Maniaco dell’ordine

Un tipo un po’ cervellotico stava con lo sguardo perso verso le quattro pareti della sua stanza. C’era tanto disordine e lui aveva appena preso le vacanze perciò, visto che aveva tempo da vendere, cominciò ad ordinare.

All’inizio spostò soltanto gli oggetti liberando la superficie coperta della scrivania. Si guardò intorno e pensò che non era sufficiente. Allora cominciò a riporre gli oggetti nei cassetti e sugli scaffali. Si guardò ancora intorno e si accorse che il disordine permaneva sopra gli scaffali e dentro i cassetti e dentro l’armadio. Si mise all’opera: svuotava i cassetti e rimetteva dentro le cose in modo che fossero allineate, parallele, organizzate, razionalizzate. Finiva un cassetto e andava ad uno scaffale per poi tornare ai cassetti o concentrarsi sull’armadio.

Dopo molto lavoro finalmente tutto era quasi perfetto ma, prima che potesse iniziare un altro ciclo, un amico lo chiamò al telefono: «Hey, ti ricordi cosa c’era scritto in quella cartolina che mi hai mostrato?» «Controllo subito». Il tipo tornò nella stanza e cominciò a cercare creando un moderato disordine, andò a comunicare l’informazione all’amico e ritornò indietro, nella sua stanza. Ancora disordine! Ed eccolo di nuovo  a sfacchinarsi nell’ordinare, sistemare, razionalizzare tutto, perfino l’orientamento degli oggetti e la faccia giusta che i fogli dovevano rivolgere verso l’alto. Ogni volta però capitava qualcosa – un libro da leggere, un oggetto da utilizzare, un’informazione da cercare – che produceva altro disordine. Un ciclo senza fine aveva intrappolato il nostro amico.

Ci sono cose che non si possono eliminare: si può combattere lo sporco ma non lo si può annientare; si può fare ordine ma non si può annullare il disordine una volta per tutte. Il moralista non soltanto combatte il male ma lo vuole annientare e rischia così di diventare prigioniero del suo proposito. Un buon proposito – ci mancherebbe – ma estremizzato al punto che si dimentica dell’umanità delle persone, del fatto che in loro l’errore è sempre dietro l’angolo, il male sempre una scelta possibile anche se si cerca di respingerla. Ciò che conta non è una perfezione impossibile e utopistica ma sapere distinguere il bene dal male, riprendendo la strada del primo quando capita di smarrirsi nel secondo.

Disordine

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La dimostrazione sbagliata

La prima volta che ho aiutato seriamente qualcuno nello studio non è stato affatto semplice. Finché si trattava di passare qualche appunto o spiegare solo qualche passaggio me l’ero sempre cavata in poco tempo: in fondo, anche se c’era qualcosa che non ricordavo bene potevo sempre dedurre la situazione dal contesto e riempire il buco facendo ricorso anche a ciò che invece mi ricordavo.

Quando dovetti invece cimentarmi nel fare il (quasi) docente ero totalmente impreparato, vuoi perché ancora non avevo terminato i miei studi e non avevo molto tempo, vuoi perché un’attività del genere richiede una preparazione che non sia soltanto conoscere bene quel che si è studiato.
Capitò allora un problema nel quale si richiedeva una particolare preparazione sulla dinamica di rotazione, argomento che -guarda caso – quando ero studente non fu trattato adeguatamente lasciando una lacuna. Senza perdermi d’animo attaccai il problema della persona che aiutavo con una dimostrazione matematica che portò ad una bella formula da applicare per risolvere l’esercizio. Ah, che soddisfazione: ancora una volta me l’ero cavata.
Lo svolgimento fu consegnato al docente e fu valutato… malissimo. Da quel giorno la persona che aiutavo diffidò di tutte le mie “dimostrazioni” che non fossero replicate tali e quali su qualche libro. Dopo quella volta mi sono messo a studiare diverse cose da autodidatta cercando di colmare le lacune e di essere un po’ più preparato.

Ci sono almeno tre riflessioni che si possono fare a partire da questa storia.
Innanzitutto dimostra che confidare troppo in sé stessi porta prima o poi a sbagliare. Nessuno è perfetto – si dice – e questa imperfezione non la si può mettere da parte, ignorare. Chi fa affidamento solo sull’uomo, sull’umanità, deve sapere che questa fallibilità può rovinare anche il piano più studiato e che la sua fiducia potrà essere tradita in ogni momento.
In secondo luogo fa riflettere la diffidenza di fronte a tutte le altre dimostrazioni che vennero dopo, cose che ho fatto fino all’altro ieri per il mio lavoro e che nella maggior parte dei casi si sono rivelate corrette. Noi dobbiamo sempre verificare e vagliare tutto, con la nostra esperienza e con la verifica in prima persona però dobbiamo evitare gli eccessi: il rifiuto a priori di tutto quanto ci viene detto per via di pochi errori.
Terzo ed ultimo, se non mi fossi cimentato nell’aiuto scolastico e se non fosse mai avvenuto quel che abbiamo letto qua sopra, io sarei rimasto con le mie lacune, non avrei imparato a verificare quel che facevo, avrei continuato a riporre erroneamente la mia fiducia nelle mie sole capacità esponendomi a guai ben peggiori, non avrei mai scritto questo post con tutte le conclusioni che ne conseguono. In parole povere, anche quella sconfitta, quel momento di male e di sofferenza alla fine hanno avuto un senso, uno scopo, che in ultima analisi può anche riparare il danno riportato dalla persona che aiutavo (almeno si spera).

Dimostrazione

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