Il tramonto dei sognatori

Ieri a cena il discorso è caduto su alcune attività commerciali della mia città. Un grande rivenditore di elettrodomestici ha chiuso i battenti. Ci avevo comprato un glorioso videoregistratore Minerva a sei testine, la macchina del gelato tuttora utilizzata – slurp! – ed un piccolo registratore per le conferenze. Ora quello stabile è triste: luci spente, ambienti vuoti, saracinesche abbassate.
Qualche anno fa anche la cartoleria che avevo sotto casa ha chiuso. Era una risorsa per tutto il quartiere, ed anche oltre – data la sua vicinanza al complesso che ospita asilo, elementari e medie della zona – considerando che l’equivalente più vicino dista quasi un chilometro. Ora non saprei dire bene cosa ci sia o ci sarà in quegli stessi locali: mesi fa era un negozio di moda, fallito anch’esso – al quartiere serve la cartoleria, è difficile da capire? – e sostituito da un fruttivendolo che vedo sempre a corto di clienti.

La stessa brutta sensazione degli esempi precedenti la provo anche quando ripenso allo Space Shuttle, la gloriosa navicella riutilizzabile della NASA che è andata in pensione senza lasciare eredi. Il cosmo, l’esplorazione, la tipica voglia umana di andare dove nessun uomo è mai giunto prima, sono inflazionati e pertanto chiudono i battenti. Non interessa più.
Secondo me questo la dice lunga su un’umanità che perde pian piano la sua essenza confondendosi nel mare di distrazioni e svaghi che una certa mondanità offre. A che serve sognare di esplorare Marte se puoi sollazzarti con i giochini dell’Iphone? A che giova immaginare missioni verso l’ignoto quando puoi trascorrere il pomeriggio guardando i messaggi di stato dei tuoi contatti su Facebook? Perché sfidare sé stessi nell’escogitare il modo di realizzare grandi sogni quando la sera si ha il divertimento dei giochi erotici?

Dov’è finito l’uomo esploratore che sfidava la morte per raggiungere il polo? Dove sono i John Glenn, gli Auguste Piccard, i Cristoforo Colombo? Siamo sicuri che sia più bello e più degno per noi esseri umani appiattirci in una dimensione di pigrizie soddisfatte dalla tecnologia e di orizzonti limitati a poche avventure casalinghe?
No; mi spiace. Io non riesco a rinnegare la mia natura di sognatore, esploratore, avventuriero. Apparirò come uno che butta il suo tempo in fantasticherie, come un giovanotto avventato, come uno che non ha la testa sulle spalle, ma ritengo che serva anche questo a rendere doverosa giustizia all’umanità che c’è in me, colmando il desiderio di infinito che ho nel cuore.

Esplorazione

Share