Lucciole per lanterne

In una notte oscura, stiamo vagando per la valle alla ricerca di un segno di vita perché ci siamo perduti. Ecco che davanti a noi, qualche centinaio di metri più in là, appaiono delle luci che si muovono, come di gente che brandisce delle torce ed è alla ricerca di qualcuno o qualcosa. «Ah, ci cercano e ci hanno pure trovati!» pensiamo. Qualche decina di passi nella direzione delle luci e …
Puf! Le abbiamo attraversate. Trattavasi di insetti bioluminescenti vicini e non di lanterne lontane.

Questa breve storiella, dalla quale immagino derivi il modo di dire che si legge nel titolo, evidenzia come la situazione fisica o mentale nella quale ci troviamo determina un calo di obiettività nei confronti di quanto osserviamo. La persona perduta nella notte ha un disperato bisogno di sicurezza, di trovare qualcuno, di avere un contatto umano e, in virtù di questo desiderio, è portato ad interpretare delle luci che si muovono come persone alla sua ricerca. In questo caso è un sentimento forte come l’angoscia a forzare le interpretazioni non corrette e non veritiere della realtà.

Un’altra cosa molto potente che può indurre in questo genere di sviste è l’ideologia, con tutti i “complessi del nemico” conseguenti: se il nemico della mia ideologia dice qualcosa io la interpreto nel modo più negativo possibile; se il “nemico” parla di sacrificio noi diciamo che è  masochista; se parla di bellezza, noi concludiamo che delira; se difende qualcosa, noi pensiamo che sia uno strumento di potere; se perdona, per noi ha un secondo fine; se esprime la sua opinione, sta tentando di chiuderci il becco e così via. A differenza del disperato che interpreta in meglio perché ha bisogno di buone notizie, l’ideologizzato interpreta in peggio perché deve difendere il suo castello di carte, tanto complesso ed elaborato, quanto instabile e fragile: ogni dubbio fa infatti vibrare violentemente l’intera struttura minacciandone il crollo perciò dev’essere fuggito e attaccato con ogni mezzo.

L’unica via d’uscita, per il disperato che cerca luci nella notte così come per l’ideologizzato è il rendersi conto della propria situazione, fermarsi un attimo a dare un’occhiata a sé stessi per poi rivalutare quanto osservato senza pregiudizi e ossessioni. È vero che bisogna osservare molto per comprendere altrettanto, ma è anche vero che l’osservazione dev’essere “pulita” dalle classificazioni fatte con l’accetta, dalle generalizzazioni e dai pregiudizi.

Luci distanti nell'oscurità

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Ricostruzioni

Supponiamo di allestire un bel biliardo nucleare, facendo scontrare due oggetti per diverse volte allo scopo di scoprire quante volte si si forma un certo risultato e quante volte se ne forma un altro. Immaginiamo che di questi prodotti, non tutti siano visibili, misurabili o identificabili oppure che sia facile notare la presenza di alcuni prodotti e sia complicato scovare gli altri. Se volessi sapere quante volte è stato prodotto un particolare nucleo, come dovrei fare?

Ci sono dei modelli teorici, delle formule che, sotto forma di programma per computer, fanno delle previsioni. Utilizziamo uno di questi programmi il quale ci dice che, secondo le previsioni, ogni prodotto ha una sua proporzione rispetto agli altri. Allora mi basterebbe misurare soltanto quei due o tre nuclei facili da vedere per poi risalire a tutti gli altri basandomi sulle proporzioni che il software mi ha fornito.

In questi giorni mi sono reso conto che questo modo di fare può condurre facilmente in errore perché dev’essere la natura a parlare e non il modello. Ho confrontato il risultato del programma con quello che invece si era riusciti a misurare, con fatica. Se avessi scelto la strada facile, misurando soltanto ciò che era facile misurare, avrei sbagliato di grosso, infatti, le proporzioni fra i prodotti sono totalmente diverse da quelle che tira fuori il programma. Se invece di misurare anche “il superfluo” mi fossi accontentato di ricostruire la realtà basandomi su pochi elementi parziali, sarei giunto ad un risultato falso.

Il problema di certe discipline, come ad esempio l’archeologia e la storia, non è diverso da quello fisico: l’archeologo e lo storico possono vedere solo le prove che sono sopravvissute al tempo e sono costretti poi a ricostruire la porzione mancante basandosi su supposizioni e ipotesi che possono anche rivelarsi errate. Il buon senso ci dice che tante più supposizioni sono necessarie ad una ricostruzione, tanto più questa ricostruzione è incerta. Nel caso della storia, più andiamo indietro nel tempo e meno certezze ci sono. Facciamo particolare attenzione ai risultati di certe ricerche, soprattutto quando sono utilizzabili per attaccare le ideologie degli altri o per difendere la nostra: evitiamo di dare per assodato e per scontato ciò che può essere solo una ipotesi; un’ipotesi che può essere la ricostruzione forzata di chi ha in mente un secondo fine.

Residui

Non posso misurare solo il germanio68 e basarmi sul modello perché misurando il gallio67 vedo che il modello lo sovrastima, sbagliando.

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