Casa degli specchi
Le fiere e i luna park meglio forniti hanno una “casa degli specchi”. È un’attrazione all’interno della quale non c’è nient’altro che pareti riflettenti delle forme più svariate e combinate insieme per ottenere illusioni ottiche di ogni tipo. C’è lo specchio che ti allunga e quello che ti accorcia; quello che ingrassa e quello che fa dimagrire; uno specchio per alterare le proporzioni fra le varie parti del corpo e uno per essere moltiplicati decine di volte sembrando un esercito di cloni.
Combinando insieme specchi diversi si possono creare anche vere e proprie immagini olografiche, oggetti che ci appaiono in un luogo con tridimensionalità ma che in realtà sono altrove. Entrando in una casa degli specchi è anche possibile perdersi confondendo i corridoi reali con una loro immagine. Non pochi incoscienti si beccano delle fragorose capocciate mettendosi a correre in ambienti così costruiti.
Tra coloro che entrano insieme in una casa degli specchi sono pochi quelli che riescono a vedere la stessa cosa: lo stesso oggetto o la stessa persona potranno essere visti più grossi da qualcuno e più stretti da un altro; di forme diverse e in luoghi diversi a seconda del punto in cui ci si trova; potrebbero addirittura apparire di diverso colore.
Vedere immagini diverse di uno stesso oggetto non significa che è l’oggetto a mutare o che tutte le sue riproduzioni corrispondano alla realtà. Se non si indaga, se non si spinge la mano a toccare l’oggetto, non si può scoprire se stiamo guardando un ologramma o la superficie di uno specchio oppure no.
Delle certezze ci sono sempre e devono esistere perché sono necessarie per vivere. L’esistenza dell’oggetto che viene riflesso e deformato è una certezza perché, anche se noi lo vediamo alterato, sappiamo che da qualche parte dev’esserci qualcosa che quella alterazione l’ha subita. Uno specchio infatti può soltanto riflettere un’immagine, ma mai crearla. La certezza non è – appunto – un’entità che è possibile creare, perché proviene da un giudizio sviluppato a partire da testimonianze di fiducia o da eventi vissuti personalmente.
Se, invece, si parte dal pregiudizio, niente di ciò che può accaderci è capace di modificarlo. Innanzitutto perché non ci rendiamo conto di averne: i pregiudizi sono come specchi deformi che ci sono stati messi davanti da processi educativi o da noi stessi per convenienza o per emulazione di altri. L’unico modo di rendercene conto è di “toccare con mano” l’immagine che vediamo: l’oggetto, a differenza della sua immagine, resiste alla prova degli altri sensi. Sta a noi metterli in gioco.
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