Oltre il materiale

Immaginiamo una donna gettata in una prigione sotterranea. Qui essa dà alla luce e alleva un fliglio. Il bambino cresce senza vedere altro che le pareti della cella, la paglia sul pavimento [...]. La sfortunata donna era un’artista, e quando fu imprigionata riuscì a portare con sé il suo blocco di carta da disegno e una scatola di matite. Poiché non perde mai la speranza di essere liberata, palra costantemente al figlio di quell’altro mondo che lui non ha mai visto. Lo fa in gran parte tracciando per lui dei disegni.

Con la matita tenta di mostrargli come siano i campi, i fiumi, le montagne, le città, e le ondesulla spiaggia. Il figlio è un ragazzo rispettoso, e fa del suo meglio per crederle quando lei gli dice che quell’altro mondoè qualcosa di molto più interessante e di splendido di qualunque cosa ci sia nella cella. A volte ci riesce. Nel complesso egli si comporta abbastanza bene, finché un giorno dice qualcosa che lascia la madre in sospeso. [...] Alla fine la madre si rende conto che il figlio, in tutti questi anni, è vissuto nell’equivoco. «Ma» ansima «non avrai creduto davvero che il mondo reale sia pieno di linee disegnate con una matita di piombo?» «Cosa?» dice il ragazzo «Non ci sono segni di matita, lì?». [...]

Le cime degli alberi ondeggianti, la luce danzante sulla chiusa d’acqua, le variopinte realtà tridimensionali che non stanno racchiuse entro linee ma continuano a definire la propria forma in ogni momento, con una delicatezza ed una varietà che nessun disegno potrebbe mai raggiungere. Il figlio si farà l’idea che in qualche modo il mondo reale sia meno visibile dei disegni di sua madre. In realtà, esso può fare a meno delle linee, perché è incomparabilmente più visibile di esse. [...]

disegno

Ho tentato di mettere in evidenza, in tutto quanto ho detto, come sia inevitabile l’errore in cui può incorrere, nel giudicare ogni fenomeno [...], chiunque vi si avvicini solo da un punto di vista inferiore. La forza di questa critica si basa sulle parole «semplicemente» e «niente altro che». Costui vede i fatti, ma non il loro significato. In buona fede, quindi, egli afferma di aver visto tutti i fatti. In verità, non esiste davvero altro da vedere, lì, se non il significato. Così egli si trova, nei riguardi della questione che sta affrontando, nella stessa posizione dell’animale… Avrete notato che la maggior parte dei cani non capisce l’indicare. Voi gli indicate un pezzo di cibo sul pavimento: il cane, invece di guardare il pavimento, vi annusa il dito. Un dito per lui non è che un dito: null’altro. Il suo mondo è tutto di fatti, senza significati. E in un periodo come questo, in cui è dominante il realismo dei fatti, troveremo gente che di proposito si sforza di assumere questa mentalità canina.

dito cane

C.S. Lewis
Sermone al Mansfield College, Oxford.

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Fiducia e dimostrazioni

Ci sono volte in cui noi possiamo fare tutto quello di cui ha bisogno un’altra creatura, se solo questa si fiderà di noi. Quando liberiamo un cane da una trappola, estraiamo la spina dal ditino di un bimbo, insegniamo ad un ragazzo a nuotare, o salviamo uno che non ne è capace, quando aiutiamo uno spaventato principiante ad attraversare un valico pericoloso di montagna, il solo ostacolo fatale può essere la loro sfiducia.

Stiamo chiedendo loro di fidarsi a dispetto dei loro sensi, della loro immaginazione e della loro intelligenza. Stiamo chiedendo loro di credere che un nuovo dolore farà passare il dolore e che ciò che sembra un pericolo è invece la loro salvezza. Chiediamo loro di accettare per vere cose che sembrano apparentemente impossibili: che spingere la zampa ancora più dentro la trappola è il solo modo di uscirne – che ferire ancora di più il ditino farà passare il dolore – che l’acqua che è evidentemente permeabile farà resistenza e sosterrà il corpo – che afferrarsi all’unico sostegno a portata di mano non è il modo per non annegare – che salire più in alto fino ad uno spuntone di roccia ancora più sporgente è il solo modo per non precipitare.

A sostegno di tutte queste cose incredibili possiamo solo fare assegnamento sulla fiducia dell’altro verso di noi – una fiducia che certo non si basa su dimostrazioni, che è ovviamente intrisa di emotività e forse, se l’altro ci conosce poco, basata su niente altro che il grado di sicurezza che gli infonde la nostra faccia, o il nostro tono di voce, o perfino, nel caso del cane, il nostro odore. A volte, proprio per la fiducia degli altri, noi riusciamo a fare grandi cose.

Clive Staples Lewis, Club Socratico di Oxford 1955

C. S. Lewis

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