Dibattito

Ieri pomeriggio sono stato ad una riunione non ufficiale del personale “non strutturato”, cioè di coloro che prestano servizio all’interno della struttura ma in condizioni di precariato o in qualità di apprendisti o studenti. L’argomento della discussione verte sulla disparità di trattamento tra il personale strutturato e il non strutturato: il personale non strutturato sarebbe visto come una risorsa solo quando ci sono attività che il personale strutturato non fa perché non sarebbe “previsto dal contratto”; al contrario, in altre situazioni il personale non strutturato non disporrebbe dei vantaggi del personale strutturato.

La polemica si accende subito tra chi è indispettito dalla situazione e chi, invece, vede la propria presenza non strutturata come una fortuna, nel senso di avere la possibilità di studiare e di fare esperienza in un luogo lavorativo come il nostro, che permette di sviluppare le proprie potenzialità.
Dopo i primi interventi, nei quali ciascuno esprimeva il proprio punto di vista, tutti gli altri interventi a seguire sono stati lievemente diversi. Ho trovato interessante notare che il 90% degli interventi del dibattito esordivano con l’esplicito intento di definire chiaramente la questione, di mettere dei punti fissi, di trovare un punto di vista oggettivo.

Nel cuore dell’uomo c’è una forte, ineliminabile, connaturata esigenza di oggettività e di assoluto. Può questo desiderio essere soddisfatto? E se non può esserlo perché allora esiste? Tutti i nostri desideri, che condizionano le nostre azioni, hanno una ragione d’essere, non sono lì a caso: ci orientano verso ciò che è bene per noi, ci spingono verso obiettivi che tutto sommato devono esistere, altrimenti non avrebbe senso desiderarli.

Dibattito

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13 Commenti

  1. avatar giuseppe scrive:

    Secondo me, tutti gli eventi materialisono relativi e catalizzano il nostro senso di incertezza, il quale,se deriva da un dinamismo che abbia delle buone probabilità riconoscibili di attentare alla nostra sopravvivenza,si traduce in timore,in preoccupazione,perfino in panico, se l’evento pericoloso si presentasse con un carattere di prossimità. All’opposto,se si trattasse di eventi relativi,ma con le ottime probabilità di garantirci la sopravvivenza,ne ricaveremmo, provvisoriamente,la tranquillità,il sollievo,la soddisfazione ed anche la felicità. In tutti e due i casi, però, sia per vanificare gli effetti degli eventi relativi terrorizzanti sia per realizzare gli eventi relativi felici, abbiamo bisogno della certezza assoluta dei risultati,quella che esiste solo al loro raggiungimento e che,perciò, ci costringe ad un lavoro continuo,speranzoso,guardingo,a volte illusorio, storicamente tipico dell’umana esistenza.
    In definitiva,negli eventi relativi,ancorchè parzialmente modulabili dal nostro intelletto,ci troviamo a dover vivere come l’animale che corre dietro al cibo che, però, gli si “sposta” continuamente in avanti, oltre la sua portata,lui lo insegue con la speranza,sempre inconscia per gli animali, di poterlo agguantare prima o poi, così come gli è accaduto in altri eventi relativi trascorsi.Per concludere, a parer mio, di assoluto c’è soltanto l’eternità come antitesi del nulla assoluto che, quest’ultimo,non esiste e che,quindi,è privo di dignità concettuale.La nostra vera esigenza di assoluto può corrispondere soltanto questa domanda imperiosa: siamo noi eterni??…Chi vivrà vedrà o,meglio,chi morrà vedrà…oppure no??
    Un saluto.

  2. avatar Intricato scrive:

    Cosa vuoi dire con “tutti gli eventi materiali sono relativi”? Relativi a cosa?
    Immagino ti riferisca alla diversa percezione di ciascuno, ma questa percezione non è che uno spostamento abbastanza piccolo da un certo fulcro. Della nascita di un bambino sicuramente ogni padre e ogni madre potrà descriverlo diversamente, in modo più entusiastico o in modo più distaccato. Ciononostante tutte le impressioni, tutti loro, non si discostano dal fulcro fisso che è la bellezza e la gioia che una nascita rappresenta. Si può dire che qualcuno sano di mente e non prevenuto possa definire la nascita di un bimbo come una cosa orribile e mostruosa? Penso proprio di no.
    Funziona un po’ come le oscillazioni di un pendolo: c’è una posizione di equilibrio, fissa, centrale, attorno alla quale può liberamente oscillare e, se può muoversi in tante direzioni, assume sì posizioni diverse ma tutte sempre prossime a quel punto di equilibrio fisso. Quindi la relatività degli eventi è un “fine tuning”, una variazione creativa a partire dall’assolutezza. Questo, mi sembra il “leitmotiv” dell’universo: anche gli animali si adattano all’ambiente con piccole variazioni senza rinnegare la loro forma base.
    Un altro esempio, più scientifico lo trovi qui.

    È vero che eventi pericolosi ci spaventano ed eventi agevolanti ci allettano ma finché rientriamo nella sfera naturale/meccanica dell’istinto. L’uomo si distingue perché in svariate situazioni sa andare contro il proprio interesse per il bene dell’altro, perché sa amare in un modo che gli fa vedere con occhi speranzosi anche l’avversità più cupa e che gli fa rinnegare l’evento più piacevole per motivi ben più razionali. Quanti sacrifici fanno un padre e una madre? Li rinfacciano? Li fanno per tornaconto? No. li fanno gratuitamente per amore.

    Le certezze delle quali parlo nel post non sono quelle dei risultati. Anche se tutti vorremmo saper predire il futuro ed imbarcarci solo in azioni dal sicuro successo, è meglio scommettere, mettersi in gioco imparando sia dai fallimenti che dalle vittorie per crescere continuamente e perfezionarci. La vita è una strada in salita ma c’è chi sceglie di scendere. Le certezze di cui parlo nel post si riferiscono al presente, a saper capire quali sono i punti fissi qui ed ora affinché il nostro giudizio sia corretto. E questi punti, per quanto ho detto prima sul pendolo, ci sono anche se ci giriamo attorno.

    Assoluto ed infinito sono due entità differenti: il primo indica un riferimento, un faro, una bandiera, qualcosa di finito (e può essere anche molto piccolo, nascosto, impercettibile) ma fisso; il secondo è qualcosa di illimitato, incontenibile e inconcepibile. Una mente finita come la nostra non può contenere l’infinito anche se lo brama. Leggi ad esempio questo.

    Grazie per gli spunti di riflessione. Probabilmente da questo commento nascerà qualche post ;-)

  3. avatar giuseppe scrive:

    Tu giustamente, hai rilevato che l’umano ha la coscienza e la scienza che adopera per le proprie scelte ordinarie, straordinarie, eroiche, vigliacche ecc.
    Io, nel commento qui sopra,banalmente mi riferivo alle relazioni che intercorrono tra le entità materiali,inclusi noi, che, per forza di cose, si condizionano tra loro ed anche le nostre scelte, le quali sono sempre ordinate in relazione alle varie possibilità, quindi senza assolutezze, mentre, dopo la conclusione dell’evento, questo è assoluto, a prescindere dalle nostre potenzialità intellettive. Quanto all’infinito,io credo che nell’ambito materiale, l’infinito non c’è, perchè tutto ciò che esiste non può essere mai all’infinito, non ci arriverà mai nè mai ne proverrà. L’infinito,sempre secondo me,è una “convenzione” utile e/o indispensabile per la formulazione delle tesi.Se l’infinito non è concepibile, è perchè non può esistere, è senza dignità concettuale come “il nulla assoluto”.E’ chiaro che chi ne sa di più,e ben venga, può sostenere concetti più attendibili e/o più completi dei miei.

    Tanti auguri per la Pasqua.

  4. avatar giuseppe scrive:

    Rieccomi e chiedo scusa a te,Intricato, perchè, sbagliandomi, prima ho scritto il commento qui sopra,poi ho “cliccato” sul tuo “qui” in relazione alla parte scientifica che mi hai invitato a leggere.Ebbene,mi sono quindi accorto che scienza e coscienza (inclusa la mia,modesta) possono andare d’accordo tra loro ed anche con te. Ho letto anche del tuo piacere nell’assaporare il buon latte caldo e,poi, nel tuo dispiacere di averlo bevuto tutto, interrompendo quella felicità di gola (che sconterai in purgatorio…secondo qualcuno)che avresti voluto estendere all’infinito.Già,è qui che “ti voglio”…”a ridaiie con sto infinito!”…non esisteee!!!…Un infinito così finerebbe con lo stufarti, quello che non stuferà mai nessuno (leggi stancherà)è l’eternità (E maiuscola),che è un concetto assoluto, l’unico che, come si dice “nei massimi sistemi” (parolacce)può interessarci. Se c’è un aldilà per noi, in primis sarà l’eternità, poi, in questa, forse, qualcosa degusteremo,ma sempre nei limiti dell’azione stessa, ovvero nella sua compiutezza, ma senza altri limiti e senza mai raggiungere l’infinito…e per fortuna!Dico io: per me, matematicamente (se me lo permetti) infinito=0(assoluto).
    Che te ne pare della mia smatematica??

    Un saluto.

  5. avatar Intricato scrive:

    Le relazioni fra noi possono anche condizionarsi, ciò non toglie che, proprio al di là dei condizionamenti, vi siano dei cardini inamovibili. È chiaro che se vengo plagiato a giustificare e commettere un omicidio andrà a finire che lo compirò, ma questo non dimostra una “relatività” di giudizio ma soltanto che l’assolutezza del giudizio sull’omicidio – come per moltissime altre cose – può essere scavalcata (disonestamente). Quando succede si chiama ideologia. In quest’ottica allora possiamo dire che quanto più l’ideologia attecchisce, tanto più il giudizio sarà “relativo” a quello schema di pensiero. Ma la relativizzazione ideologica del pensiero non cambia la realtà perché è la realtà che si impone e noi dobbiamo adeguarci, non il viceversa. Non è lo scienziato a piegare la realtà alla legge che ha teorizzato, ma è la realtà, manifestandosi (e imponendosi) allo scienziato a “piegare” la sua ragione verso la realtà dei fatti.
    Come ti ho già spiegato con l’esempio dell’amore genitoriale, le scelte non sempre sono relazionate alle varie possibilità perché dell’uomo c’è dell’altro che una semplice macchina logica che sceglie in base ad algoritmi prestabiliti. Un computer sceglierebbe come tu dici, non un essere umano.
    Le assolutezze ci sono, sono solo da vedere e riconoscere. È una questione di sensibilità.

    Che nell’universo non vi sia nulla di infinito – anche se si dice che nella singolarità di un buco nero vi sia pressione e temperatura infinita – è vero. L’uomo però lo brama ugualmente, ha desiderio di qualcosa che vada oltre la finitezza di ciò che sperimenta. Che nel misurabile non via il “numero” infinito non significa che esso non esista. Sai che ogni legge che regola l’universo non è che un’approssimazione ai primi termini di una infinita serie? E che dire delle singolarità? Un esempio spicciolo, un filtro passa alto è, in elettronica, quel dispositivo che fa passare tutte le frequenze maggiori di un certo valore, compresa la frequenza infinita. Noi sappiamo che esiste ed è per questo che lo bramiamo, ma certo non si trova in qualcosa di così “terra terra” come una scappatella d’amore. C’è infatti, chi sperimenta questo infinito già adesso e lo si vede da come snocciola amore e piacere con naturalezza e abbondanza, come se avesse una sorgente inesauribile dentro di sé. Sarebbe ciò possibile se non vi fosse qualcosa di infinito nel suo cuore? No. E quelle persone delle quali parlo non sono affatto stufe dell’infinito perché quell’infinito è l’unica cosa che riempie fino all’orlo ogni loro appetito e lo soddisfa fino ad estinguerlo del tutto (ovviamente parlo a livello di cuore). Per quanto mi riguarda, ritengo che devo ancora percorrere una strada lunga per sperimentare ciò che sperimentano loro.

    Faccio solo una correzione: Matematicamente infinito=0 è una disuguaglianza e lo è anche nella realtà, come anche quell’ “assoluto” tra parentesi. 0 è il vuoto; infinito è dove l’asintoto tende; l’assoluto sono i numeri (5 è 5 e non sarà mai 4 e questo è assoluto).

    Grazie del tuo contributo

  6. avatar giuseppe scrive:

    Come?… Un fisico, un logico, un matematico, come te, riesce a porre insieme numeri e sentimenti (scherzo).Tuttavia il discorso del significato di “infinito”, ma solo come tendenza convenzionale, può convincermi, pur sapendo,o credendo di sapere, che l’infinito non è una meta e, ancora una volta…per fortuna! Quanto alla assolutezza, ci andrei più cauto, senza escludere che tu abbia ragione,tu che ritieni assolutezze le antitesi ideologiche.Eppure nelle assolutezze concepite dalla nostra coscienza c’è sempre, almeno in me, qualcosa di incerto,di sospetto, non tanto per la possibile mistificazione,quanto per la limitatezza del nostro intelletto che, sempre secondo me, non può mai concepire la potenzialità o la potenza di un evento fino in fondo.
    E’ ovvio, quest’ultima non è una ragione sufficiente per rinunciare all’evento, soprattutto se è moralmente giusto. Un esempio anche per altri eventi: certi medicinali si usano perchè guariscono dalle malattie o aiutano in tal senso, senza troppi effetti contingenti dannosi per la nostra salute, ma,spesso, non si capisce bene il processo biochimico di questi farmaci: dov’è qui l’assolutezza, quella completa?Sul piano morale, diciamo nei dieci comandamenti della Bibbia,ogni comandamento ha in sè un valore assoluto, ma non in ogni ambito relazionale…quindi, nella realtà complessa dov’è il loro valore assoluto? Quanto ai numeri, ciascuno di essi,o più insieme, esprime un valore assoluto in sè che, però, non è sostanziale, ovvero non spiega la sostanzialità dell’oggetto numerato: il numero può riferirsi ad una o più patate, ma anche a carote. Il numero,come il tempo,credo,li abbiamo “inventati” noi per poter realisticamente riassumere o per poter prevedere concettualmente la presenza o l’assenza degli eventi nelle loro relazioni dinamiche…e non potremmo fare altrimenti;riuscendoci,anche se non del tutto,almeno nel nostro campo di esistenza e per adesso.Comunque, questi sono ragionamenti che mi portano a poco, per capire realmente ciò che è assoluto; con il rischio,anche, di dire o di pensare cose clamorosamente sbagliate.
    Un saluto.

  7. avatar Intricato scrive:

    Eh, Giuseppe, stiamo cercando di infilare nelle nostre teste limitate qualcosa che difficilmente può entrarci. Però, dici bene descrivendo l’infinito come tendenza convenzionale, nel senso che il rapporto con l’infinito non stufa – come si diceva prima – proprio perché ti piazza lungo un asintoto che rivela sempre qualcosa di nuovo, come leggere un libro bellissimo ma senza mai arrivare a quella sensazione che stringe il cuore quando si arriva alla fine (è stato bello). Nel caso dell’infinito di cui parlo noi possiamo dire “è e sarà bello” e mai “è stato”.
    L’incertezza riguardo i riferimenti è normale e denota uno stato della coscienza che non sia assopito. Si può però risolvere: bisogna osservare, osservare sempre, osservare tantissimo, non solo il mondo circostante, ma anche e soprattutto sé stessi. Bisogna guardarsi intorno e verificare ragionevolmente. Fatto questo, la luce dei fari che sono disseminati lungo la costa comincia a raggiungerci. In fondo, questo blog non fa altro: lo scopo è quello di raccontare i vari “segnali stradali“, o “fari luminosi” (chiamali come vuoi) che indicano la strada e che rappresentano proprio i riferimenti fissi dei quali abbiamo bisogno, proprio perché sono assoluti, fermi, stabili, sicuri.

    Sui medicinali, semplice: puoi fare un elenco delle qualità curative; puoi fare un elenco degli effetti collaterali. Identifichi così due insiemi che non possono variare in base ai capricci di ciascuno o alle mode del momento. Una sola pillola di aspirina è un analgesico e non diventa un veleno anche se mi sforzo mille volte e mi impongo razionalmente che inghiottendola morirò. Se rifiuto di assumere aspirina perché mi sono convinto che è un veleno, ecco che sono diventato schiavo di una ideologia. Allo stesso modo per i comportamenti e le azioni. Ci sono i bugiardini che ti dicono già tutto (e il bugiardino non è da relazionarsi, tratta già i vari casi e ti dice già come devi comportarti), poi ci sono quelli che invece ai bugiardini non credono e finiscono per sbagliare le dosi; c’è anche chi ama sperimentare prima di affidarsi al bugiardino e si spera che prima o poi darà retta alle istruzioni. E se proprio qualcosa non è chiaro, basta chiedere al medico per avere più chiaro dove sta il riferimento nel proprio caso specifico.
    Non so se è chiara la metafora.

    È chiaro che il numero non descrive tutta la realtà ma nella metafora matematica è esattamente il riferimento assoluto di cui parlavo. Che i numeri li abbiamo inventati noi non lo direi così forte, quasi tutte le quantità che abbiamo scoperto sono quantizzate, hanno delle unità ben definite e non sono invece un continuo: ad esempio la carica elettrica e l’esperimento di Millikan o i numeri quantici che vanno avanti per “scatti” ben definiti. Dei numeri abbiamo forse inventato il nome…

    Ad ogni modo, è vero, forse stiamo divagando un po’. Ti ringrazio comunque per gli spunti di riflessione.

  8. avatar giuseppe scrive:

    Nei tuoi articoli,Intricato,mi sembra di capire che se nella nostra mente ci sono i concetti di assoluto,di infinito,di nulla ecc.,allora vuol dire che questi concetti coincidono con la realtà dell’esistente.A questo punto,dico io:se l’universo è finito nello spazio-tempo,come pensano un po’ tutti gli scienziati, e se i concetti qui sopra citati,”soltanto” perchè sono nella nostra mente sarebbero motivo sufficiente per sostenerne la loro concretezza,allora ciò vorrebbe dire che l’infinito,l’assoluto esistono, eccezion fatta per l’universo. Quindi,chi o che cosa è infinito per te? Oppure solo l’universo potrebbe essere infinito, ma noi (poveri mortali finiti)non riusciamo a concepirlo come tale(pensiero ateo)? Personalmente, come ho già detto,penso che l’infinito non esiste, come non esiste il nulla, se non quello relativo, e che l’assoluto,quello indiscutibile,coincide soltanto con l’eternità, ovvero con l’eterno che,potendo escludere le cose finite,quest’ultimo dovrebbe,per forza di esclusione, essere una persona,e non altro, chiamata Dio…semplice,no? Vallo a dire alla prof.sa Hack o al prof. Odifreddi: ti,o ci,ucciderebbero con una sola occhiataccia!!

    Un saluto.

  9. avatar Intricato scrive:

    Certi concetti non si trovano solo nella nostra mente, altrimenti non sarebbero diversi da un delirio o da una fantasia. Probabilmente non sono stato chiaro in ciò che ho scritto, sebbene ci sia la categoria “guardarsi intorno” che certo non significa “immagina l’inesistente”. La concretezza di quanto osservo sta proprio nella mia possibilità di osservare e nella capacità dei fenomeni concreti di essere osservabili: se non ci fosse nulla da osservare, non osserverei nulla, infatti. Ad ogni modo, le domande che ti poni sono corrette. Sulla correttezza delle risposte che dai, beh, non mi pronuncio.

    Grazie di essere passato da queste parti.

    P.S. Finora mi sono trattenuto però, scusami, ti vorrei chiedere di non esagerare con la metafisica e con il parlare male di pensatori che – mi pare di capire – non la pensano come te. Se hai notato, ho evitato appositamente l’argomento religioso, non perché non sia importante ma perché discussioni così esplicite meritano tutt’altra sede (in privato, forse). Ricorda, inoltre, cosa ho scritto su di me: non ammetto classificazioni politiche, religiose, sociali, di pensiero, ideologiche quindi, facciamo attenzione.

  10. avatar giuseppe scrive:

    Parlado di Odifreddi-Hack nel commento precedente, ho scritto della “occhiataccia” soltanto,sbagliandomi, per parlare in materia di fedi religiose, ma, giuro, che ammiro molto tutti e due i professori: è certo che ne sanno molto più di me, di tanti, e, quando parlano loro,ad esempio in televisione, preferisco sempre rimanere ad ascoltarli con estremo interesse, subendo le insofferenze dei miei familiari che vorrebbero seguire programmi più “leggeri”. Quello che mi interesserebbe capire di loro due è il perchè si dichiarano atei pubblicamente (d’accordo, bisognerebbe chiederlo a loro e non a te; almeno non qui). Anche le risposte che mi son dato, nel commento precedente, sono risposte sulle quali io stesso non giurerei…, se così fosse, avrei risolto io il problema dei problemi: chi siamo, da dove veniamo e dove andremo, ma, ripeto, era solo per sollevare la questione. Tuttavia, a volte,come si dice “il tentar non nuoce” (forse qui sì), anche per capire, ove possibile criticamente, il pensiero filosofico-religioso degli scienziati e dei “liberi pensatori… altolocati”. Credo, però, che qui da te non si possa farlo, per evitare le conseguenti classificazioni personali. Beh… la cosa non mi è del tutto congeniale, ma tant’è!

    Un saluto

  11. avatar Intricato scrive:

    Ci sono molti modi di apparire in pubblico: c’è chi appare perché volente o nolente si è fatto una reputazione e viene “coinvolto” anche quando non vorrebbe; c’è invece chi ha la necessità del pubblico perché per lui rappresenta un fine per le sue battaglie. Su questo secondo filone ci sono centinaia di blog, giornali, trasmissioni e quant’altro, arrabbiatissimi e sempre pronti a scovare e urlare ai quattro venti le magagne degli altri, le brutture e quanto di peggio riescono a trovare. Chi fa così mi sembra un po’ Don Chisciotte ma è più pericoloso perché pur di battersi per la sua ideologia non si rende conto di quanti innocenti calpesta sotto gli zoccoli del suo cavallo bianco. Chiaramente bisogna valutare caso per caso ma per esperienza personale mi sembra che in Italia vada di moda comportarsi in questo modo.

    Per il resto, vedo che sei molto sveglio e ti ringrazio della comprensione anche se non ti è congeniale il mio approccio. Non ti nego però discussioni sul mio pensiero filosofico-religioso, limito soltanto il numero di approcci a due: o se ne discute in altra sede (in privato) o lo si capisce dopo attentissima e lunghissima meditazione di quanto può essere scritto fra le righe di queste pagine, al di là del significato superficiale delle parole.

    A presto.

  12. avatar giuseppe scrive:

    Credo di capire,tra le tue righe,mia presunzione a parte,il tuo pensiero filosofico-religioso; non del tutto,è ovvio.
    Tuttavia, il tuo rigore, sereno direi entro i limiti umani, può derivare soltanto da quelle certezze essenziali (fede religiosa inclusa) che tutti cercano,la maggior parte delle volte, senza riuscirci, così come capita a me. La formazione culturale di tipo scientifico,direi, è determinante, assieme alla salute,per arrivare ai risultati buoni, anche di tipo esistenziale(brutta parola)e,per forza di cose,con abbondante fatica.Gli approcci a due, che tu dici, mi sembrano riduttivi nei dibattiti, perchè si escluderebbe da questi troppa gente, “buona e cattiva”, in modo, come si dice, quasi non democratico. Qui, mi vien da pensare che la vera democrazia non stia nelle “ammucchiate”, ma nei “pochi ma buoni”…e dove li andresti a trovare?
    Avendo tempo disponibile,si potrebbe riuscire a rispettare le tue “regole”, in queste pagine, soltanto trattando, sempre con cognizione di causa, di un solo argomento per volta…, ma così sarebbero in tanti, me compreso, ad esaurire le proprie competenze in pochi commenti: a meno che tu accettassi anche i “tuttologi”…ma no, sarebbero proprio la “confusione fatta persona”, proprio quelli che tu cacceresti via da qui.

    Un saluto.

  13. avatar Intricato scrive:

    L’importante, Giuseppe, è non correre. Sono tanti coloro che credono di aver “capito” dopo una riflessione fin troppo breve e finiscono per essere smentiti poi dai fatti. Vale per ciò che si indaga – scientificamente e non – come per la vita tutta.
    Sugli approcci a due non sono d’accordo. Io non ho intenzione di cimentarmi in “dibattiti” né tanto meno pubblici perché non conducono da nessuna parte. Se parlo con qualcuno che mi interessa metto in gioco esperienze personali e pretendo la sua fiducia, una fiducia che non può mai venire da un rapporto esposto alle indiscrezioni e continuamente interrotto da chiunque voglia, attraverso l’esternazione del proprio consenso o, peggio, delle proprie critiche e manie. Mi spiace, i “dibattiti” pubblici sono vere e proprie risse alle quali non intendo partecipare. Se qualcuno ha intenzione di parlare seriamente con me può farlo in privato, altrimenti, dovrà accettare un rapporto distaccato che prima o poi lo stancherà. A me stancherebbe, è per questo che non amo questi botta e risposta, commento dopo commento, che lasciano spazio a divagazioni ed argomenti fuori tema. Sia ben chiaro però che questa discussione con te è piacevole.
    I “pochi ma buoni” li voglio trovare proprio qui. Questo blog mi serve a questo, chi è interessato e mi interessa resterà.
    Sia chiaro anche che io non caccio nessuno, a meno che si dimostri un ideologizzato o uno scientista. Esauriamole pure le competenze! Come si fa a scoprire la bellezza dell’altro oltre i propri limiti se questi limiti abbiamo paura di raggiungerli?

    Un saluto

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