Una rosa nel cielo

Oggi aspettavo il mio “capo” nell’atrio del dipartimento di fisica. Su una delle tante bacheche era affissa la locandina di un incontro tenuto da un “esperto” di fenomeni paranormali. Uno di quelli che sanno sempre quale trucco c’è dietro l’illusionista e che hanno la risposta pronta per ogni cosa che sia fuori dal comune.

La locandina diceva qualcosa come “noi crediamo a tante cose così come le vediamo ma i sensi possono ingannare”. Vero, verissimo. Non fa una grinza. Mentre leggevo non ho però potuto fare a meno di pensare che alcune tra le più grandi scoperte scientifiche dell’antichità erano state classificate come “paranormale” prima di diventare la fortunata osservazione di un uomo di cultura. Cosa sarebbe stato di quelle scoperte se avessero avuto la meglio le spiegazioni tanto pronte quanto improbabili di chi riduce l’insolito ad una banale coincidenza?

Il problema di chi ha l’hobby di sbugiardare gli altri è che spesso valica il confine delle vere frodi, nelle quali il trucco c’è perché intenzionale, finendo per aggredire qualsiasi cosa non rientri negli schemi della normalità. Così se una persona vede qualcosa di insolito viene rapidamente liquidata senza neanche indagare seriamente sul fenomeno del quale ella è testimone. Se qualcuno venisse a dirmi di aver visto una rosa fluttuare nel cielo sarei tentato anche io di prenderla per matta, ma c’è un’onestà razionale che dovrebbe spingerci a verificare con l’esperienza quanto ci viene detto. Potremmo scoprire qualcosa di nuovo o, semplicemente, prendere un telescopio e vedere proprio una rosa in cielo.

Rosa nel cielo

 

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Radiazioni, queste sconosciute

Qualcuno, già leggendo la prima parola del titolo, si sarà spaventato. Quanta paura, paura per cosa? Una cosa naturale, naturalissima, forse tra le responsabili della nostra stessa esistenza e presenza nell’universo. Ne siamo pervasi, ne siamo persino sorgenti. Un eccesso ci fa male – vero – come l’eccesso in qualsiasi cosa. Qualsiasi.

La differenza con tutte le altre cose è che non vediamo le radiazioni, o meglio, vediamo solo ciò che i nostri sensi riescono a vedere: la radiazione dal rosso al violetto. Eh, già! Si chiama radiazione nel visibile. Anche l’eccesso in quella fa male, con scottature e abbagli, ma fa meno paura perché è visibile, perché è conosciuta.
Chi conosce anche le altre radiazioni impara ad usarle per indagare il mondo, come se fossero i suoi nuovi occhi. C’è addirittura chi le usa per curare le persone. Eh, già! Un fascio di radiazioni ben collimato e ben selezionato in energia è più efficace di un bisturi e molto meno doloroso – anzi – per nulla doloroso. Per non parlare di radiografie, TAC, liquido di contrasto…

Nella natura, ogni animale sa che dietro un angolo inesplorato può nascondersi un predatore; che ogni cosa che non sia ordinaria è un potenziale pericolo. L’animale teme l’ignoto e lo evita. Anche noi, belli cresciuti e razionali, sentiamo l’istinto di temere ciò che non conosciamo. Un istinto che ci fa agire in due modi: o gli diamo retta ignorando l’analisi ragionevole e finendo per combattere l’ignoto; oppure filtriamo l’istinto con pensieri più sofisticati e tipici della natura umana, abbattendo il muro della novità e arricchendo la nostra conoscenza. Non è il caso di sottolineare che il vero progresso richiede di agire in quest’ultimo modo.

Radiografia neutroni

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Ciambelloni e spiagge

Una forma di pane tipica delle mie parti ricorda un grosso ciambellone. Alcune forme arrivano a pesare anche molto e l’uso più comune che se ne fa è quello di condirle con dell’olio di oliva e dell’origano.

Quando ancora frequentavo l’asilo, ricordo che una volta portarono in classe una intera forma di pane condito per farlo assaggiare a tutti. Alla vista di quelle cosine verdi dentro il pane io mi rifiutai però di mangiarlo.
Che mangiata che mi sono perso! Oggi il pane condito a quel modo è una delle poche cose che amo. Ripenso a questo episodio ogni volta che una cosa superficiale mi spinge a non provare, a non assaggiare, a non mettermi in gioco facendo esperienza in prima persona.
Per sapere se qualcosa è buona da mangiare oppure no bisogna obbligatoriamente assaggiarla anche se, qualche volta, il tentativo può anche non bastare.

Il buon esito della prova può dipendere anche da come essa viene condotta. Sentivo parlare, stamattina, di qualcuno che non amava andare al mare e che quelle poche volte che provò ad andarci si concentrò sul fastidio della sabbia sotto i piedi, della sensazione di unto che danno le creme solari e così via. È chiaro che se ci si concentra troppo su aspetti che, tutto sommato, sono marginali si può anche riuscire a dimostrare l’odiosità di una certa situazione che non sia odiosa. È come se per provare il sapore dell’olio di oliva ne bevessi a sorsate direttamente dalla bottiglia.
Se è un “a priori” a comandare (preconcetto o pregiudizio che sia), ogni tentativo può ridursi a dimostrare quel che vogliamo noi e non la realtà.

Cucciddato

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Cosa ti perdi

«Sai c’è questo film che mi piacerebbe vedere»
«Ora cerco dove lo proiettano. … Ah, la proiezione è in 3D. Bello!»
«3D?!?!»
«Sì, la nuova tecnologia a lenti polarizzate che ti permette una visione stereoscopica dandoti la sensazione di profondità»
«Noooo. Mi gireranno gli occhi! Lo voglio vedere normale»
«Ma cosa dici… Non sai cosa ti perdi. Vieni a vedere com’è e poi mi dici se ti sono girati veramente gli occhi.»

Questo dialogo è realmente avvenuto fra me e un mio parente. Non so se tutti condividono con me l’idea che il 3D nei cinema sia un “di più” però è difficile non considerarlo una miglioria – certo non essenziale – che aumenta il godimento dello spettacolo. Insomma, chi non lo prova almeno una volta per ostinazione o preconcetto non sa cosa si perde. Possiamo dire che il 3D ci fa stare male e ci fa girare la testa; possiamo dire che gli occhiali che danno in dotazione sono fetidi e non igienici; possiamo dire che tutto sommato i film sono belli anche senza il 3D; possiamo dire che il biglietto costa pure troppo – avendo anche ragione – ma se non proviamo di persona non possiamo mai sapere com’è un film 3D e se il gioco vale la candela.

Il nuovo ci spaventa, ciò che è sconosciuto ci inquieta, allora produciamo le scuse più astute per non affrontare la novità, anche se a volte la novità è una cosa antica e praticata da sempre che ci hanno appena proposto. Se non si sperimenta, nella vita, non si cresce, non si impara a distinguere il bello dal brutto e il negativo dal positivo: si vive dentro un guscio al sicuro da qualsiasi cosa, anche da quelle che potrebbero realmente cambiarci la vita e regalarci stupore e bellezza. Non si deve certo accettare tutto ma se quanto ci viene proposto fa realmente vivere “meglio” la gente, in modo visibilmente più bello, forse è il caso di provare.

occhiali 3D

P.S. Il mio parente, convinto ad andare alla proiezione in 3D ha poi ammesso che non gli sono girati gli occhi e che si è divertito.

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