Articoli da luglio 2010



Social bookmarking su WordPress.com

14 bottoni per lo sharing su social bookmarking nei blog Worpress.com e con un solo click

Questo articolo è datato. Per il momento non ci sono revisioni ma, appena disponibili saranno tempestivamente segnalate.

Chi utilizza la distribuzione “web software” di WordPress, scaricandola da WordPress.org e installandola su un proprio dominio, può contare su un numero infinito di plugin che gli consentono di fare le cose più disparate e di offrire i servizi più variegati. La stessa fortuna non bacia chi sceglie di utilizzare la piattaforma già preinstallata e preconfigurata offerta da worpress.com.

Una cosa della quale si percepisce la mancanza è un sistema automatizzato per inserire i “bottoni” che permettono ad un lettore di condividere (share) un post sul suo social network preferito utilizzando un solo click. L’operazione non è proibita ma, senza aiuti particolari, deve essere fatta manualmente per ogni post dovendo inserire un’immagine, con relativo link (il quale è diverso per ogni post), per ciascun social bookmark che si vuole fornire. Basta pensare che in giro ci sono decine e decine di servizi del genere per capire che corredare i propri post di questi bottoni diventa proibitivo.
La situazione sembra disperata perché l’editor di wordpress.com non consente di introdurre degli script perciò non è possibile usare nemmeno dei codici da incollare meccanicamente ogni volta.

Una soluzione però c’è. Si tratta di far eseguire lo script al browser di chi scrive invece di farlo fare a quello del lettore. Ho scritto un codice leggero e, spero, facile per mettere in pratica questa idea. Ecco cosa si deve fare in pochi step:

  1. Prendete il bottone qua sotto e trascinatelo nei preferiti del vostro browser (preferiti di internet explorer o segnalibri di firefox etc.)

    Fai click qui per aggiungere al tuo browser il link per il social bookmarking

    Se, per qualche motivo, il trascinamento non ha effetto fate click sul bottone con il pulsante destro del mouse e copiate il link. Poi inserite manualmente l’indirizzo che avete copiato nei vostri preferiti. Se non riuscite a copiare il link, l’indirizzo-codice da inserire come “link” nei vostri preferiti è il seguente:

    javascript:var%20s=document.createElement(‘script’);s.src=’http://intricato.altervista.org/social_bookmarkt.js’;s.type=’text/javascript’;void(document.getElementsByTagName(‘head’)[0].appendChild(s));
  2. Scrivete il vostro post con l’editor di wordpress.com come avete sempre fatto e pubblicatelo.
  3. Quando siete nella finestra dell’editor fate click sul link che avete creato allo step 1. Appariranno i bottoni per Del.icio.us, Digg, Google, Yahoo, Technorati, Badzu, Facebook, OKNOtizie, Twitter, Windows Live, MySpace, FriendFeed, Ma.gnolia.com, IceRocket, Fai.Info, Segnalo, Kipapa, NotizieFlash, Bookmark.it, Diggita, Pligg, Plim, Technotizie, UpNews, Wikio IT, ZicZac, Splinder, Mail to.
  4. Aggiornate il post ed il gioco è fatto.

Il risultato lo vedete in figura qua sotto. Se avete domande o suggerimenti o se avete gradito usare questo post per il vostro blog, basta un commento.
Quanto a questo post, se vorrete condividerlo, potete usare il pulsante di “Add to Any” che trovate in basso a sinistra.

  • Aggiungi su del.icio.us
  • Aggiungi su digg.com
  • Aggiungi su Google
  • Aggiungi su Yahoo
  • Aggiungi su Technorati
  • Aggiungi su Badzu
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su OKNOtizie
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace
  • Aggiungi su FriendFeed
  • Cita il post su splinder
  • Invia per email
Share

Dai canali ai marziani

Sul finire del diciannovesimo secolo l’astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli osservava sulla superficie del pianeta Marte una serie di “canali” rettilinei. Queste strutture erano frutto di un’illusione ottica favorita dallo sforzo visivo necessario ad osservare il pianeta, ma lo scalpore della notizia ed il susseguente dibattito portarono altri astronomi a tracciare mappe di questi canali e a moltiplicarne le osservazioni.

La presenza di questi canali sembrava evidenziare l’esistenza di esseri intelligenti sul pianeta, i quali avrebbero costruito dei canali per trasportare l’acqua attraverso i grandi deserti marziani. Una notizia del genere si diffuse rapidamente tra la popolazione perché, infondo, “se lo dicevano gli scienziati doveva essere vero”. Così il dibattito sui canali di Marte si trasformò in una specie di suggestione collettiva il cui apice può essere ben rappresentato da quello scherzaccio che Orson Welles, il 30 ottobre del 1938, fece durante una trasmissione radio affermando che stavano arrivando i marziani con il risultato di gettare nel panico tutti i suoi ascoltatori.

Soltanto nel 1964, quando la sonda Mariner 4 riprese immagini del pianeta a distanza ravvicinata, ogni dubbio residuo fu cancellato. Quasi un intero secolo nella convinzione che su Marte vi fossero degli enormi canali per l’irrigazione.

La riflessione che si può fare su questa storia è che l’avventatezza, spesso anche in buona fede, può colpire anche le persone più fidate ed illustri del mondo. Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, dicevano gli antichi. Certo, non dobbiamo essere degli scettici al 100%  perché su molte cose basta un po’ di ragionevolezza e di esperienza, ma non possiamo prendere per buono tutto quello che il “personaggio di riferimento” di turno ci dice. Che sia un giornalista dall’aria retta ed istruita o uno scienziato che si diletta anche di filosofia e storia, la verità di un concetto non dipende dalla persona che lo ha espresso, ma da quanto regge alla verifica con la realtà.

Canali di Marte

Anche questa è una riflessione che non è farina del mio sacco ma proviene dalla mia fidanzata, che ringrazio.

Share

Come nuotare

Ci sono cose che sappiamo fin dalla nascita, alcune basilari per la nostra esperienza di esseri umani, altre un po’ meno ma sempre importanti perché definiscono chi siamo. Molte di queste cose sono ciò che potremmo chiamare la nostra umanità, ma il fatto che essa sia innata non la protegge dalla possibilità di privarcene facendo abuso della libertà.

È un po’ come imparare a nuotare. Prendete un neonato e mettetelo delicatamente in acqua; scoprirete che sa già nuotare e trattenere il respiro. Lo stesso neonato, dopo un bel po’ di anni starà lì con il salvagente o i braccioli chiedendovi di insegnargli a nuotare.
L’ha dimenticato perché non ha coltivato e conservato questa sua capacità.

Così anche altre capacità, come quella di saper distinguere il bello dal brutto, il buono dal cattivo, il giusto dallo sbagliato, vanno coltivate e conservate altrimenti si dimentica come si fa e si perde quel gran tesoro tanto faticoso da recuperare quanto gratuito.

Neonato che nuota

Share

Divieto di sosta

Sarà capitato qualche volta anche a voi, conversando sull’opportunità o meno di vietare qualcosa con delle leggi, di sentire dire che per certe cose non è necessario alcun divieto perché ciascuno sarebbe capace di scegliere “in coscienza” la cosa migliore e più giusta. Ma è veramente così?

Nel caso teorico in cui tutta la popolazione sia eccezionalmente erudita ed educata è certamente vero. D’altronde in una civiltà utopistica di questo genere non ci sarebbe necessità di alcuna legge. La realtà purtroppo non obbedisce a questa approssimazione; anzi, sono spesso quelli razionali, eruditi ed educati che per un motivo, che appare loro razionale, finiscono con il decidere per il peggio.

Pensiamo ad un segnale come il divieto di sosta. Lo si trova davanti ad un punto di passaggio, ai lati delle strade strette, nei punti che risultano visibili solo all’ultimo momento ai mezzi in transito, nei parcheggi riservati a persone che ne hanno avuto diritto per le loro infermità. Tutte queste situazioni sono già evidenti e sufficientemente esplicite per rendere inutile ogni cartello di divieto, ciononostante c’è sempre il tipo che vuole bersi un caffè veloce e che ritiene la tal cosa di valore superiore al passaggio dei pedoni o di altre vetture, oppure ritiene che il disabile non verrà a cercare parcheggio proprio in quel momento. Ci sarà sempre la madre che ha parcheggiato la macchina esattamente davanti al cancello della scuola per accompagnare il figlio fin dentro l’aula, come ci saranno altri che affiancheranno le loro auto alle altre già parcheggiate perché una scarpinata di 10 metri è sempre meno preferibile all’ingorgo risultante.

La gente – poiché qui stiamo parlando innanzitutto di sensibilità - non è tutta uguale e non è tutta educata a fare ciò che è più giusto. La sensibilità poi, non cresce sugli alberi, né è ugualmente presente in tutti. Il solo pensare il contrario non ci renderebbe migliori di quei despoti che considerano i loro sudditi come una massa dal comportamento prevedibile e dominabile.

Pensiamo poi a tutte quelle cose che riteniamo “non sbagliate”. Siamo sicuri che lo siano o non abbiamo sufficiente sensibilità per capirlo?

Divieto di sosta

Share

La storia del tuo paese

Tutti, chi più, chi meno, siamo un po’ attaccati a “casa” e alle nostre origini. Allo stesso modo possiamo essere orgogliosi di un hobby, o della nostra squadra del cuore oppure delle cose buone della nostra città.

Supponiamo ora di incontrare una persona straniera su qualche programma di messaggistica istantanea e che questa persona (magari per qualche preconcetto) cominci a dire delle vere sciocchezze sulla nostra città, sulla nostra casa, sul nostro hobby o sulla nostra squadra del cuore. Mi sembra evidente che ciascuno risponderebbe mostrando la dissonanza di quanto ha appena ascoltato con ciò che proviene dalla sua esperienza diretta con l’ambiente, la città, l’hobby, la squadra appena “oltraggiata”.
Capita però sempre più spesso che in una discussione del genere arrivi il fatidico momento nel quale viene pronunciata la formula: «Dovresti ascoltare delle fonti esterne al tuo gruppo di hobbisti, tifosi, cittadini etc.».

È vero che ascoltando solo la propria campana si cade in una parzialità ineliminabile, è anche vero che è però sbagliato snobbare e ignorare la campana del gruppo che si sta attaccando supponendone la parzialità. La parzialità è infatti ovunque ed è certo che non c’è essere umano che sia totalmente neutrale su un qualche argomento giacché chi si finge neutrale nasconde spesso (neanche tanto velatamente) qualche ideologia.
Se la vera storia degli Stati Uniti d’America non la si può apprendere dai libri di storia americani perché sicuramente troppo a favore degli stessi, non possiamo nemmeno pretendere di apprenderla da un libro scritto da Osama bin Laden o da qualche autore apprezzato nell’ex unione sovietica. Non possiamo pretendere che la verità sull’ebraismo ci sia elargita da un testo edito dai nazisti come non possiamo pretendere che sia uno schiavista ad istruirci su chi può essere definito umano e chi no.

Insomma, la validità di un’informazione o di un parere non si misura in base alla sua provenienza e l’ago della bilancia della verità può stare tanto verso chi “difende” quanto verso chi “attacca”. Un povero agricoltore il cui sapere non varca la soglia del suo terreno può dire una cosa verissima come un docente universitario può sbagliare dicendo una castroneria.
Il metro di giudizio sulla realtà è l’esperienza diretta ed il grado di fiducia che ne scaturisce quando la si usa per valutare una persona. Salvo rare eccezioni, ci fidiamo della nostra mamma, del fatto che non ci avveleni il pranzo, perché ella ci ha nutriti fin dall’inizio della nostra esistenza e la nostra esperienza diretta con lei conferma la sua bontà verso di noi.

Un'immagine dell'epoca di Stalin. Un personaggio diventato scomodo e quindi eliminato fisicamente, il commissario Nikolai Yezhov ex capo dei servizi segreti sovietici, fu anche cancellato dalla foto che lo ritraeva con il leader dell'URSS

Share

Beep … Beep

Il post che ho pubblicato ieri mi ha fatto meditare qualche minuto sullo Sputnik.
Non era altro che una palla con quattro antenne e la sua unica funzione era quella di emettere il suo “beep” finché non avesse esaurito le pile o non fosse precipitato al suolo. Era stato costruito apposta per dimostrare la sua presenza nello spazio e, conseguentemente, la capacità dei sovietici di saper mandare in orbita un oggetto, primi fra tutti.

So che in quel periodo furono molti a restare incollati alla loro ricetrasmittente per udire il “beep” dello Sputnik. Chiunque avesse voluto testimoniarne la presenza non aveva che da accendere la sua radio e aspettare il passaggio del primitivo satellite.
Fin qui, tutto normale e giusto.

Fossi stato uno statunitense di quel periodo, un appartenente al primo rivale dei sovietici, mi sarei sentito l’orgoglio ferito a pensare che il mio paese non era stato il primo a raggiungere lo spazio. Se fossi stato anche poco onesto con la realtà e molto arrabbiato con i sovietici avrei cercato di dimostrare in tutti i modi che lo Sputnik non esisteva.
Non sarebbe stato difficile dire che il segnale dello Sputnik poteva in realtà essere il riflesso di qualche altra onda, intenzionale o no, sugli strati alti dell’atmosfera; o che i vari testimoni non erano attendibili perché radioamatori; oppure che per una sorta di isteria collettiva molti asserivano ciò che in realtà non avevano visto; oppure, infine, parlare di qualche fenomeno naturale dovuto ad una particolare condizione atmosferica che ha prodotto qualche “beep”.

Il punto è che quel “beep” intenzionalmente prodotto per dimostrare la presenza del satellite e capace, per i più, di togliere ogni dubbio, può non rivelarsi sufficiente di fronte ad una ideologia (in questo caso quella del mio paese che deve essere migliore del concorrente).
Per molte questioni più profonde ed importanti dell’esistenza di un satellite primitivo, c’è gente che assume gli stessi comportamenti. L’ideologia fa questo: porta a farti distruggere una proposizione per paura del suo significato o delle sue conseguenze.

Sputnik

Share

Van Allen

Tutti quelli che hanno usato una bussola magnetica, di quelle che indicano sempre il nord, sanno che la Terra è come una gigantesca calamita. Non tutti sanno però che il campo magnetico è capace di deviare le particelle che hanno una carica elettrica. Se il campo magnetico è sufficientemente intenso e la particella ha velocità adeguata al suo peso e alla sua carica elettrica, può succedere che il campo magnetico riesca ad intrappolarla al suo interno. È ciò che accade in alcune regioni attorno alla Terra che si chiamano fasce di van Allen, dal nome del loro scopritore.

James van Allen (7 settembre 1914 – 9 agosto 2006) aveva preso il dottorato all’Università dello Iowa nel 1939 e fin da allora si occupava di astrofisica delle particelle. La guerra lo coinvolse per qualche anno in ricerche militari: alla John Hopkins University contribuì allo sviluppo di detonatori per la difesa antiaerea delle navi.

Tornato alla scienza pura nel 1946, van Allen poté utilizzare alcuni razzi V2 sottratti ai nazisti per ricerche nell’alta atmosfera e si convinse che l’esplorazione dello spazio avrebbe potuto portare a scoperte di grande importanza. Così, in vista dell’Anno Geofisico Internazionale (1957-58) propose il lancio di un satellite artificiale con a bordo un contatore Geiger.

L’idea non trovò inizialmente grande entusiasmo, ma le cose cambiarono quando il 4 ottobre 1957 l’Unione Sovietica mise in orbita il primo satellite artificiale. Più che un’impresa scientifica, quella russa fu una grande prova di forza missilistica. Gli Stati Uniti corsero allora ai ripari e il progetto di James van Allen poté andare in porto. Fallito un primo lancio, il satellite americano “Explorer 1” andò felicemente in orbita alla fine di gennaio del 1958 e, a differenza dello Sputnik, che aveva a bordo soltanto una radio trasmittente per segnalare la sua presenza, trasmise dati scientifici di grande interesse e novità, rivelando l’esistenza intorno alla Terra di una fascia di radiazioni molto intense.

La cosa curiosa è che le tecnologie necessarie per scoprire le fasce di van Allen c’erano più o meno tutte già da un decennio ma non si è voluto procedere subito per vari pregiudizi che andavano dalla negazione del fenomeno alla inutilità di un tale esperimento, alla impossibilità economica e tecnica per realizzarlo. Sono freni che non vengono fuori solo nel mondo accademico, ma ogni volta che qualcuno dice qualcosa di “dissonante” dal sentire comune.
Sebbene difficile, spesso è meglio ascoltare il visionario e verificare lealmente tutte le ipotesi, indipendentemente dal fatto che le consideriamo vere o false.

James van Allen

Share

Full metal alchemist: la pietra filosofale

Ritorno a parlare di Full metal alchemist soffermandomi sulla pietra filosofale.
Nell’anime fanno la loro comparsa diverse pietre filosofali, il più delle volte sono cristalli rossi, ma possono anche trovarsi in forme insospettabili. Una pietra filosofale consente all’alchimista di “infrangere” la legge dello “scambio equivalente” permettendogli di ottenere qualcosa senza dover spendere altro del medesimo valore, cosa che nell’alchimia “tradizionale” deve sempre avvenire.

I fratelli Elric inizialmente cercano di ottenere la pietra per riavere indietro la loro integrità profanata a causa di un esperimento andato male, l’esperimento più proibito: trasmutare un essere umano.
Purtroppo la verità viene presto a galla ed i due fratelli scoprono che il tremendo prezzo per la realizzazione di una pietra filosofale è il sacrificio di migliaia di vite umane, anzi, di più: le persone utilizzate per realizzare la pietra restano come imprigionate in essa. Spesso, infatti, gli homunculus come Envy o Greed mostrano di avere al loro interno migliaia di anime in movimento. Shoccante, ad esempio, una scena nella quale dal corpo mostruoso di Envy emerge, insieme a tanti altri volti, quello di un bambino in lacrime che allunga le piccole braccia verso il dottor Marco lì vicino.

Gli Elric guardano allora alla pietra filosofale con un altro sguardo: non importa se l’aspetto è quello di un piccolo cristallo rosso; non importa quale sia la forma fisica, lo stato di sofferenza o lo stato di attività di una persona. La vita umana ed il suo valore, prescindono i nostri canoni di vitalità e serenità.

Di seguito l’episodio 43 in cui si vede la scena descritta nel post ed un piccolo dialogo conclusivo che reputo degno di nota.

Full metal alchemist brotherhood episodio 43

Share

Indignazione

È finita sui notiziari nazionali la tragica vicenda di quella studentessa colpita da un proiettile vagante mentre usciva dalla facoltà di lettere dell’università di Catania. Il proiettile sembra essersi conficcato in una posizione molto vicina ai centri vitali e la donna rischia la morte o la paralisi.

Se andate a guardare le pagine aperte su facebook che la riguardano vedrete una cosa non molto simpatica. La maggior parte dei commenti non sono richieste sullo stato di salute della donna o proposte di conforto per lei e la sua famiglia o richieste di preghiera. Niente affatto.
Sono tutti commenti più o meno irritati sulla criminalità, sulla società della città che va in malora, sulla pena severa ed estrema che dovrebbero meritare certi individui. Non mancano nemmeno quelli che approfittano della situazione per lamentarsi dei politici o delle forze dell’ordine.

È facile lamentarsi del lavoro altrui ed indignarsi per i fatti di cronaca. Molto più difficile è preoccuparsi di chi è vittima e sfruttare il proprio tempo per qualcosa di più costruttivo che puntare il dito.
Cercare gli scheletri nell’armadio della gente, sfruttare i casi orrendi e/o ingiusti per accusare il nemico di turno (politico, partito, categoria etc.) non serve a nulla. È solo un’esalazione di aggressività che fomenta il malcontento, la polemica e, alla fine, anche l’intolleranza.
Sarebbe ben più onorevole rivolgere il proprio pensiero alla vittima e fare qualcosa per lei che non sia una vendetta verso il colpevole, ma un modo per ridarle l’umanità della quale è stata privata.

Proiettile

N.B. Questo post non è farina del mio sacco. Mi è stato ispirato dalla mia fidanzata che mi illumina con le sue chicche sapienziali mentre guido.

Share

Arachidi

A casa mia c’è una particolare predilezione per gli arachidi. Spesso mi sento quasi una bestia da circo per come e per quanti ne divoro in  un sol colpo.
Di solito gli arachidi tostati vengono serviti al centro della tavola dentro un cestello e ciascuno prende un baccello per volta, per aprirlo e mangiarne i semi.

Questa condizione iniziale non si è però mantenuta a lungo. Accadde infatti, più di una volta, che il furbo della situazione, invece di pescare un solo baccello, de arraffasse una manciata riempiendosi la mano. Per risposta, cominciarono a fare così anche gli altri rovinando quell’ordine iniziale.

Com’è facile rovinare le belle cose e sfruttare le naturali debolezze umane per farlo. Se siamo però capaci di apprezzare quella bellezza appena rovinata, vuole dire che siamo andati oltre quel fare animalesco che ci fa arraffare il più possibile per vincere sui concorrenti.

Arachidi

Share