattività. Nei muri c’è il potassio 40, dal cielo vengono radiazioni cosmiche, dal sottosuolo viene il radon e abbiamo elementi radioattivi persino all’interno del nostro stesso organismo (il famoso carbonio 14 della datazione per non parlare di isotopi del calcio etc.). Chi vive vicino ad un vulcano, poi (Etna, Vesuvio) è più esposto a radiazioni perché gli elementi pesanti, che statisticamente sono più ricchi di isotopi radioattivi, vengono continuamente portati in superficie dall’attività vulcanica. Gli isotopi entrano nella catena alimentare, nei cicli naturali; sono portati dal vento; si trovano negli oggetti che tocchiamo.

La radioattività pervade praticamente tutto ciò con cui abbiamo a che fare e noi stessi, ma non ce ne rendiamo conto. Un numero esorbitante di particelle ci attraversano ogni istante senza che noi percepiamo la minima variazione. L’universo è pieno di cose invisibili che ci stanno sotto al naso, ci stanno persino dentro, ma non ne conosciamo l’esistenza, ne ignoriamo completamente la presenza. E se una di queste venisse in persona a parlarci di ciò che non vediamo? Dovrebbe parlare la nostra stessa lingua, presentarsi in forme che possiamo riconoscere, correndo il rischio di essere fraintesa per un qualche caso particolare di cose già note e arcinote.

Radioattività

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Il mago delle nuvole

A Francesco non piacevano le giornate nuvolose nelle quali le nuvole transitavano offuscando il sole ma senza degnarsi di fare nemmeno un goccio di pioggia. Quel giorno i colori erano sbiaditi e il mondo, attraverso la finestra della casa della nonna, sembrava soffocato sotto una cappa di tristezza grigia.

Sei lì alla finestra da più di venti minuti – lo richiamò la nonna dopo esserglisi avvicinata e aver gettato uno sguardo al cielo. Francesco la guardò sorridere come se la sapesse lunga. Ti mette tristezza il cielo nuvoloso? – chiese affettuosamente la donna – Si! Mi dà fastidio tutto questo grigiore e non capisco che senso abbiano tutte quelle nuvole se non fanno cadere nemmeno la pioggia. Ingrigiscono tutto ecco! – borbottò Francesco. La nonna, senza cambiare espressione, indicò lentamente il castello che si trovava sulla collina. Lassù vive il mago delle nuvole – disse – le dispone nel cielo a suo piacimento. Non è distante da qui, puoi andare a parlargli se ti va.

L’immenso portone del castello era già leggermente aperto quando Francesco lo raggiunse nel bel mezzo del pomeriggio. Il ragazzino si fece timidamente strada fra i corridoi, seguendo la scia di bigliettini appesi alle pareti. Annotazioni di ogni tipo lo accompagnarono fino al laboratorio sulla torre dove trovò un anziano signore che si divideva tra un telescopio ed una manovella che roteava di tanto in tanto – I tuoi genitori non ti hanno insegnato a bussare? – chiese l’uomo senza distogliere lo sguardo dai suoi strumenti – Me ne scuso – rispose il ragazzino – Sono Francesco, vengo da quella casa, ci sta mia nonna – Uh, devi essere il nipotino di Cassandra – disse sorridendo il vecchietto – Come mai sei qui? – Sono qui per chiederle di fare sparire le nuvole perché quando non c’è il sole è tutto grigio – Stanno benissimo lì dove stanno! Anzi, con un ultimo ritocco saranno perfette – Francesco si indispettì leggermente – Perché passa tutto il tempo a coprire il cielo senza motivo? Come può permettere che il sole venga offuscato in quel modo? – Ora non posso perdere tempo con te, ma se avrai pazienza capirai – rispose lapidario l’uomo.

Il mago delle nuvole tornò alle sue operazioni ignorando il ragazzino. Il giorno era ormai al termine e Francesco aveva perso le speranze di poter vedere il Sole prima di rientrare a casa. Stava uscendo dal castello quando davanti a lui apparve uno spettacolo meraviglioso: la luce del Sole al tramonto filtrava attraverso le nubi colorando il cielo con centinaia di sfumature differenti. Sembravano le pennellate luminose di un artista su una immensa tela. Se il cielo fosse stato terso e limpido Francesco avrebbe visto soltanto un disco arancione nascondersi dietro l’orizzonte. Il mago delle nuvole aveva fatto un ottimo lavoro faticando tutto il giorno.
Francesco tornò a casa consapevole che tutto ha un senso. Anche le cose che sembrano oggettivamente brutte lo hanno, anche se quel senso non è immediatamente comprensibile.

Nubi al tamonto

Ispirato dalla mia fidanzata che, guardando il cielo nuvoloso, ha detto, come fa di solito: “Oggi ci sarà un bel tramonto”

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Cold Case

È circa l’ora di pranzo, la maggior parte della gente è a lavorare o a casa a mangiare. Alla centrale di polizia giunge la telefonata di una donna che riferisce di aver assistito ad un omicidio. Dopo qualche minuto i poliziotti giungono sul posto, un minimarket annesso ad una stazione di servizio di una strada non molto trafficata. La donna che ha effettuato la telefonata è la commessa. La vittima è una cliente della quale nessuno conosce il nome ma il suo corpo non si trova all’interno del negozio. L’unica traccia è del sangue sul pavimento e un contenitore di sacchi per l’immondizia rovesciato a terra.
Un primo investigatore interroga a fondo la commessa e scrive un suo rapporto sull’accaduto. Versione 1.

Al momento dell’omicidio nel negozio c’era un’altra persona: un ragazzino che, approfittando della sosta di rifornimento del padre, era entrato per procurarsi una merendina giusto per non avere fame durante il viaggio. Era tra gli scaffali e non è stato visto. Ha sentito la voce dell’aggressore e della vittima ma era troppo basso per vedere oltre gli scaffali. Un esperto negli interrogatori di bambini che assistono a delitti scrive un rapporto basandosi sulla testimonianza del ragazzino. Versione 2.

Il padre del ragazzo era fuori a fare benzina durante l’aggressione. Ha visto in lontananza entrare un uomo di grande stazza e uscire dopo pochi minuti con un carrello per la spesa che conteneva un grosso sacco nero per l’immondizia. Inizialmente la sua testimonianza non viene considerata perché troppo distante dal luogo dell’accaduto ma, dopo qualche mese di indagini, viene convocato per trascrivere la sua deposizione. Versione 3.

Dopo due anni di indagini, fatti di ipotesi e di indizi, un secondo investigatore scrive un testo basandosi su tutto il materiale raccolto fino a quel momento, indicando quali potrebbero essere, secondo lui, gli indiziati e aggiunge un elenco di ragazze scomparse che corrispondono al profilo della vittima, come viene descritto dalle testimonianze. Versione 4.

Dopo un altro anno, il detective muore in un incidente stradale ed il suo caso viene archiviato come irrisolto.
Un poliziotto dei giorni nostri viene a conoscenza del caso da un certo detective Malone e se ne interessa distrattamente. Legge superficialmente i quattro rapporti trovando decine di contraddizioni ed incongruenze. Poiché il suo turno era quasi finito e doveva andare a casa, conclude che si trattava di una grossa burla e che non c’è mai stato nessun omicidio, nessuna vittima, nessun aggressore. Secondo lui il caso è chiuso. Va perciò dal suo capo ed, esponendogli tutte le contraddizioni trovate, inventa anche una sua spiegazione sui presunti indizi. Spiega, ad esempio, il sangue sul pavimento dicendo che la sorella della commessa era infermiera e poteva averle dato degli scarti di trasfusioni.

Il capo lo congeda e telefona al suo referente: «Devo farlo trasferire, è proprio un incapace. Neanche un’ora fa l’investigatore Malone mi ha comunicato che la sua indagine indipendente ha dato i suoi frutti… Il corpo della donna è stato trovato ed il colpevole sta già giungendo in centrale.»
La contraddizione è fisiologica delle testimonianze soprattutto se vengono da persone diverse che possono anche essere tutte in buona fede. È stato anche scientificamente provato che il cervello tende a ricostruire le parti mancanti dei fatti involontariamente. Negare un avvenimento solo perché la sua descrizione da parte dei testimoni diversi non è copia conforme è pericoloso: si rischia di non concludere mai nulla e di lasciare la verità a fermentare nel suo nascondiglio.

Investigatore

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Formati personalizzati in Scientific Linux

Sotto Windows è possibile personalizzare i formati numerici, monetari e temporali a proprio piacimento, scegliendo il simbolo utilizzato per separare le cifre decimali e le centinaia dalle migliaia. Su sistemi Unix-like si può, di solito, scegliere soltanto la “localizzazione” cioè impostare in blocco i formati standardizzati di una determinata nazione (la propria).

Un modo per modificare o aggiungere la localizzazione è quello di editare un file che, una volta compilato, funzioni esattamente come le altre localizzazioni. In particolare, in Scientific Linux – che è il sistema operativo che uso per lavorare – le localizzazioni in “formato sorgente” si trovano nella directory “/usr/share/i18n/locales/” e per modificarli bisogna avere i privilegi di amministratore.

Apriamo il terminale e digitiamo “su“, viene richiesta la password di amministratore. Una volta immessa, si dispone dei privilegi adeguati per editare il file. A questo punto diamo i seguenti comandi:

cd /usr/share/i18n/locales/
gedit it_IT &

La “e commerciale” (&) serve ad aprire l’editor di testo continuando a disporre della finestra del terminale con i privilegi di amministrazione. A questo punto possiamo scegliere se salvare un nuovo file o se modificare la localizzazione italiana “it_IT“. Le chiavi che ci interessano sono “LC_NUMERIC”, “LC_MONETARY” e “LC_TIME”. Una guida dettagliata (in inglese) su come modificare queste impostazioni la fornisce la IBM a questo link.
Notiamo che i vari simboli sono inseriti con il codice “unicode” (UTF-16). A questo proposito ho trovato utile questo convertitore che consente di convertire qualsiasi testo in “UTF16″

Per quanto riguarda la separazione dei decimali, se si vuole passare dalla virgola al punto bisogna sostituire

decimal_point             "<U002C>"

con

decimal_point             "<U002E>"

A questo punto resta solo da salvare il file e compilare il codice che abbiamo scritto. Supponendo di voler aggiornare la localizzazione italiana, basterà digitare

localedef -c -f UTF-8 -i it_IT it_IT.utf8

oppure sostiture il nome it_IT con quello che si desidera.
Dopo il riavvio del sistema le applicazioni come la calcolatrice mostreranno il formato desiderato.

Unicode

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Granchio anomalo

Un’estate di qualche anno fa mi trovavo nel parco naturale della valle dell’Anapo. Un posto suggestivo anche per le necropoli risalenti a più di tremila anni fa. La riserva naturale mostra paesaggi e creature tipici che cercano di sopravvivere alla contaminazione umana, spesso intenzionalmente dannosa per sottrarre e sfruttare economicamente i terreni del parco.

Il fiume Anapo forma, lungo il suo percorso, alcuni stagni che sono ricchi di vita. In uno di questi avevo visto un grosso granchio che se ne stava sulla sommità di un grosso sasso a pochi centimetri dall’acqua.
Doveva esserci qualche nido di vespe più a monte, perché qualcuno di questi insetti arrivava galleggiando in cerca di un appiglio per salvarsi. Le vespe non nuotano infatti. Una di queste raggiunge il sasso dove stava il granchio e comincia a risalire verso l’asciutto, avvicinandolo.

All’inizio pensavo che si sarebbero ignorati vicendevolmente ma mi sono dovuto ricredere quando ho visto il granchio, afferrare l’ape con le chele, ucciderla e divorarla. Fino a quel momento credevo che i granchi mangiassero solo alghe e non mi venite a dire che quell’ape era un’alga a forma di insetto!
Non finisce mica qui: nello stesso posto, qualche tempo dopo, ho visto un serpente che nuotava e che, dopo essersi immerso, ha preso un pesce enorme per mangiarselo.

Non so se questi comportamenti siano già classificati e ritenuti “normali” dagli etologi. So però che se un etologo mi venisse a dire che quel che ho visto è impossibile o che forse me lo sono sognato, non cambierei di una virgola la certezza di ciò che ho visto con i miei occhi. Anzi, dovrebbe essere lui a cambiare idea. L’esperienza diretta, ciò che sperimento in prima persona, ha la priorità sulle spiegazioni degli increduli. L’importante è osservare senza pregiudizi; non precludere nulla alla nostra analisi; lasciare che l’esperienza ragionevole, che ci può anche essere proposta da qualcuno più “esperto” (=che ha già fatto quell’esperienza e vuole renderci partecipi), possa essere da noi verificata in prima persona prima di essere rigettata o accettata.

Anapo

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