Nella realtà, non misurabile

Prendiamo un quadro di un artista famoso, una creazione di grande bellezza. Tutti sappiamo che il suo valore non è dato soltanto dal costo della tela, dei pigmenti e della manodopera dell’artista. Possiamo anzi dire che il valore di un’opera d’arte ha ben poco a che fare con le sue caratteristiche fisiche o l’insieme delle sue proprietà misurabili e scientificamente interpretabili. La bellezza non è misurabile ma esiste, non c’è sensore al mondo in grado di rilevarla ma tutti possiamo apprezzarla.

Certo, c’è chi potrebbe dire che il valore estetico è qualcosa di arbitrariamente deciso dall’uomo o che la bellezza è qualcosa di soggettivo, ma chi parla così ha quanto meno la memoria corta: le mode passano; la bellezza resta.
Non stiamo parlando del valore nominale di una banconota. Da qualsiasi posto sperduto del mondo una persona possa provenire, la reazione davanti alla bellezza è la stessa – purché sia vera bellezza e non l’opinabile gusto dettato dalla critica o dalla moda del momento. Se proprio non vogliamo considerare un’opera dell’uomo, verifichiamo quante persone non apprezzerebbero lo spettacolo di un tramonto mozzafiato. La bellezza, è una delle poche cose universali che l’uomo conosca.

Universale, non misurabile, intangibile, ma reale, presente, sperimentabile con gli strumenti del cuore dell’uomo, i quali sono validi tanto quanto i rivelatori al germanio iperpuro. La porzione della realtà che si rivela investigabile con i soli strumenti che la scienza mette a disposizione è marginale. Forse aumenterà, forse resterà tale; non lasciamo che il materialismo riduca la nostra esperienza ad un foglio di calcolo. Cominciamo ad apprezzare la bellezza di una bella opera d’arte come questa:

Natività di Lorenzo LottoNatività – Lorenzo Lotto (1530 circa)

Consideratela il mio augurio di un felice Natale e buone feste.

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La furbizia dell’hacker

Possiamo assimilare la rete informatica mondiale ad una società nella quale ogni individuo è costituito da un “corpo” fisico – l’hardware – e da un software. C’è chi spende tempo, energie e creatività nel creare applicativi, siti come questo o altri ben più complessi, ogni tipo di manifestazione della creatività di uno o più programmatori. C’è anche chi assembla computers ed esprime il proprio ingegno nella realizzazione di sistemi stabili e performanti. Un software ben scritto installato su una macchina ben assemblata è forse paragonabile, quanto ad ingegno e creatività, ad un’opera d’arte “tecnica” ed esprime perciò una sua bellezza che può essere apprezzata. Le cose apprezzate, poi, si diffondono fra gli utenti.

L’hacker – o meglio – quella categoria di hacker che ha intenzioni cattive è un individuo della stessa “pasta” del programmatore. Anch’egli si ingegna e conosce i segreti della programmazione e delle reti ma il suo obiettivo è quello di estendere il suo potere su più macchine possibile. Nessun hacker che si ritenga abbastanza furbo ha come obiettivo la formattazione o la distruzione di un pc. Al personaggio in questione, un computer “serve più da vivo che da morto”: può essere utilizzato come copertura per altri atti punibili dalla legge. I pc della rete sono cose da “usare”, da infettare con un programma occulto che consenta al malintenzionato di accedere come e quando vuole per poi attaccare altri pc ed estendere le proprie potenzialità. Un computer conquistato diventa a sua volta conquistatore e veicolo di infezione.

Potrebbe essere interessante seguire il percorso inverso. Come nella grande rete, Qualcuno ci plasma, produce bellezza, assembla pezzetto per pezzetto, prevede per ciascuno delle attività proficue. Ci sono però gli hacker, che non sono d’accordo: inquinano le coscienze con ideologie, ipotesi non ragionevoli, idee e pensieri falsi che bucano le difese della coscienza facendo leva sui piaceri, sulla comodità di certo pensiero. Accade così che persone capaci di cose meravigliose si riducono all’attacco e distruzione delle altre persone che ancora si sforzano di costruire qualcosa in linea con la natura umana.
Che peccato…
Quando un server è conquistato ed usato per un attacco, non resta che disconnetterlo dalla linea e, nei casi più disperati, formattarlo per ripristinare la programmazione originaria. Come realizzare questo nel mondo non virtuale? Si può? Si deve? Quali speranze ci sono?

Hacker

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Automobili famose

Chi non ha mai sentito parlare di Herbie, il maggiolino tutto matto, o di KITT, la Supercar dell’omonimo telefilm? Sono i nomi di automobili famose per essere comparse sul grande schermo. Dietro l’immagine televisiva si nascondono però diversi “attori” particolari. Quando parlo di “attori” al plurale non mi sto riferendo ai protagonisti umani ma al gran numero di automobili gemelle che vengono prodotte quando si devono fare delle riprese per il cinema.

In molte scene vediamo che queste automobili si muovono da sole, senza conducente. In questi casi si utilizza sovente un modello radiocomandato in scala reale. Ebbene sì: esistono dei “super modellisti” che non si accontentano di una macchinina in scala 1:6 ma vogliono realmente guidare una vera automobile senza essere seduti dentro. Dei particolari servo-motori si occupano di muovere tutti i meccanismi del veicolo al posto del conducente e fanno anche di più: aprire sportelli; movimentare specchietti eccetera. Tutti i comandi vengono quindi impartiti attraverso onde radio.

Ora immaginiamo un alieno in visita sul nostro pianeta e gli diamo la nostra macchina radiocomandata. Lui la vedrà muoversi da sola e, poiché non è stupido, comincerà a studiarla scoprendo che determinate onde elettromagnetiche provocano alcuni movimenti dell’automobile. Noi raccontiamo al nostro alieno che, nascosto da qualche parte, c’è un manovratore che impartisce comandi al modellino, ma l’alieno imbraccia un generatore di onde e, interferendo, pretende di “dimostrarci” che non c’è alcun manovratore perché l’automobile sta soltanto reagendo alle onde elettromagnetiche dell’ambiente. Cosa dire del nostro alieno? Che non ha capito nulla. Esattamente come chi si diverte a dire che le persone sono solo macchine, dispositivi, delle “black box” che macinano un input per restituire un output. Dichiarazioni che farebbero stramazzare qualsiasi artista o chiunque abbia anche solo sentito parlare di filosofia.

Il maggiolino tutto matto

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