Articoli da agosto 2011



Sorprese di bentornato

Sono tornato a casa. Sono stato via per poco tempo eppure al mio ritorno ho trovato una piacevole sorpresa.

Circa un anno fa avevo seminato delle passiflore. Erano stati ricavati da una pianta adulta che era stata intenzionalmente impollinata per produrre frutto, ma le speranze di ottenere anche una sola pianta “figlia” erano poche. I semi di passiflora sono infatti tra i più capricciosi che esistano per diversi motivi: devono essere accuratamente ripuliti dalla polpa del frutto che ne inibisce la nascita; devono essere “attivati” con l’acqua tiepida; devono trovare un terreno particolare; germogliano anche dopo diversi mesi dalla semina.

Nonostante tutto, quando sono partito, cinque piantine erano già germogliate e si erano arrampicate, intrecciandosi fra loro, su un pergolato opportunamente collocato lì vicino. La fioritura della passiflora avviene ad almeno un anno dalla nascita e non mi aspettavo certo che al mio ritorno avrei trovato il primo bocciolo di questa nuova generazione.
Questo inatteso bocciolo ha suscitato in me stupore e meraviglia, in barba a chi classificherebbe l’accaduto come “una comunissima pianta che ha prodotto un banalissimo fiore”. Il nostro problema è che spesso riduciamo le straordinarie sfaccettature della realtà ad ordinarie banalità chiudendo, in qualche modo, i nostri occhi di fronte alla bellezza e a processi, tutto sommato, incredibili del mondo circostante. È infatti incredibile che quel bocciolo sia nato proprio lì e non altrove e proprio adesso e non dieci giorni fa o il mese prossimo. Ancor più incredibile come da pochi semi venga fuori tutto ciò, inaspettato ma sperato, poco controllabile ma appartenente ad un divenire, gratuito.

Bocciolo passiflora

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Candela

Nei luoghi dove ancora l’energia elettrica non è giunta o nei secoli del nostro passato, la luce era un bene prezioso. All’imbrunire diventava difficile riuscire a leggere un libro e non pochi si rovinavano la vista nello sforzo di distinguere quegli antichi caratteri con così poca luce.

Quella scarsa e flebile luce poteva essere il fuoco di un camino o, spesso, la fiamma di una candela. Oggi usiamo le candele con scopi ornamentali ma un tempo la luce emessa da quella cordicina immersa in un cilindro di cera era l’unica cosa che permettesse di lavorare ancora qualche ora – o anche tutta la notte, per i più forti.

Un significato simbolico della candela è che per permettere l’illuminazione dell’ambiente circostante essa deve consumarsi. Non ci può essere luce se la candela non si consuma. Allo stesso modo, se il nostro agire è luminoso, se permette a chi ci circonda di vedere meglio e godere della nostra luce, la conseguenza è che spendiamo noi stessi – consumiamo la cera. Più cerchiamo di preservare la cera e meno luce emettiamo.
Facciamo attenzione ed evitiamo l’estremo di spegnerci lasciando vincere l’oscurità.

Candela

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Salto di livello

Come sappiamo, ogni atomo è costituito da un nucleo centrale e da una nube di elettroni distribuiti attorno ad esso. Tra le varie caratteristiche delle quali dispone un elettrone ce n’è una, il numero quantico principale, che in qualche modo si può collegare alla distanza media che intercorre tra l’elettrone stesso e il nucleo. In condizioni di equilibrio questo numero è costante ma, se si somministra all’elettrone un’energia specifica, questo numero può aumentare di una unità e l’elettrone si allontana dal nucleo.

Oggi ho pensato che tra me e certe persone ci si trova come in un atomo. Quando mi fanno delle cattiverie mi accendono, mi somministrano energia, perciò mi allontano da loro spostandomi su un’orbita più alta. Al contrario, quando mi affascinano, mi rilasso e perdo energia avvicinandomi.
Poiché tutti sbagliano ed – alcuni – anche gravemente è facile immaginare che in questo modo saremmo tutti elettroni liberi, lontani da qualsiasi nucleo. Eppure si verifica che in particolari contesti l’analogia qui esposta sia bypassata da una forza più grande, qualcosa che supera gli inevitabili screzi che possono capitare tra esseri umani creando un legame superiore alle debolezze della natura umana.

salto di livello

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Evidenze

Osserviamo una coppia di innamorati. L’amore fra loro non è un oggetto tangibile, né una quantità misurabile, né qualcosa di accertabile – tant’è che esiste chi imbroglia la persona che ha accanto per anni o addirittura decenni. Al contrario c’è anche chi è certo dell’amore altrui senza nessuna dichiarazione formale né prova – e ci azzecca! Dell’amore noi possiamo solo vedere i suoi effetti: una carezza; un bacio; l’atteggiamento di fiducia; maggiore confidenza; preoccupazioni e premure che per altre persone non sussistono; capacità di perdonare superiore alla media.

Il sentimento dell’amore è qualcosa di cui sperimentiamo l’esistenza ma del quale abbiamo soltanto segnali “indiretti” ovverosia conseguenze. Anche nella scienza ci sono innumerevoli casi come questo. Ad esempio nessun esperimento di fisica nucleare permette di “vedere” o misurare le forze e i campi che agiscono su oggetti così piccoli, ma possiamo osservarne gli effetti come la deviazione di una traiettoria o un diverso numero di particelle che si comportano in un determinato modo.

L’amore – e non solo – è una di quelle cose per le quali una conseguenza manifesta la presenza della causa. Ci sono cose che non possiamo vedere ma che manifestano determinati effetti: non cediamo alla tentazione di negarle a priori.

Scatola nera

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Misterioso Bernoulli

Domani salirò su un comune turbojet (ciò significa che sono fuori città nella prossima settimana e potrei essere assente anche dal blog) ma approfitto dell’occasione per fare qualche riflessione sulla portanza.

Come sappiamo, un aereo vola perché è dotato di ali, ma affinché esista una spinta verso l’alto capace di sollevare il velivolo è necessario che la sezione trasversale dell’ala sia di forma particolare. L’aria che si muove al di sopra dell’ala deve infatti fluire più velocemente di quella che invece passa sotto. Il motivo di questa condizione è il principio scoperto da Daniel Bernoulli che lega la pressione di un fluido alla sua velocità. Nel caso dell’ala la differenza di velocità tra l’aria che scorre sopra e quella che scorre sotto è responsabile di una depressione nella parte superiore capace di sollevare l’aereo.

Pensandoci bene, questo comportamento non è intuitivo: è facile immaginarsi come funzioni un’elica o un ventaglio ma non come funzioni un’ala. Eppure gli uccelli, che non conoscono né Bernoulli, né il suo principio, possiedono ali che soddisfano perfettamente un principio fisico così poco intuitivo. Sono ali fatte apposta.
Noi abbiamo potuto conoscere la misteriosa forza che sostiene gli uccelli nell’aria soltanto attraverso degli esperimenti sui fluidi, affinando la nostra percezione verso qualcosa che ci capitava praticamente sotto al naso ma che non potevamo capire né percepire pienamente. Significa che per vedere qualcosa di non palese è necessario avere innanzitutto l’apertura mentale nel riconoscerne l’esistenza e la volontà di cercare al di là dei limiti imposti dalle impressioni superficiali.

 Portanza

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Il migliore amico

Quando ero bambino c’era un mio compagnetto delle elementari che definivo “il mio migliore amico”. Affrontavo gli altri per ottenere il diritto di sedermi accanto a lui ed ogni volta che lo scorgevo altrove lo avvicinavo per parlare o giocare. Passavo diversi pomeriggi a casa sua.

Riportando alla memoria quei tempi, temo che quel mio amico non fosse proprio d’accordo con le mie definizioni. Non è che non gli volessi bene – anzi, personalmente ho riservato simili sentimenti a pochissime persone – però qualcosa non andava.
Mi ero talmente preso a cuore “il suo bene” che mi impegnavo nel spiegargli tutto ciò che sapevo e soprattutto nel correggerlo in ogni sbaglio in modo da aiutarlo. Facevo veramente il suo bene? Probabilmente no. Concentrandomi solo sull’aspetto logico, solo sul distinguere le affermazioni vere da quelle false, trascuravo buona parte del resto, a cominciare dalla sensibilità verso l’altro. Ricordo che spesso il mio amico finiva per piangere a causa delle mie lezioncine, del mio continuo correggere, della mia pretesa di avere sempre ragione.

Oggi questa persona non mi rivolge la parola da decenni.
Per fare cose buone non bastano le buone intenzioni. Se la dobbiamo dire tutta sono spesso le buone intenzioni – mal gestite, mal perseguite – a condurci verso risultati diametralmente opposti: invece di fare il bene facciamo il male; invece di costruire distruggiamo pur avendo tutt’altre intenzioni. Non basta avere un buon obiettivo ma occorre che anche “il come” sia buono. Volere bene, amare qualcuno non giustifica qualsiasi tipo di amore, nessun fine può cioè giustificare i mezzi, perché certi mezzi illudono chi li adopera e lo conducono decisamente fuori strada.
L’esperienza personale insegna che il bene si persegue con il proprio sacrificio (non con quello degli altri); facciamo attenzione alle strade in discesa che conducono verso il miraggio di un buon proposito.

Segnale scuola

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Ikaros

Uno dei sogni più sognati è quello dell’era spaziale, l’esplorazione di mondi distanti anni luce da noi con astronavi in grado di oltrepassare i limiti imposti dalla relatività.
Nessuno sa ancora bene come ciò potrebbe essere possibile ma una sola cosa è certa: l’energia necessaria sarà davvero enorme. Questo problema energetico si scontra ferocemente con il tema delle energie rinnovabili. Sarebbe infatti impensabile alimentare un’astronave del genere con pale eoliche o pannelli solari.

C’è però chi ci ha voluto provare. Una sonda giapponese di nome Ikaros è un esperimento di propulsione attraverso il vento solare. Si tratta di una sonda dal peso di 315Kg munita di una “vela” quadrata di diagonale pari a 20 metri e sulla quale collide il vento solare, un flusso di particelle alfa e protoni che si muovono alla velocità media di circa 400Km al secondo. Le particelle del vento solare trasferiscono la loro energia alla sonda e la accelerano. Ricorda molto una puntata di deep space nine dove il capitano Sisko costruiva ed utilizzava un veicolo molto simile.
L’esperimento scientifico voleva solo verificare la fattibilità dell’apparato ma c’è chi invece strumentalizza questo tentativo come soluzione ambientalista ai viaggi spaziali e motivo per dichiarare che le altre risorse energetiche, ben più potenti, sarebbero inutili.

Purtroppo le cose non stanno così. Mi sono divertito nel fare qualche conto con excel ed ho scoperto che la sonda, partendo dalla Terra, impiegherebbe cento anni solo per percorrere ottomila chilometri! (circa la distanza tra Washington e Tokyo – 7700Km) Figuriamoci quanto tempo servirebbe per percorrere quel paio di anni luce che ci separano da Alfa Centauri (senza considerare che anche Alfa Centauri ha il suo vento solare in direzione opposta).
La scienza può essere usata male come qualsiasi altra cosa e non solo nella forma di armi o sperimentazioni immorali ma anche, e soprattutto, per disinformare e illudere le persone su certe ideologie. Verifichiamo sempre quel che ci viene detto da chi fa tanto rumore sugli esperimenti altrui.

Ikaros

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La tarantola della baita

Un gruppo di giovani ragazzi e ragazze approfittarono delle vacanze estive per andare a trascorrere il fine settimana in una baita di montagna. Il panorama montano era splendido, il clima molto gradevole. Le due auto si fermarono accanto a quella del custode, che li stava già aspettando.
«Buongiorno!» «Buongiorno a voi – salutò il custode – vi dò alcune istruzioni e poi vi lascio».
Tra le varie istruzioni su come gestire l’acqua o su dove recuperare la legna ve ne fu una particolare: «Fate attenzione quando vi muovete perché prima che arrivaste ho visto una tarantola sgattaiolare fra le stanze – spiegò il custode – accendete la luce prima di entrare in una stanza; controllate i cassetti prima di metterci le mani; fate rumore quando vi muovete e la tarantola non vi farà alcun male. Sarebbe un gran peccato se vi mordesse.»

Il custode entrò nella sua auto e lasciò i giovani a godersi la baita. Iniziarono subito a portare le loro cose dalle auto fin nelle loro stanze. Per diverse ore non vi fu traccia di alcuna tarantola perciò alcuni cominciarono a dubitare delle istruzioni del custode. Qualcuno diceva: «Non sono sicuro che ci sia una tarantola. Potrebbe essere scappata via, ma nel dubbio è meglio comportarsi come ha detto il custode». Altri però furono meno ragionevoli: «Se non c’è alcuna tarantola perché devo affannarmi a controllare i cassetti e ad accendere le luci?». Il più giovane della compagnia, innervosito dalle posizioni dei suoi amici allora sostenne: «Sono persuaso, convinto e sicuro al cento per cento che non esiste alcuna tarantola in questa casa. Voi, sciocchi, potete continuare nelle vostre buffonate ma io mi comporterò liberamente».

Così fu. Ciascuno si comportò secondo le proprie convinzioni; chi credeva al custode; chi credeva nella propria deduzione che non vi fosse alcun pericolo.
Dal presumere l’assenza di tarantole nella baita e non essere quindi cauti nei propri spostamenti, il passo fu breve nel fare tutto l’opposto di ciò che il custode aveva raccomandato. Il giorno dopo, il più giovane della compagnia era andato a prendere un ciocco di legno da mettere sul fuoco. Invece di battere sulla catasta per far fuggire la tarantola, afferrò direttamente un ciocco e rientrò in casa. I suoi amici non furono abbastanza rapidi nell’avvertirlo di quella cosa nera che camminava sul ciocco… E zac! Un bel morso velenoso.

Quanto possiamo essere sprovveduti a volte! Troviamo difficile assumere una certa condotta prudente e giusta perciò cerchiamo in tutti i modi di squalificarne l’origine. Con deduzioni paraboliche diamo il valore di certezza a delle conclusioni che possono rivelarsi errate e riteniamo sciocco chi non le condivide. Ma la nostra posizione riguardo a queste nostre deduzioni è più fideista di quanto pensiamo.

Baita

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Bello ma velenoso

Ci sono tanti animali e piante che hanno dei colori sgargianti e disegni incredibili. Rispetto ad altre creature che cercano di mimetizzarsi o che non hanno proprio voglia di attirare i predatori risaltano subito per la loro bellezza.
Nella natura però i colori accesi e i disegni appariscenti significano “veleno”: le bande gialle e nere della vespa mettono in guardia dal pungiglione; certe bacche rosse evidenziano la loro tossicità; alcuni molluschi marini mettono in guardia da aculei urticanti e cellule tossiche.

Noi siamo affascinati dai colori appariscenti, dai contrasti evidenti, come siamo affascinati da tutto ciò che ci sembra piacevole, comodo o conveniente. Certi comportamenti discutibili li compiamo per il fascino che inizialmente essi esercitano su di noi. Evitare il peggio è spesso un saper guardare oltre la superficie accattivante e scorgere la sostanza delle nostre azioni.

Mollusco velenoso

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Maniaco dell’ordine

Un tipo un po’ cervellotico stava con lo sguardo perso verso le quattro pareti della sua stanza. C’era tanto disordine e lui aveva appena preso le vacanze perciò, visto che aveva tempo da vendere, cominciò ad ordinare.

All’inizio spostò soltanto gli oggetti liberando la superficie coperta della scrivania. Si guardò intorno e pensò che non era sufficiente. Allora cominciò a riporre gli oggetti nei cassetti e sugli scaffali. Si guardò ancora intorno e si accorse che il disordine permaneva sopra gli scaffali e dentro i cassetti e dentro l’armadio. Si mise all’opera: svuotava i cassetti e rimetteva dentro le cose in modo che fossero allineate, parallele, organizzate, razionalizzate. Finiva un cassetto e andava ad uno scaffale per poi tornare ai cassetti o concentrarsi sull’armadio.

Dopo molto lavoro finalmente tutto era quasi perfetto ma, prima che potesse iniziare un altro ciclo, un amico lo chiamò al telefono: «Hey, ti ricordi cosa c’era scritto in quella cartolina che mi hai mostrato?» «Controllo subito». Il tipo tornò nella stanza e cominciò a cercare creando un moderato disordine, andò a comunicare l’informazione all’amico e ritornò indietro, nella sua stanza. Ancora disordine! Ed eccolo di nuovo  a sfacchinarsi nell’ordinare, sistemare, razionalizzare tutto, perfino l’orientamento degli oggetti e la faccia giusta che i fogli dovevano rivolgere verso l’alto. Ogni volta però capitava qualcosa – un libro da leggere, un oggetto da utilizzare, un’informazione da cercare – che produceva altro disordine. Un ciclo senza fine aveva intrappolato il nostro amico.

Ci sono cose che non si possono eliminare: si può combattere lo sporco ma non lo si può annientare; si può fare ordine ma non si può annullare il disordine una volta per tutte. Il moralista non soltanto combatte il male ma lo vuole annientare e rischia così di diventare prigioniero del suo proposito. Un buon proposito – ci mancherebbe – ma estremizzato al punto che si dimentica dell’umanità delle persone, del fatto che in loro l’errore è sempre dietro l’angolo, il male sempre una scelta possibile anche se si cerca di respingerla. Ciò che conta non è una perfezione impossibile e utopistica ma sapere distinguere il bene dal male, riprendendo la strada del primo quando capita di smarrirsi nel secondo.

Disordine

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