Maggiore di due

Sul caso, sul determinismo e sulle leggi della fisica aleggia una grande confusione. Un folto numero di persone pensa che sia sufficiente l’esistenza di regole – o leggi – inviolabili della fisica per poter definire il futuro di un sistema. Questa maniera di ragionare, cioè il determinismo, si trova d’accordo con buona parte dei fenomeni fisici della vita di tutti i giorni – quelli che sperimentiamo macroscopicamente facendo cadere un oggetto o guidando l’automobile – ma la realtà dei fatti è ben diversa.

L’argomento della mia prima tesi di laurea riguardava i sistemi a molti corpi. Si tratta di sistemare nello spazio tre o più oggetti, assegnare loro una velocità iniziale, stabilire fra loro un’interazione – cioè le leggi che regolano il comportamento reciproco – e cercare di risolvere il problema di prevedere dove questi oggetti andranno a finire. Si scopre, in questo caso, che anche una virgola di differenza nei parametri può portare il sistema a divergere. Chi studia questo genere di problemi ha già gettato la spugna da tempo perché non è possibile risolvere analiticamente – cioè con formule matematiche – nessun problema che riguardi più di due oggetti. L’unica strategia è cercare di fare delle simulazioni al computer, le quali però hanno il problema dell’approssimazione e diventano sempre più sbagliate quanto più è lontano il futuro che esse vogliono prevedere.

Lo sanno bene i meteorologi, i quali dicevano ieri che oggi ci sarebbe stato il sole dalle mie parti ed invece ha piovuto. Lo sa bene anche quel tale  che costruì un circuito elettrico dalla soluzione caotica appositamente per criptare le comunicazioni radio.
Se però bastano più di due corpi per arrivare a queste situazioni irrisolvibili, non dovremmo poter vedere regolarità, né tanto meno significato da nessuna parte. Se anche tre molecole d’acqua interagiscono fra loro in un modo che è poco sistematico, com’è che abbiamo cristalli, geometrie e simmetrie perfino negli esseri viventi e in noi stessi? Se non basta porre delle condizioni iniziali e fissare delle leggi di interazione, la presenza di informazione, di intelligibilità, di riproducibilità che osserviamo nelle soluzioni del sistema più complesso che ci sia – l’Universo – è già di per sé un fatto stupefacente. Abbiamo avuto una fortuna terribilmente sfacciata ad esistere.

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Troppo pieno

I gelatai di un secolo fa non avevano i frigoriferi elettrici di oggi, dovevano perciò ricorrere a dei metodi rudimentali per conservare e trasportare il gelato fino ai loro clienti. La vaschetta metallica contenente il gelato veniva infilata in un catino più grande che conteneva al suo interno una soluzione di ghiaccio, acqua e sale.

Poiché mescolando ghiaccio e sale si abbassa il punto di fusione al di sotto dei -10°C e poiché la soluzione si mantiene a temperatura costante finché c’è del ghiaccio, si otteneva facilmente un congelatore. Nel corso della giornata il ghiaccio andava però sciogliendosi diluendo la salinità della soluzione perciò il gelataio doveva aggiungere del sale di tanto in tanto.

Come sappiamo, quando il ghiaccio si scioglie il volume di acqua aumenta e se aggiungiamo del sale lo aumentiamo ancora di più. Per questo motivo, il catino che conteneva la soluzione diventava sempre più colmo.
È qui che entra in scena il “troppo pieno“: si tratta di un foro che si trova ad un’altezza prefissata sulle pareti del catino e permette alla soluzione liquida di fuoriuscire e riversarsi fuori per evitare trabocchi. Gli antichi gelatai lasciavano perciò una strisciolina di bagnato lungo il loro percorso.

Anche le persone sono come quei catini congelatori: finché hanno l’umiltà di ritenersi bisognosi in qualcosa, pronti a ricevere oltre che a dare, tutto fila liscio; quando però diventano troppo pieni di sé, dalla loro valvola di sfogo riversano la loro superbia su coloro che li circondano.

Gelataio antico

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