Nebbia

La seconda cosa che vedo più frequentemente dove vivo adesso è la nebbia. Qui dove ultimamente abito la nebbia può diventare roba di tutti i giorni e per diverso tempo.
Per me non è una novità: mi ci sono trovato dentro anche quando vivevo a casa mia. La differenza è che fino a ieri mi ci sono ritrovato a camminare dentro ed il suo confine era certamente al di là delle possibilità delle gambe e della pazienza di chiunque, talmente distante mi appariva.

Quando si avanza nella nebbia non è che si sia completamente ciechi; gli oggetti appaiono gradualmente; inizialmente ombre o aloni appena visibili, assumono via via confini sempre più definiti, colori sempre più vivi, aspetto sempre più tridimensionale. Proprio ieri ho scambiato un lontano albero per una persona che veniva verso di me. Non capire bene cosa si ha davanti è normale quando nel mezzo c’è un grande spessore di microscopiche goccioline d’acqua.

Per certi versi anche la conoscenza del Mondo e di quanto lo trascende procede nella nebbia dell’ignoto. Mai un fenomeno ci appare fin da subito chiaramente comprensibile. Bisogna avvicinarsi, probabilmente anche faticando non poco, per poter vedere meglio. Proprio perché dobbiamo essere noi ad avvicinarci, ad esplorare, è necessario avere l’intenzione di muoversi verso l’ignoto, di osservare prima di giudicare, di essere aperti a ciò che vedremo per quanto esso possa risultare assurdo, improbabile o impossibile. Se ci fermiamo alla sagoma indefinita delle cose, così come superficialmente appaiono nella vita di tutti i giorni, rischiamo di salutare qualche albero per strada.

Nebbia

P.S. I post “freddo e gelo” immagino che prima o poi finiranno ;-)

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L’energia esiste

Che cos’è l’energia? Domanda all’apparenza semplice ma dalla risposta difficile. L’energia non si crea né si distrugge ma si trasferisce da un ente all’altro cambiando anche tipologia. L’energia chimica contenuta nel succo di frutta che abbiamo bevuto si trasforma in energia potenziale quando saliamo le scale; l’energia potenziale acquistata dall’automobile che si è arrampicata su un paesino di montagna diventa energia cinetica quando questa ridiscende senza usare i freni e quando diventa troppa l’autista rallenta e l’energia cinetica si trasferisce ai freni sotto forma di calore.

L’energia non si tocca, non si vede ma si osservano solo i suoi effetti. La manifestazione dell’energia cinetica è la velocità; dell’energia termica, la temperatura; dell’energia chimica, le reazioni; dell’energia luminosa, il numero di fotoni per unità di superficie. Non esiste dispositivo al mondo in grado di misurare direttamente l’energia. Gli unici rivelatori che danno informazione sull’energia misurano il numero di coppie elettrone-lacuna generate dentro uno strato di silicio dal passaggio di una particella carica. Possiamo misurare la temperatura, la velocità, la quantità di reagente prodotto, la quantità di luce, il flusso degli elettroni in un conduttore, il numero di ioni, ma non l’energia.

Che sia pura convenzione? L’invenzione dei fisici per fare tornare i conti? No. L’energia esiste, non è una convenzione. Non è convenzione il Sole, che brucia il suo combustibile nucleare per produrre luce e calore. Non è convenzione la stanchezza che percepiamo ogni giorno e il cibo che ingeriamo per recuperare le energie. Che l’energia esista è praticamente ovvio ma difficile da dire perché l’energia è elusiva. Solo l’esperienza dell’osservazione lo conferma, permette di vedere le trasformazioni e i viaggi dell’energia nell’Universo.

Una manifestazione tangibile dell’energia c’è e si chiama massa, quell’entità che è suscettibile alla gravitazione, ciò che indirettamente misuriamo ogni volta che saliamo sulla bilancia. Distruggendo la massa si libera energia, da un fotone che ha una certa energia si può ottenere massa. Quando l’energia si “incarna” diventa tangibile e ci accorgiamo che ce n’è in tutte le cose che esistono, ovunque. Siamo ancora al punto di partenza: misuriamo la massa, non l’energia direttamente.
Che strana quest’energia: una cosa invisibile, intangibile, non misurabile, definibile con difficoltà, della quale possiamo mostrare solo gli effetti ma che abbiamo certezza che essa esiste ed è ovunque, permea ogni cosa. Caratteristiche che dovrebbero fare riflettere tutti coloro che sostengono – per via di un materialismo spregiudicato – l’esistenza di sole le cose misurabili. L’energia trascende la materia tangibile.

Fiamma, energia

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Nella realtà, non misurabile

Prendiamo un quadro di un artista famoso, una creazione di grande bellezza. Tutti sappiamo che il suo valore non è dato soltanto dal costo della tela, dei pigmenti e della manodopera dell’artista. Possiamo anzi dire che il valore di un’opera d’arte ha ben poco a che fare con le sue caratteristiche fisiche o l’insieme delle sue proprietà misurabili e scientificamente interpretabili. La bellezza non è misurabile ma esiste, non c’è sensore al mondo in grado di rilevarla ma tutti possiamo apprezzarla.

Certo, c’è chi potrebbe dire che il valore estetico è qualcosa di arbitrariamente deciso dall’uomo o che la bellezza è qualcosa di soggettivo, ma chi parla così ha quanto meno la memoria corta: le mode passano; la bellezza resta.
Non stiamo parlando del valore nominale di una banconota. Da qualsiasi posto sperduto del mondo una persona possa provenire, la reazione davanti alla bellezza è la stessa – purché sia vera bellezza e non l’opinabile gusto dettato dalla critica o dalla moda del momento. Se proprio non vogliamo considerare un’opera dell’uomo, verifichiamo quante persone non apprezzerebbero lo spettacolo di un tramonto mozzafiato. La bellezza, è una delle poche cose universali che l’uomo conosca.

Universale, non misurabile, intangibile, ma reale, presente, sperimentabile con gli strumenti del cuore dell’uomo, i quali sono validi tanto quanto i rivelatori al germanio iperpuro. La porzione della realtà che si rivela investigabile con i soli strumenti che la scienza mette a disposizione è marginale. Forse aumenterà, forse resterà tale; non lasciamo che il materialismo riduca la nostra esperienza ad un foglio di calcolo. Cominciamo ad apprezzare la bellezza di una bella opera d’arte come questa:

Natività di Lorenzo LottoNatività – Lorenzo Lotto (1530 circa)

Consideratela il mio augurio di un felice Natale e buone feste.

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Ma a che serve?

In questi ultimi giorni si è parlato tanto di quella misura della velocità dei neutrini che ha fatto tanto scalpore. Non commento più di tanto perché una singola misura può voler dire tutto e niente, perché bisogna vedere se quanto osservato è esattamente la realtà o un miraggio dovuto ad una qualche svista. Ciò che piuttosto mi preme sottolineare è un comportamento dei giornalisti e della gran parte della gente comune: quando circolano di queste ricerche sensazionali – ma solo per gli addetti ai lavori – la prima domanda che viene fatta riguarda l’applicazione pratica. Tra le domande che si possono fare ad un ricercatore, all’indomani di una sua scoperta, “a che serve?” è certamente la peggiore.

Ci siamo veramente ridotti così in basso da dare valore solo a ciò che ha un riscontro pratico e un’utilità materiale?
Lo scopo della ricerca scientifica non è principalmente quello di migliorare la vita della gente. Quella è una conseguenza, un effetto che viene dopo – o addirittura molto dopo. Lo spirito scientifico è un discendente diretto dell’innata curiosità dell’uomo, del suo desiderio di comprendere il mondo e della corrispondente conoscibilità dell’Universo.
Il ricercatore è come un bambino che si è appena trasferito in una vecchia casa il cui solaio è stato chiuso a chiave da decenni. Non sarà curioso di sapere cosa c’è dietro quella porta chiusa? E, trovata la chiave, non andrà ad esplorare? Non è necessario che quella stanza abbia l’utilità pratica di dare posto ad altri mobili: potrebbe trovare fotografie antiche, oggetti curiosi e affascinanti anche se inutili perché obsoleti. “A cosa serve?” sarebbe quanto meno una domanda fuori luogo. Lo stesso discorso vale per gli esploratori e per chi cerca di battere i propri limiti sportivi: se Tizio o Caio vince la medaglia d’oro, a cosa ci serve? Intanto non ce lo chiediamo mai, in questi casi.

La mania materialista non dovrebbe prendere il sopravvento. Non è importante e degno di nota solo ciò che è utile o pratico nell’immediatezza di tutti i giorni. Non ha diritto di esistenza solo ciò che risponde ai nostri schemi; al contrario, devono essere i nostri schemi ad essere continuamente revisionati in base a ciò che esiste, anche se questa esistenza non determina alcuna apparente variazione nella nostra vita di tutti i giorni. In realtà la variazione c’è, per chi sa apprezzarne il valore. La conoscenza e la verità hanno il valore ed il potere di cambiarci fin nel cuore: chi ha il cuore trasformato dalla verità non può fare a meno di dire quello che sa, anche a costo di essere preso in giro, di non essere ascoltato e di veder dipinto chi lo ascolta come vittima di un imbroglio.

Asteroide teiera

Colgo l’occasione per comunicare – ancora una volta – che sono in partenza per un luogo che probabilmente non mi consente connessione ad internet e che quindi potrei non esserci nei prossimi 6 giorni.

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Fumetto sperimentale

Fumetto - Prima parteFumetto - seconda parte

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Cecità e daltonismi

Erano passati ormai tre anni dall’incidente. L’ultima immagine che gli occhi di Diego avevano visto era una cascata di acido nella sua direzione, poi il buio.
Diego era una brava persona, aveva dedicato tutto il suo tempo al lavoro e alla famiglia e forse ci aveva dedicato anche troppo tempo. Il mondo gli scorreva davanti in tutte le sue manifestazioni ma lui era occupato dai suoi impegni. Semplicemente, non si poteva permettere di fermarsi e guardare, anzi, osservare ciò che lo circondava. Anche la famiglia stessa si era trasformata in una serie di post-it attaccati a delle sagome sempre uguali.

Ora che non ci vedeva più sentiva opprimente il vuoto “ottico”. Aveva poche immagini in mente, pochi ricordi della sua possibilità di vedere, cose normali, facce usuali, muri, sedie, attrezzi. Sentiva cinguettare gli uccelli ma non aveva altro che sagome stilizzate da immaginare; aveva i suoi cari vicino ma visualizzava solo lineamenti neutri.
«Non si può continuare così – si diceva – Se avessi osservato un po’ di più quando ci vedevo… C’era così tanto da vedere ma ora non mi rimane niente. Basta! Rivoglio la mia vista!»
Il poveretto era disperato ma aveva sentito parlare di un’operazione in grado di ridargli la vista. Per questo ora si trovava in quella stanza di ospedale con le bende sugli occhi.

Quell’operazione gli cambiò la vita; non perché aveva riacquistato la vista ma perché aveva ritrovato qualcosa di più importante: la voglia di stupirsi. Sentiva i versi degli uccelli e li individuava con lo sguardo scoprendo il contrasto tra il giallo becco del merlo ed il suo piumaggio nero; il carnevale giallo e rosso dei cardellini; le danze dei passeri. Ora si meravigliava guardando il viso della figlia mentre scriveva un tema; il sorriso della moglie il giorno che andarono a vedere le stelle; il movimento delle mani di sua madre quando raccontava dei tempi andati. Dettagli su dettagli. C’era sempre da scoprire qualcosa di affascinante, qualcosa che riusciva a far battere forte il cuore anche per un solo millesimo di secondo.

Non tutti sappiamo vedere l’ineffabile bellezza che ci circonda ogni giorno. Alcune persone hanno come uno scudo di monotonia e materialismo che li rende inerti alle provocazioni della bellezza. Spesso queste persone hanno bisogno di buio assoluto per poter vedere la luce. Non possono apprezzare quanto sia meraviglioso poter vedere chiaramente se non si è vissuta l’angoscia del buio. A volte, come i daltonici, riusciamo a percepire solo alcune lunghezze d’onda, quelle che ci sembrano più importanti, ma ci dimentichiamo degli altri colori, coperti da certo bagliore eccessivo che diamo alle faccende della vita. Eppure quei magnifici colori ci sono, aspettano solo di essere notati. Basta fermarsi un attimo e osservare.

Cardellino

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Oltre il materiale

Immaginiamo una donna gettata in una prigione sotterranea. Qui essa dà alla luce e alleva un fliglio. Il bambino cresce senza vedere altro che le pareti della cella, la paglia sul pavimento [...]. La sfortunata donna era un’artista, e quando fu imprigionata riuscì a portare con sé il suo blocco di carta da disegno e una scatola di matite. Poiché non perde mai la speranza di essere liberata, palra costantemente al figlio di quell’altro mondo che lui non ha mai visto. Lo fa in gran parte tracciando per lui dei disegni.

Con la matita tenta di mostrargli come siano i campi, i fiumi, le montagne, le città, e le ondesulla spiaggia. Il figlio è un ragazzo rispettoso, e fa del suo meglio per crederle quando lei gli dice che quell’altro mondoè qualcosa di molto più interessante e di splendido di qualunque cosa ci sia nella cella. A volte ci riesce. Nel complesso egli si comporta abbastanza bene, finché un giorno dice qualcosa che lascia la madre in sospeso. [...] Alla fine la madre si rende conto che il figlio, in tutti questi anni, è vissuto nell’equivoco. «Ma» ansima «non avrai creduto davvero che il mondo reale sia pieno di linee disegnate con una matita di piombo?» «Cosa?» dice il ragazzo «Non ci sono segni di matita, lì?». [...]

Le cime degli alberi ondeggianti, la luce danzante sulla chiusa d’acqua, le variopinte realtà tridimensionali che non stanno racchiuse entro linee ma continuano a definire la propria forma in ogni momento, con una delicatezza ed una varietà che nessun disegno potrebbe mai raggiungere. Il figlio si farà l’idea che in qualche modo il mondo reale sia meno visibile dei disegni di sua madre. In realtà, esso può fare a meno delle linee, perché è incomparabilmente più visibile di esse. [...]

disegno

Ho tentato di mettere in evidenza, in tutto quanto ho detto, come sia inevitabile l’errore in cui può incorrere, nel giudicare ogni fenomeno [...], chiunque vi si avvicini solo da un punto di vista inferiore. La forza di questa critica si basa sulle parole «semplicemente» e «niente altro che». Costui vede i fatti, ma non il loro significato. In buona fede, quindi, egli afferma di aver visto tutti i fatti. In verità, non esiste davvero altro da vedere, lì, se non il significato. Così egli si trova, nei riguardi della questione che sta affrontando, nella stessa posizione dell’animale… Avrete notato che la maggior parte dei cani non capisce l’indicare. Voi gli indicate un pezzo di cibo sul pavimento: il cane, invece di guardare il pavimento, vi annusa il dito. Un dito per lui non è che un dito: null’altro. Il suo mondo è tutto di fatti, senza significati. E in un periodo come questo, in cui è dominante il realismo dei fatti, troveremo gente che di proposito si sforza di assumere questa mentalità canina.

dito cane

C.S. Lewis
Sermone al Mansfield College, Oxford.

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L’altruismo di Patch Adams

Stamattina, nel pieno di uno stato febbrile – me ne sta ormai capitando uno al mese – il mio zapping si è soffermato sul film “Patch Adams” interpretato da Robin Williams e tratto dalla biografia di Hunter Campbell Adams, un simpatico signore con idee rivoluzionarie nell’approccio tra medico e paziente (il sorriso e la risata) che ebbe l’idea di una sanità gratuita ma non senza problemi.

Non voglio però parlare strettamente del personaggio o delle sue vicende. Ciò che ho trovato interessante sono alcune battute del film. Un dialogo in particolare si riferiva alla sensazione provata dal protagonista nel rendersi portatore di risata, sostegno morale ed aiuto fisico:

«- Il ricovero è la cosa migliore che mi sia mai capitata.
- Quindi i dottori ti hanno aiutato molto?
- Non mi hanno aiutato per niente. I pazienti hanno fatto molto. Mi hanno aiutato a capire che pensando a loro potevo dimenticarmi dei miei problemi. E l’ho fatto. Alcuni li ho aiutati davvero.»

È vero che certe volte si pratica l’altruismo egoisticamente, come un “hobby” ricercato più per i benefici che esso comporta, ma secondo me quel che si vuole dire in questo dialogo è che dedicarsi agli altri, riconoscendo in loro un valore umano, ridimensiona la nostra “puzza sotto al naso” perché il loro valore ci fa considerare meglio anche il nostro.
Non voglio certo dire che il dolore personale – la cosa più intima che può riguardare una persona – sia di poco conto rispetto a quello degli altri; la riflessione che propone questo dialogo è sul valore stesso del gesto, che ha ripercussioni sia su chi lo riceve, sia su chi lo compie.

Pochi secondi dopo il dialogo continua sottolineando l’aspetto più importante del gesto “altruistico”, della reazione buona – che definisco veramente “anticonformista” – al torto subito:

«- Che c’è?
- C’è che una persona… no? … che .. fa per me quello che hai fatto tu stasera dopo come ti ho trattato… Nessuno ha mai avuto un pensiero del genere prima. Grazie.»

Un gesto buono, davanti al torto subito, irrazionale, gratuito, completamente fuori dagli schemi naturali di aggressione-vendetta, può frantumare il circolo vizioso dell’odio e trasformare le persone profondamente.

Patch Adams

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Il dittatore

«Tutti mi chiamano “Signore”, vivono per mia approvazione. Mi presento: sono Zorcus, il dittatore»

Cosa l’ha spinta a diventare la personalità che è oggi?
Direi che è stata colpa della mia maestra: mi affascinò quando spiegò il funzionamento del cervello e delle sinapsi. Ogni pensiero, ogni sentimento ed emozione sono soltanto impulsi elettrici che si mescolano e si propagano all’interno del cervello. Capii da subito che quei pezzi di carne che avevo intorno potevano diventare essere solo due cose: un impiccio o uno strumento.

Pezzi di carne?
Certamente! Proprio come lei: una massa di fibre, molecole ed impulsi elettrici. Le persone non sono altro che animali efficienti che hanno l’unico svantaggio di dover essere convinti a fornirmi ciò che desidero.

E ci è riuscito?
All’inizio ben poco e ciò mi arrecava fastidio: questa è l’unica vita che ho perciò devo viverla godendola il più possibile ma questo risultato, che oggi posso definire un obiettivo raggiunto, all’inizio sembrava un lontano traguardo. Studiando ho imparato ad essere forte sia nella dialettica che nei fatti.

Nei fatti?
La scienza, l’onnipotente e razionale scienza è stata il migliore strumento che avessi mai utilizzato per ottenere con le mie forze tutto questo. Ricordo ancora come utilizzai il mio libro di chimica avanzata per occultare il primo corpo: la mia prima vittoria su coloro che mi contrastavano impedendomi di vivere serenamente. Con gli anni ho affinato sempre più la tecnica ed ho avuto sempre più sudditi in grado di liberarmi facilmente dagli avversari.

Chi erano i suoi avversari?
Erano solo dei cervelli che non funzionavano bene: presumevano che vi fosse un qualche motivo per il quale avrei dovuto smettere di raggiungere il mio appagamento. È stata una vera fatica sbarazzarmene e non sa quale immenso fastidio mi davano con i loro farfugli su fantomatiche realtà e presenze immaginarie. Converrà con me che è privo di senso sostenere che dentro un corpo vi possa essere qualcosa di invisibile ed intangibile ma di valore così inestimabile da impedirmi di raggiungere la felicità…

La felicità?
Ma certo! Mi basta battere le mani per chiamare i miei servi, per sollazzarmi con le mie fanciulle, per avere tutto l’oro e il potere che voglio. Non c’è motivo per il quale non dovrei ottenere dalla vita tutto ciò che voglio. Non vi è razionale motivo per il quale non dovrei battere i miei nemici: tutti coloro che mi danno fastidio. Gli altri sono servi, pezzi di carne semoventi ed utili a qualsiasi scopo. E se uno di loro non obbedisce lo si può sostituire subito. Io sono un vincitore e la mia vita è perfetta perché sono stato il più forte di tutti e ho quindi meritato. Ora vivo contento e me ne andrò a pancia piena. Quando comincerò a soffrire per la vecchiaia darò ordine di bruciare tutto in modo che nessuno possa ereditarlo e poi berrò il succo della dolce morte.

Ma non ha una coscienza?
Ma come osa? Quella parola l’ho proibita diversi decenni fa!
Portatela via, ai forni crematori!

il grande dittatore

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