Biciclette e paure
Fin dai tempi più antichi che la mia memoria può ricordare, ho sempre avuto una bicicletta. Da bambino i miei genitori mi portavano nella casa di campagna o ai giardini pubblici, dove avevo a disposizione chilometri di strade, stradine e sentieri da percorrere a mio piacimento. Andare in bici è sempre stato bello e lo è diventato sempre più man mano che crescevo.
Il giorno in cui io e mio padre togliemmo le rotelle supplementari non era stato scelto a caso: mio papà aveva montato quelle rotelle in maniera tale che si sollevassero da terra quando riuscivo a stare inconsapevolmente in equilibrio. A rotelle rimosse, lui teneva la bici da dietro mentre io pedalavo e mi rendeva consapevole del mio equilibrio battendo le mani. Ogni battito era un punto di coraggio e di orgoglio in più. Fu così che non ebbi più bisogno di rotelle e fu così che affrontai le prime ferite.
Andare in bici, soprattutto nei primi tempi, quando l’equilibrio è instabile, ci espone al rischio di cadere. Ricordo una volta in cui, per una distrazione, finì con il fianco sulle aguzze pietre che delimitavano un’aiuola: m’ero fatto così tanto male, che l’anziana signora che gestiva il vicino chiosco, mi corse in contro con del ghiaccio. Ricordo anche cadute più gravi, delle quali porto e porterò per sempre le cicatrici.
Nonostante tutte queste cadute e tutte queste ferite io ho continuato ad andare in bici perché so che una cosa del genere è pericolosa finché non se ne ha la giusta padronanza. Gli errori servono ad imparare, per capire come evitarli senza vietarsi nulla. Oggi cado con molta difficoltà perché ho imparato a fronteggiare le emergenze e sono preparato più o meno a tutto. Non sarei così se avessi detto “Mai più bici” alla prima ferita, al primo incidente grave. C’è gente che lascia perdere una cosa possibilmente vantaggiosa o bella perché sono accaduti episodi spiacevoli. Insensate rinunce dettate dalla paura.
Commenti recenti