Radiazioni, queste sconosciute

Qualcuno, già leggendo la prima parola del titolo, si sarà spaventato. Quanta paura, paura per cosa? Una cosa naturale, naturalissima, forse tra le responsabili della nostra stessa esistenza e presenza nell’universo. Ne siamo pervasi, ne siamo persino sorgenti. Un eccesso ci fa male – vero – come l’eccesso in qualsiasi cosa. Qualsiasi.

La differenza con tutte le altre cose è che non vediamo le radiazioni, o meglio, vediamo solo ciò che i nostri sensi riescono a vedere: la radiazione dal rosso al violetto. Eh, già! Si chiama radiazione nel visibile. Anche l’eccesso in quella fa male, con scottature e abbagli, ma fa meno paura perché è visibile, perché è conosciuta.
Chi conosce anche le altre radiazioni impara ad usarle per indagare il mondo, come se fossero i suoi nuovi occhi. C’è addirittura chi le usa per curare le persone. Eh, già! Un fascio di radiazioni ben collimato e ben selezionato in energia è più efficace di un bisturi e molto meno doloroso – anzi – per nulla doloroso. Per non parlare di radiografie, TAC, liquido di contrasto…

Nella natura, ogni animale sa che dietro un angolo inesplorato può nascondersi un predatore; che ogni cosa che non sia ordinaria è un potenziale pericolo. L’animale teme l’ignoto e lo evita. Anche noi, belli cresciuti e razionali, sentiamo l’istinto di temere ciò che non conosciamo. Un istinto che ci fa agire in due modi: o gli diamo retta ignorando l’analisi ragionevole e finendo per combattere l’ignoto; oppure filtriamo l’istinto con pensieri più sofisticati e tipici della natura umana, abbattendo il muro della novità e arricchendo la nostra conoscenza. Non è il caso di sottolineare che il vero progresso richiede di agire in quest’ultimo modo.

Radiografia neutroni

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Radioattività

Siamo circondati di radioattività. Nei muri c’è il potassio 40, dal cielo vengono radiazioni cosmiche, dal sottosuolo viene il radon e abbiamo elementi radioattivi persino all’interno del nostro stesso organismo (il famoso carbonio 14 della datazione per non parlare di isotopi del calcio etc.). Chi vive vicino ad un vulcano, poi (Etna, Vesuvio) è più esposto a radiazioni perché gli elementi pesanti, che statisticamente sono più ricchi di isotopi radioattivi, vengono continuamente portati in superficie dall’attività vulcanica. Gli isotopi entrano nella catena alimentare, nei cicli naturali; sono portati dal vento; si trovano negli oggetti che tocchiamo.

La radioattività pervade praticamente tutto ciò con cui abbiamo a che fare e noi stessi, ma non ce ne rendiamo conto. Un numero esorbitante di particelle ci attraversano ogni istante senza che noi percepiamo la minima variazione. L’universo è pieno di cose invisibili che ci stanno sotto al naso, ci stanno persino dentro, ma non ne conosciamo l’esistenza, ne ignoriamo completamente la presenza. E se una di queste venisse in persona a parlarci di ciò che non vediamo? Dovrebbe parlare la nostra stessa lingua, presentarsi in forme che possiamo riconoscere, correndo il rischio di essere fraintesa per un qualche caso particolare di cose già note e arcinote.

Radioattività

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GEANT4

Oggi sto partecipando ad un corso introduttivo e acceleratissimo del toolkit “GEANT4″. Si tratta di un insieme di librerie e di strumenti di compilazione che servono a simulare complessi esperimenti di fisica nucleare. Viene utilizzato anche per stimare i danni da radiazione su pazienti e su astronauti o per interpretare alcune immagini astrofisiche di – ad esempio – asteroidi a partire dall’interazione della radiazione con la loro superficie.

Una cosa che mi ha colpito di questo codice informatico scritto da fisici è che il modo usuale di impararne l’utilizzo si basa sulla – testuali parole dell’oratore – “tradizione orale”. Il GEANT4, come tanti altri programmi scritti da fisici per fare fisica, è accompagnato da una bibliografia enorme che conta diversi manuali, tuttavia la lettura integrale dei manuali può essere controproducente: per chi non ha mai sentito parlare del software del quale sta studiando il manuale, la lettura dello stesso può rivelarsi un lavoro estremamente oneroso e inconcludente.

Chi si approccia al manuale soltanto dopo aver appreso da un collega più esperto le basi, riesce in poco tempo ad avere padronanza dello strumento; ad accrescere il suo sapere consultando la guida; a comprendere quanto indicato sui manuali – anche a saper cercare ciò che gli serve. Chi invece decide di fare da sé, si ritrova con una mole di informazioni che difficilmente può trasformare in pratica e finisce con l’abbandonare la lettura del manuale e con il rifiutarsi di usare quel programma.

Mi vengono alla mente decine di cose che funzionano allo stesso modo anche nella vita di tutti i giorni, tra queste anche scelte fondamentali. C’è chi apprende il software ascoltando prima la “tradizione orale” di chi quel programma sa già usarlo; c’è chi invece vuole fare da sé iniziando una lettura sterile e impreparata di un manuale difficoltoso e complicato. I secondi spesso lasciano perdere e trasformano il loro insuccesso in una critica costante e rabbiosa verso il software – “Troppo difficile”; “Non permette questo o quello” – e verso il manuale – “È contraddittorio”; “Non si capisce”. Quel software poteva essere lo strumento più potente del mondo e che gli avrebbe concesso di calcolare la qualunque… Peccato.

GEANT4

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