Il piatto

Leggevo poco tempo fa un ragionamento che si può riassumere così: “Dimmi come mangi e ti dirò chi sei”. In effetti i modi di approcciarsi al piatto che si ha davanti possono essere diversi. Io, ad esempio, preferisco dividere i vari sapori e demolire la pietanza lasciando l’elemento (o gli elementi) più gustosi alla fine. Lì dove leggevo quel ragionamento, il mio modo di fare era presentato come positivo infatti, mentre la fame rende più gustosi i primi bocconi, il confronto con gli ultimi ne amplifica il buon sapore. In conclusione non si scarta nulla del piatto che si ha di fronte.

Conosco però una persona che mangia, secondo me, ad un livello superiore rispetto a quello appena descritto. Io divido le pietanze, lei le mescola. Invece di classificare i sapori in “più buoni”, “buoni”, “meno buoni” e “cattivi” sperimenta intrecci, fusioni, perfino collaborazioni. Nel suo caso non è detto che un sapore cattivo o meno buono non possa collaborare a rendere il piatto ancora più delizioso. In fondo, se la persona che lascia per ultime le cose buone è elogiata perché non butta via niente, lei fa di più: non cerca soltanto di evitare il rifiuto di ciò che è negativo, ma potenzia la resa totale del piatto facendo uso di tutte le sue parti.

È vero, la vita è come una pietanza che ci viene messa davanti e chi riesce a non tagliarne fuori nulla vivendo senza ideologie è meritevole però è anche vero che non possiamo scegliere di mettere la parte brutta della vita all’inizio e quella bella alla fine. È fatta così: una mescolanza di alti e bassi, di cadute e ascese, di vizi e virtù. Riuscire a farne qualcosa di globalmente significativo sfruttando tutto, facendo convergere anche la nostra miseria in una ricchezza, è ben più che viverne la parte bella tollerando quella brutta.

Piatto separato

Share

Dieta

Durante le feste non si bada molto alla linea. Si viene invitati a sontuosi banchetti dove mille prelibatezze aspettano anche solo un assaggio. Come non cedere? Il cibo buono e gustoso è spesso quello che fa ingrassare di più e ci si ritrova così con una bella pancetta che si vuole fare sparire.

Lasciando perdere la chirurgia, il metodo sano per ritrovare la forma perduta – e anche un migliore stato di salute – è il sacrificio. Bisogna fare esercizio fisico per molto tempo, con costanza. Bisogna astenersi dai cibi grassi, da quelle golosità che durante le feste ci hanno portato ad una forma non proprio piacevole o salutare.
Per migliorare, per perfezionare il proprio stato fisico bisogna quindi fare dei sacrifici.

E lo stato della coscienza? E quello del cuore? Anche l’animo ha bisogno di una dieta ogni tanto, di un periodo di maggiore sacrificio che lo perfezionino. Vizi, piaceri, perdite di tempo, pensieri inutili: via tutto per un bel po’. Un po’ come facevano gli eremiti andando quaranta giorni e quaranta notti in luoghi isolati e irraggiungibili, ma senza necessariamente imitarli cercandosi posti così impossibili. Quel che ci vuole è un deserto virtuale, un silenzio nel cuore delle nostre attività quotidiane per trascorrere un periodo di riflessione su ciò che conta davvero, sull’essenziale privato delle distrazioni. Altrimenti la coscienza resta assordata e accecata dalla frenesia quotidiana.

Dieta

Share