Con gli occhi dei bambini
La piccola Sofia non ha ancora imparato a parlare: si esprime con sillabe semplici, una serie di “ta”, “to”, “a” ed “e”. Vede il sottile filo d’acqua che cola dalla fontana e corre subito a toccarlo, ad osservare come quel fluido scorre attorno alle sue dita, a sentire la sensazione di fresco sulla manina e dire “etta” – ossia “fredda”. La sua mamma le schizza qualche goccia sul viso e quella sensazione le fa scoppiare il riso.
Saliamo in montagna. Una ragazza del gruppo mostra un soffione a Sofia; glielo porge e le dice di soffiare. Quell’esplosione di semi leggeri, spinti in ogni direzione dal suo soffio, la fa saltare di gioia. Non può trattenersi dal cercare un altro soffione e ripetere l’esperienza ancora una volta. Il mio sguardo si incrocia col suo, basta questo per farla sorridere.
Ad una conferenza ho ascoltato un relatore dire che i bambini sono i primi filosofi e raccontava di un bambino che, ad un incrocio, diceva alla madre: «Guarda il semaforo… Che bello… È rosso!». Che stupore…
Vediamo ogni giorno cose meravigliose, piccoli miracoli, cose e avvenimenti per i quali abbiamo perso lo stupore che avevamo quand’eravamo bambini. Io mi sento cieco, se confrontato a loro, concentrato più sulle fatiche e i problemi che sulla bellezza circostante, ma guardando i bambini riscopro gli occhi del cuore e sorrido. Altro che filosofie e logiche, altro che ricerca di cose improbabili: è tutto lì, davanti ai miei occhi, faccio finta di niente e faccio male.
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