Analisi semantica

Guardavo, proprio ieri, una delle funzionalità di un noto aggregatore di notizie. La chiamano “analisi semantica”, un bilancio tra parole “positive” e parole “negative” all’interno di un post allo scopo di determinarne lo “stato d’animo”. Se si utilizzano tante parole negative lo stato d’animo è triste mentre se si utilizzano tante parole positive lo stato d’animo risulta felice. Ovviamente ci sono delle gradazioni intermedie.

L’analisi dei miei post risulta spesso di un umore nero pece. Com’è possibile? Guardo le parole che sono state classificate come “negative” e scopro che tra le altre sono state anche inserite: immutabile; indiscutibile; irrisolto; pesante; usuale; generalizzato; rigido; nostalgico.
A me non sembrano parole negative ma, pensandoci bene e rendendosi conto di certe mode, possono mostrare un certo modo di intendere le cose per il sentire comune.

Si temono proprio i riferimenti fissi, le cose stabili e definite che possono, in fin dei conti, dare sicurezza. Si preferisce invece non sapere dove sbattere la testa, vagare tra un’idea e l’altra senza mai trovare soddisfazione. Il problema è che questo stato “confusionale” viene frainteso con una maggiore libertà. Se chi ragiona in questo modo fosse un marinaio, sulla sua piccola barchetta, nel mare notturno, sarebbe veramente più libero spegnendo tutti i fari del mondo?
La libertà del marinaio sta nel fare uso dei fari che incontra per scegliere saggiamente in quale direzione navigare: ad eccedere con le libertà si rischia di si abbattersi sugli scogli o di perdersi senza mai trovare un porto sicuro.

SmileP.S. È chiaro che questo post risulterà negativissimo!

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Il tesoro

Il capitano Spencer e i suoi collaboratori avevano affrontato le insidie di un lungo viaggio per trovare la località dove viveva l’ultimo superstite del grande impero. Secondo alcune voci, alle quali Spencer aveva dato un certo credito, quell’eremita era a conoscenza del luogo dove erano state nascoste le ricchezze dell’antico grande impero che dominava quella regione fino a quasi ottant’anni fa.

Udito l’aprirsi della porta della sua capanna, l’anziano scheletrico eremita si volse indietro scorgendo la sagoma del cercatore di tesori ed esordì subito: “Un uomo così ben vestito non giungerebbe mai sin qui se non per il tesoro. Dico bene straniero?”. “Hai indovinato, vecchio, ma di me ti puoi fidare: rivelami dov’è nascosto e lo divideremo equamente” – rispose allora Spencer.
Il vecchietto si accomodò meglio sulla sua sedia di canne intrecciate e cominciò con una cantilena:

La formica porta il seme al formicaio
mentre il sole tramonta sull’orso che piange
e le sue lacrime penetrano dove germoglia la luce.

“Ti stai burlando di me vecchio! Poche ciance, dov’è l’oro del grande impero?” – “Non ho altro da dirti, straniero” – e il vecchio continuò a ripetere la cantilena. Quel vecchio avrebbe potuto vivere in una reggia, invece si trovava lì a delirare con cantilene. Per Spencer la spiegazione poteva essere una sola: era tutta una balla. Quel povero vecchio non sapeva nulla e si era inventato tutto per attirare qualche benefattore che lo avesse pagato anticipatamente.

Spencer se ne andò senza salutare. Nel ritornare alla sua nave ormeggiata percorse il sentiero che costeggia la collina della formica. Là dove punta quel costone di roccia dall’insolita forma, si trova la valle dell’orso. Al tramonto la luce giunge fino ad un torrente che scorre verso est ingrottandottandosi dopo un chilometro. Laggiù, nella grotta, l’acqua scorre su un manto d’oro, fra monete, calici e monili; immerso in una luce quasi solare.

Capita spesso che per esprimere un concetto importante sia necessario ricorrere ad un linguaggio più velato, a parlare per metafore. I raccontini e le storielle che si leggono qua e là potrebbero nascondere profondi significati. Basta leggere con meno superficialità. L’occhio non attento e precipitoso non vede altro che raccontini sconclusionati; l’uomo libero da paraocchi e guidato dal cuore riesce a scorgere l’essenziale che è invisibile agli occhi.

Tesoro

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Fare l’eroe

Un modo di dire molto comune quando qualcuno vuole fare o fa qualcosa al di là della sua portata. Ciò che è capitato a me un paio di giorni fa quando sono voluto uscire quella gelida sera nonostante mi colasse già il naso. Dopo due giorni di febbre alta, letto forzato e medicinali viene subito da pensare che avrei potuto spendere meglio il mio tempo se non avessi voluto “fare l’eroe”.

Abbiamo tutti dei limiti, limiti invalicabili, limiti che possono impedirci di fare tutto, ma proprio tutto ciò che vogliamo; sia che si tratti di un’uscita serale, sia che si tratti d’altro.
Il saggio, l’uomo che conosce sé stesso e la propria condizione di essere umano, sa che è meglio astenersi, che è meglio rifiutare certe cose anche se in linea di principio sono cose che potrebbe fare e che nessuno potrebbe vietargli di fare, come uscire la sera. A fare gli eroi invincibili, ad imitare Superman senza avere i suoi stessi poteri, si rischia solo di fare il passo più lungo della gamba accumulando più guai che benefici.

Superman

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