Dibattito

Ieri pomeriggio sono stato ad una riunione non ufficiale del personale “non strutturato”, cioè di coloro che prestano servizio all’interno della struttura ma in condizioni di precariato o in qualità di apprendisti o studenti. L’argomento della discussione verte sulla disparità di trattamento tra il personale strutturato e il non strutturato: il personale non strutturato sarebbe visto come una risorsa solo quando ci sono attività che il personale strutturato non fa perché non sarebbe “previsto dal contratto”; al contrario, in altre situazioni il personale non strutturato non disporrebbe dei vantaggi del personale strutturato.

La polemica si accende subito tra chi è indispettito dalla situazione e chi, invece, vede la propria presenza non strutturata come una fortuna, nel senso di avere la possibilità di studiare e di fare esperienza in un luogo lavorativo come il nostro, che permette di sviluppare le proprie potenzialità.
Dopo i primi interventi, nei quali ciascuno esprimeva il proprio punto di vista, tutti gli altri interventi a seguire sono stati lievemente diversi. Ho trovato interessante notare che il 90% degli interventi del dibattito esordivano con l’esplicito intento di definire chiaramente la questione, di mettere dei punti fissi, di trovare un punto di vista oggettivo.

Nel cuore dell’uomo c’è una forte, ineliminabile, connaturata esigenza di oggettività e di assoluto. Può questo desiderio essere soddisfatto? E se non può esserlo perché allora esiste? Tutti i nostri desideri, che condizionano le nostre azioni, hanno una ragione d’essere, non sono lì a caso: ci orientano verso ciò che è bene per noi, ci spingono verso obiettivi che tutto sommato devono esistere, altrimenti non avrebbe senso desiderarli.

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