Una rosa nel cielo

Oggi aspettavo il mio “capo” nell’atrio del dipartimento di fisica. Su una delle tante bacheche era affissa la locandina di un incontro tenuto da un “esperto” di fenomeni paranormali. Uno di quelli che sanno sempre quale trucco c’è dietro l’illusionista e che hanno la risposta pronta per ogni cosa che sia fuori dal comune.

La locandina diceva qualcosa come “noi crediamo a tante cose così come le vediamo ma i sensi possono ingannare”. Vero, verissimo. Non fa una grinza. Mentre leggevo non ho però potuto fare a meno di pensare che alcune tra le più grandi scoperte scientifiche dell’antichità erano state classificate come “paranormale” prima di diventare la fortunata osservazione di un uomo di cultura. Cosa sarebbe stato di quelle scoperte se avessero avuto la meglio le spiegazioni tanto pronte quanto improbabili di chi riduce l’insolito ad una banale coincidenza?

Il problema di chi ha l’hobby di sbugiardare gli altri è che spesso valica il confine delle vere frodi, nelle quali il trucco c’è perché intenzionale, finendo per aggredire qualsiasi cosa non rientri negli schemi della normalità. Così se una persona vede qualcosa di insolito viene rapidamente liquidata senza neanche indagare seriamente sul fenomeno del quale ella è testimone. Se qualcuno venisse a dirmi di aver visto una rosa fluttuare nel cielo sarei tentato anche io di prenderla per matta, ma c’è un’onestà razionale che dovrebbe spingerci a verificare con l’esperienza quanto ci viene detto. Potremmo scoprire qualcosa di nuovo o, semplicemente, prendere un telescopio e vedere proprio una rosa in cielo.

Rosa nel cielo

 

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Levaci mano

Parlo a te.

Sì, proprio a te che pensi: «Sto bene come sto. Sono già felice e contento».
A te che non vuoi verificare personalmente; che non vuoi provare prima di giudicare.
A te che quando ti parlano seriamente devi sempre fare una battuta ridicola, possibilmente che manchi di rispetto a chi ti sta parlando.
A te che che sei ossessionato dalla politica o da altre manie e non perdi l’occasione di collegare qualsiasi cosa ti dice l’altro con il tuo repertorio di invettive contro la fazione opposta.
A te che non hai altro da fare che piombare sul blog altrui con la critica sempre pronta, con il cervello occupato nel trovare un cavillo dialettico.
A te che sei ormai monotematico nelle tue conversazioni: sempre a lamentarti; lamentarti sulla politica; lamentarti sulla società; lamentarti della gente; della paga; dei tuoi capricci non esauditi; delle angherie – non importa se inventate o no – perpetrate dal tuo “nemico”.
A te che passi la vita a combattere persone e organizzazioni senza chiederti quanto abbia senso combattere i tuoi simili, senza pensare alle vittime che calpesti con il tuo cavallo bianco nella carica contro i mulini a vento.
A te che mentre la gente muore di fame e per la povertà, fai la voce grossa per ottenere sempre più “diritti” e benefici per te stesso e altri benestanti.
A te che fai della rabbia, della lotta, dell’attacco verbale o fisico, dell’imposizione del tuo volere a colpi di sofismi, il tuo pane quotidiano, lo strumento per creare la tua utopia di una società che sarebbe perfetta perché mutilata di quell’aspetto che non hai compreso e che ritieni per tal motivo indegno dell’umanità stessa.
A te che passi interi giorni cercando argomenti per infangare il tuo “nemico” che sia realmente malvagio o no, non importa.
A te che il “nemico” ha sempre torto, o un povero illuso o un grande mentitore, e devi smontarlo pezzo per pezzo.

Dico a te. La chiami una vita felice questa?
Come si dice dalle mia parti: “Levaci mano”. Non è vita per esseri umani.

Maggie arrabbiata

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La vita non è un talk-show

«Il tuo ragionamento non regge, a prescindere da chi tu sia: stai sostenendo qualcosa che non mi piace e non posso darti ragione.  Ti devo smontare pezzo per pezzo, anche a costo di negare l’evidenza e di discutere sull’indiscutibile. Cambierò il significato dei termini, ti dimostrerò con sofismi che uno sbarbatello ha più esperienza di un novantenne cosicché tu non potrai far valere la tua esperienza su di me.
Rigetterò le prove che mi porterai, troverò il modo di farle diventare “non prove” e così ogni tua conclusione mancherà di fondamento. Non mi fido di te, pur di motivare la mia sfiducia sono disposto a canzonare il mio popolo, la mia gente, la mia nazione.
Se gli argomenti razionali non mi basteranno comincerò a smontare te, prima ancora delle tue idee, così qualsiasi cosa dirai sarà di scarso valore a prescindere dal contenuto. E se te ne accorgerai, io negherò così risulterai farneticante. Ti farò sentire sotto processo, sotto esame, sotto accusa così perderai il controllo e sarai più vulnerabile. Ti canzonerò facendo anche finta di darti ragione per poi riversarti addosso tutte le conseguenze più cupe che riesco ad immaginare. Farò leva sui sentimenti e sulle sensazioni affinché, in un momento di distrazione, il tuo ragionamento sia offuscato. Ti tenderò dei tranelli così ti tradirai e potrò penetrare le tue difese. E se non riuscirò da solo chiamerò altri ad aiutarmi.»

Distruggere, distruggere e ancora distruggere, mai costruire. Se sono queste le premesse di un dialogo, di un dibattito, di uno scambio d’opinioni – o in qualsiasi modo lo si voglia chiamare – non c’è speranza: meglio tacere fin dall’inizio. Quando si è veramente aperti al dialogo e si vuole conversare con qualcuno, si propongono costruttivamente argomenti, non si cerca di “abbattere” l’altro. Poveri noi, che facciamo dei nostri rapporti con gli altri, un intervento ad un talk-show.

Monoscopio

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Il cavaliere oscuro

Uno dei personaggi più usati e forse abusati del cinema è senza dubbio Batman, uno dei pochi supereroi a non disporre di super poter ma a basare la propria forza sul conto in banca e sulla tecnologia che è in grado di procurarsi.

La più recente apparizione cinematografica dell’uomo-pipistrello è nel film “Il cavaliere oscuro”, sequel del precedente “Batman begins”. Non commento l’intero film perché, tutto sommato, è prevalentemente una serie di scene d’azione per intrattenere il pubblico più che un mezzo per comunicare un qualche significato profondo. Tuttavia non mancano spunti di riflessione: c’è una scena nella quale si racconta di un bandito che in Birmania aveva rubato un carico di pietre preziose…

Il bandito non ha rubato le pietre preziose per averne un tornaconto economico, le ha buttate via. Con certi uomini non ci si ragiona, né ci si tratta… «Certi uomini vogliono solo vedere bruciare il mondo». Non a caso quando in qualche forum o in qualche blog si incontra gente di questo tipo si parla di “flame”: un litigio che si innesca e divampa come un incendio inarrestabile.

Sicuramente c’è un qualche modo di agire nei confronti di queste persone e altrettanto certamente questo modo deve passare per la comprensione di ciò che sta dietro al loro agire – prima fra tutte le cause l’ideologia. Se facciamo lo sbaglio di giudicarli meno umanamente corriamo il rischio di diventare come loro e di diventare il combustibile di quella fiamma che il loro cuore disperato (=senza speranza di trovare qualcosa di meglio) brama.

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Pesce palla

Il fugu è un piatto tipico della cucina giapponese che si prepara con il pesce palla, un abitante delle barriere coralline che non ha proprio voglia di farsi mangiare. Quando infatti il pesce palla è spaventato si gonfia per sembrare più grosso. Inoltre, nel caso in cui questo espediente non bastasse, è dotato di un potente veleno, la tetrodotossina, che è 1200 volte più letale del cianuro. Il fugu viene preparato con una complicatissima tecnica che ha lo scopo di evitare che la parte commestibile venga contaminata dal potente veleno. Un minimo errore nella tecnica di taglio può perciò portare alla morte dei commensali.

Ci sono persone che sono dei veri e propri pesci palla. Si gonfiano con aggressività, saccenza o scherno perché, sotto sotto, hanno paura della persona con la quale stanno parlando – più che altro perché non la conoscono veramente. Di fronte al comportamento di queste persone verrebbe voglia di ripagarli con la loro stessa moneta, di usare la lingua più tagliente che si può per ferire o quantomeno liberarsi dall’aggressore. Rispondere così è però pericoloso: se sbagli il taglio, esce fuori solo veleno.

Pesce palla

L’idea di questo Post è della mia fidanzata ;-)

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Cane pastore

Mentre tornavo a casa per il pranzo ho incontrato un pastore con il suo gregge ed il suo cane. Io che mi spavento un po’ dei cani grossi e sciolti non ho potuto fare a meno di pensare a come se la passassero quelle pecore. Il cane del pastore ha il compito di non far disperdere il gregge: abbaia, ringhia e, se necessario, morde.

Non dev’essere piacevole essere oggetto di tale comportamento però è anche vero che il cane sta facendo il suo mestiere: sta aiutando il pastore. Generalmente il pastore non brama la distruzione del proprio gregge e, se chiede ad un cane di farsi aiutare, ha dei motivi senz’altro buoni nei confronti delle sue pecore.

È vero che il cane abbaia, ringhia e morde, ma anche se è un cane è stato scelto per fare le veci del pastore e, come lui, non può avere propositi cattivi verso le pecore.
Senza voler dire che le persone sono pecore, quante volte abbiamo disdegnato i rimproveri e le prediche di qualcuno solo perché le trovavamo fastidiose? Eppure, il buon cane da pastore fa il suo dovere per il bene del gregge.

Cane pastore

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