Pretese

Per questo week-end mi trovo a casa di mio zio. Uno dei membri della sua famiglia è un simpatico cagnolino di nome Ciro.
È una bestiola molto educata che segue ovunque i suoi padroni e fa la festa anche ai visitatori.

Secondo i ritmi biologici dei cani corrisponde ad un sessantenne che soffre già dei primi acciacchi: non fa più le scale due gradini per volta ed ora il veterinario gli ha anche proibito di mangiare troppo. In effetti Ciro sembra il classico “pozzo senza fondo” perché, finita la sua porzione, fa il giro dei commensali con una espressione pietosa e battendo le zampe sulle loro gambe per avere un boccone dal piatto degli umani.

Povera bestia, non conosce il senso della misura e il significato delle conseguenze delle proprie pretese. Fra noi umani, questo comportamento lo chiamiamo “vizio“, un difetto, un’imperfezione del senso della misura. Noi che siamo uomini, a differenza del povero Ciro, conosciamo le conseguenze di ogni azione e di ogni comportamento; abbiamo un tipo di sensibilità “speciale” che scatta come un allarme ogni volta che facciamo qualcosa di viziato, anche quando ci raccontiamo che non vi sarebbe motivo “razionale” per trovarci qualcosa di male. Ciro è giustificato: è soltanto un cane, in fondo. Noi no, perché quella sensibilità speciale che abbiamo, e che ci distingue da lui, implica delle responsabilità dalle quali nessuno – nemmeno noi stessi; neanche una scusa che appaia razionale – può sollevarci.

Ciro

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Oltre il materiale

Immaginiamo una donna gettata in una prigione sotterranea. Qui essa dà alla luce e alleva un fliglio. Il bambino cresce senza vedere altro che le pareti della cella, la paglia sul pavimento [...]. La sfortunata donna era un’artista, e quando fu imprigionata riuscì a portare con sé il suo blocco di carta da disegno e una scatola di matite. Poiché non perde mai la speranza di essere liberata, palra costantemente al figlio di quell’altro mondo che lui non ha mai visto. Lo fa in gran parte tracciando per lui dei disegni.

Con la matita tenta di mostrargli come siano i campi, i fiumi, le montagne, le città, e le ondesulla spiaggia. Il figlio è un ragazzo rispettoso, e fa del suo meglio per crederle quando lei gli dice che quell’altro mondoè qualcosa di molto più interessante e di splendido di qualunque cosa ci sia nella cella. A volte ci riesce. Nel complesso egli si comporta abbastanza bene, finché un giorno dice qualcosa che lascia la madre in sospeso. [...] Alla fine la madre si rende conto che il figlio, in tutti questi anni, è vissuto nell’equivoco. «Ma» ansima «non avrai creduto davvero che il mondo reale sia pieno di linee disegnate con una matita di piombo?» «Cosa?» dice il ragazzo «Non ci sono segni di matita, lì?». [...]

Le cime degli alberi ondeggianti, la luce danzante sulla chiusa d’acqua, le variopinte realtà tridimensionali che non stanno racchiuse entro linee ma continuano a definire la propria forma in ogni momento, con una delicatezza ed una varietà che nessun disegno potrebbe mai raggiungere. Il figlio si farà l’idea che in qualche modo il mondo reale sia meno visibile dei disegni di sua madre. In realtà, esso può fare a meno delle linee, perché è incomparabilmente più visibile di esse. [...]

disegno

Ho tentato di mettere in evidenza, in tutto quanto ho detto, come sia inevitabile l’errore in cui può incorrere, nel giudicare ogni fenomeno [...], chiunque vi si avvicini solo da un punto di vista inferiore. La forza di questa critica si basa sulle parole «semplicemente» e «niente altro che». Costui vede i fatti, ma non il loro significato. In buona fede, quindi, egli afferma di aver visto tutti i fatti. In verità, non esiste davvero altro da vedere, lì, se non il significato. Così egli si trova, nei riguardi della questione che sta affrontando, nella stessa posizione dell’animale… Avrete notato che la maggior parte dei cani non capisce l’indicare. Voi gli indicate un pezzo di cibo sul pavimento: il cane, invece di guardare il pavimento, vi annusa il dito. Un dito per lui non è che un dito: null’altro. Il suo mondo è tutto di fatti, senza significati. E in un periodo come questo, in cui è dominante il realismo dei fatti, troveremo gente che di proposito si sforza di assumere questa mentalità canina.

dito cane

C.S. Lewis
Sermone al Mansfield College, Oxford.

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Cane pastore

Mentre tornavo a casa per il pranzo ho incontrato un pastore con il suo gregge ed il suo cane. Io che mi spavento un po’ dei cani grossi e sciolti non ho potuto fare a meno di pensare a come se la passassero quelle pecore. Il cane del pastore ha il compito di non far disperdere il gregge: abbaia, ringhia e, se necessario, morde.

Non dev’essere piacevole essere oggetto di tale comportamento però è anche vero che il cane sta facendo il suo mestiere: sta aiutando il pastore. Generalmente il pastore non brama la distruzione del proprio gregge e, se chiede ad un cane di farsi aiutare, ha dei motivi senz’altro buoni nei confronti delle sue pecore.

È vero che il cane abbaia, ringhia e morde, ma anche se è un cane è stato scelto per fare le veci del pastore e, come lui, non può avere propositi cattivi verso le pecore.
Senza voler dire che le persone sono pecore, quante volte abbiamo disdegnato i rimproveri e le prediche di qualcuno solo perché le trovavamo fastidiose? Eppure, il buon cane da pastore fa il suo dovere per il bene del gregge.

Cane pastore

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