Nebbia

La seconda cosa che vedo più frequentemente dove vivo adesso è la nebbia. Qui dove ultimamente abito la nebbia può diventare roba di tutti i giorni e per diverso tempo.
Per me non è una novità: mi ci sono trovato dentro anche quando vivevo a casa mia. La differenza è che fino a ieri mi ci sono ritrovato a camminare dentro ed il suo confine era certamente al di là delle possibilità delle gambe e della pazienza di chiunque, talmente distante mi appariva.

Quando si avanza nella nebbia non è che si sia completamente ciechi; gli oggetti appaiono gradualmente; inizialmente ombre o aloni appena visibili, assumono via via confini sempre più definiti, colori sempre più vivi, aspetto sempre più tridimensionale. Proprio ieri ho scambiato un lontano albero per una persona che veniva verso di me. Non capire bene cosa si ha davanti è normale quando nel mezzo c’è un grande spessore di microscopiche goccioline d’acqua.

Per certi versi anche la conoscenza del Mondo e di quanto lo trascende procede nella nebbia dell’ignoto. Mai un fenomeno ci appare fin da subito chiaramente comprensibile. Bisogna avvicinarsi, probabilmente anche faticando non poco, per poter vedere meglio. Proprio perché dobbiamo essere noi ad avvicinarci, ad esplorare, è necessario avere l’intenzione di muoversi verso l’ignoto, di osservare prima di giudicare, di essere aperti a ciò che vedremo per quanto esso possa risultare assurdo, improbabile o impossibile. Se ci fermiamo alla sagoma indefinita delle cose, così come superficialmente appaiono nella vita di tutti i giorni, rischiamo di salutare qualche albero per strada.

Nebbia

P.S. I post “freddo e gelo” immagino che prima o poi finiranno ;-)

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Il cielo sopra la visiera

Fa freddo, alzo il cappuccio e riparo il capo. È sera, la luce dei lampioni evidenzia le nuvolette di vapore che genero ad ogni respiro. Arrivo alla fermata del tram e aspetto. Mi guardo intorno, guardo dall’altra parte della strada. Gente come me che aspetta, anche se per andare nella direzione opposta, al di sotto dell’alto portico dell’edificio di fronte a me.

Improvvisamente una curiosità mi assale: sarà decorata la facciata di quel palazzo? Gli occhi si inclinano verso l’alto per superare l’altezza del portico ma incontrano la parte superiore del cappuccio. Mi rendo allora conto che la prospettiva avuta finora era bidimensionale o quasi. Vedevo solo ciò che si trovava al mio stesso livello senza rendermi conto di ciò che avevo sopra la testa: il cielo; le stelle; le decorazioni degli edifici.

La routine, le cattive idee, le ideologie, ci fanno credere che il mondo sia solo ciò che abbiamo sul nostro stesso piano. Sono come delle visiere sulla fronte, che limitano il campo a pochi metri dal suolo. Oltre la visiera, sopra di noi, la bellezza del cielo stellato. Basta un genuino desiderio di conoscere, un attimo di passione per l’infinito, e subito ci rendiamo conto della visiera che abbiamo addosso così, togliendola, possiamo apprezzare quello spettacolo che abbiamo sotto sopra il naso.

Cappello con visiera

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Brina

Per molti, trovare il mondo ricoperto da minuscoli cristalli di ghiaccio al mattino può essere una cosa banale e scontata ma, per me che provengo da ben altre situazioni climatiche la brina è una cosa veramente curiosa. Quando si cambia casa, modificando anche le proprie latitudini, il nuovo luogo di residenza può sembrare “alieno”, strano, bizzarro.

La cosa più curiosa che ho notato, oltre al misterioso fascino delle foglie luccicanti come diamanti è che la brina persiste solo dove vi è ombra. Laddove arriva la luce del sole le verdi erbette si scrollano di dosso il peso della fredda ed umida notte e si drizzano rigogliose. La stessa brina che le ricopriva, una volta ritornata liquida, lascia umido il terreno rendendo inutile la pioggia.
Diversa è la situazione delle zone in ombra. Là dove la luce del Sole fatica a diffondersi, ostacolata dalla presenza di case, alberi o sassi, il ghiaccio persiste a lungo.

In quell’erba nell’oscurità, gelata dal ghiaccio, ricoperta da un manto di freddezza, ricurva su se stessa, vedo come tanti omini e donnine che quella luce non l’hanno ancora vista, che vivono una notte senza alba, senza fine, senza scopo; a sé stessi bastanti, unica cosa rilevante in un cosmo di gelo e tenebra. Eppure pochi centimetri più in là ci sono dei fuscelli che l’alba l’hanno vista, che già sentono il calore della luce solare, che sono aiutati dall’energia ricevuta ad ergersi in direzione del cielo. Con il loro splendore testimoniano la potenza della radiazione luminosa, dicono: «Il Sole sta arrivando anche da te».

brina

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Vitamina C

Durante l’inverno è facile prendersi il raffreddore e l’influenza: il freddo abbassa le difese immunitarie e i germi se ne approfittano. Per questo motivo occorre prevenire i malanni rafforzando le proprie difese. A questo scopo la cosa più semplice da fare – e la prima ad essere consigliata dagli esperti – è assumere della vitamina C. Questa vitamina è presente soprattutto negli agrumi: arance; mandarini; limoni.

Ieri ripensavo all’agrumeto che avevo visto: anche se abbandonato c’erano frutti, seppur piccoli. Gran parte delle piante da frutto che conosciamo fioriscono in primavera e fruttificano in estate. Le arance invece no, fanno praticamente al contrario: sono frutti che maturano durante la stagione fredda. È come se, al ristorante, le pietanze fossero arricchite esattamente con le sostanze che l’organismo del cliente richiede al momento di essere servito.

Non è forse una coincidenza che casca a puntino? Proprio quando ci serve tanta vitamina C, siamo sommersi di arance. C’è da restare stupiti da come questi frutti “fuori stagione” si adattino perfettamente, naturalmente, automaticamente – quasi come un programma di computer – all’esigenza di vitamina C parte di noi umani durante il periodo freddo.

agrumi, vitamina c

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