Con gli occhi dei bambini

La piccola Sofia non ha ancora imparato a parlare: si esprime con sillabe semplici, una serie di “ta”, “to”, “a” ed “e”. Vede il sottile filo d’acqua che cola dalla fontana e corre subito a toccarlo, ad osservare come quel fluido scorre attorno alle sue dita, a sentire la sensazione di fresco sulla manina e dire “etta” – ossia “fredda”. La sua mamma le schizza qualche goccia sul viso e quella sensazione le fa scoppiare il riso.

Saliamo in montagna. Una ragazza del gruppo mostra un soffione a Sofia; glielo porge e le dice di soffiare. Quell’esplosione di semi leggeri, spinti in ogni direzione dal suo soffio, la fa saltare di gioia. Non può trattenersi dal cercare un altro soffione e ripetere l’esperienza ancora una volta. Il mio sguardo si incrocia col suo, basta questo per farla sorridere.

Ad una conferenza ho ascoltato un relatore dire che i bambini sono i primi filosofi e raccontava di un bambino che, ad un incrocio, diceva alla madre: «Guarda il semaforo… Che bello… È rosso!». Che stupore…
Vediamo ogni giorno cose meravigliose, piccoli miracoli, cose e avvenimenti per i quali abbiamo perso lo stupore che avevamo quand’eravamo bambini. Io mi sento cieco, se confrontato a loro, concentrato più sulle fatiche e i problemi che sulla bellezza circostante, ma guardando i bambini riscopro gli occhi del cuore e sorrido. Altro che filosofie e logiche, altro che ricerca di cose improbabili: è tutto lì, davanti ai miei occhi, faccio finta di niente e faccio male.

Mano bimbo

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Amico palliativo

Le medicine sono di due tipi: ci sono quelle che curano la malattia e ci sono quelle che curano i sintomi. La differenza, negli effetti immediati, sembra minima ma non lo è.

Se ho un’infezione, assumo un antibiotico il cui effetto è quello di aiutare l’organismo ad uccidere i germi che la causano. In questo caso risolvo la sorgente del problema e, una volta eliminati i dannosi intrusi, scompaiono anche i fastidi da essi provocati: febbre, dolore etc. Questo è un farmaco che cura la malattia.
Se ho l’ipertensione, assumo un farmaco che fluidifica il sangue in modo da abbassare la pressione e stare meglio. Terminato l’effetto del farmaco, il sangue ritorna alla sua consistenza e i disturbi dell’ipertensione ritornano immutati. Questo è un farmaco che cura il sintomo. In questo caso si parla di palliativo.

L’amicizia funziona allo stesso modo: ci sono amici che risolvono i problemi e ci sono amici che alleviano solo le situazioni momentanee. Solo che con l’amicizia non si può scherzare perché i problemi vengono spesso a galla quando ormai è troppo tardi. Certo, vogliamo la libertà di sbagliare, ma quando il danno è fatto avremmo voluto evitarlo.

Spesso l’amico sembra quello che non ti contesta mai, che non giudica i tuoi problemi ma ti aiuta a conviverci, che ti allevia momentaneamente il disturbo ma che poi – come accade con i palliativi – ti fa venire voglia di chiedere. «Perché mi hai lasciato sbagliare? Perché non me lo hai detto prima?». È preferibile un amico che sul momento ci faccia anche soffrire per il nostro bene ad uno che invece non ci mette in guardia dai guai.

Analgesico

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