Nebbia

La seconda cosa che vedo più frequentemente dove vivo adesso è la nebbia. Qui dove ultimamente abito la nebbia può diventare roba di tutti i giorni e per diverso tempo.
Per me non è una novità: mi ci sono trovato dentro anche quando vivevo a casa mia. La differenza è che fino a ieri mi ci sono ritrovato a camminare dentro ed il suo confine era certamente al di là delle possibilità delle gambe e della pazienza di chiunque, talmente distante mi appariva.

Quando si avanza nella nebbia non è che si sia completamente ciechi; gli oggetti appaiono gradualmente; inizialmente ombre o aloni appena visibili, assumono via via confini sempre più definiti, colori sempre più vivi, aspetto sempre più tridimensionale. Proprio ieri ho scambiato un lontano albero per una persona che veniva verso di me. Non capire bene cosa si ha davanti è normale quando nel mezzo c’è un grande spessore di microscopiche goccioline d’acqua.

Per certi versi anche la conoscenza del Mondo e di quanto lo trascende procede nella nebbia dell’ignoto. Mai un fenomeno ci appare fin da subito chiaramente comprensibile. Bisogna avvicinarsi, probabilmente anche faticando non poco, per poter vedere meglio. Proprio perché dobbiamo essere noi ad avvicinarci, ad esplorare, è necessario avere l’intenzione di muoversi verso l’ignoto, di osservare prima di giudicare, di essere aperti a ciò che vedremo per quanto esso possa risultare assurdo, improbabile o impossibile. Se ci fermiamo alla sagoma indefinita delle cose, così come superficialmente appaiono nella vita di tutti i giorni, rischiamo di salutare qualche albero per strada.

Nebbia

P.S. I post “freddo e gelo” immagino che prima o poi finiranno ;-)

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Perché

Quando utilizzato in qualità di congiunzione subordinante causale, ha la funzione di legare una proposizione alla successiva, la quale ne specifica cause, spiegazioni, motivazioni.

Se mi fermo alla prima proposizione e non ho la pazienza di leggere il resto della frase – ciò che si trova oltre il “perché” - non solo mi resterà il dubbio sui moventi e sulle spiegazioni, ma cercherò anche di costruirmi “le mie” spiegazioni, tanto più distanti dalla realtà quanti più pregiudizi sono alla base del mio pensiero. Soprattutto se sto ascoltando/leggendo il ragionamento di una persona che ho sempre visto come “nemica”, sono capace di non polemizzare fraintendendo la prima parte della frase? Ho l’umiltà e la pazienza di valutare il ragionamento altrui solo dopo averlo ascoltato tutto e, soprattutto, compreso?

Come possiamo pretendere di avere ragione sulla nostra interpretazione di qualcosa se ci siamo fermati all’apparenza?
Per una persona sveglia e curiosa è naturale chiedersi “il perché” delle cose ma, se questa attività è viziata nella forma o nelle intenzioni, penalizza lo spirito di osservazione e le risposte saranno sbagliate: spesso essere critici e avventati, spezzettando sottilmente i ragionamenti altrui, non permette di comprendere e riflettere ma conduce a sterili ed infinite discussioni.
Punto interrogativo

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Su per le montagne

Oggi mi hanno portato a visitare da vicino le montagne, percorrendo sentieri che ora si arrampicavano su per il versante, ora scendevano rapidamente. Tutto attorno lo spettacolo delle sommità rocciose e ripidissime che producevano curiosi effetti di luci ed ombre. In alcuni punti i ruscelli formavano cascate tra gli alberi del bosco mentre sulle radure pascolava ogni sorta di bestia erbivora addomesticata dall’uomo.
Io ero partito con due desideri: trovare un fossile o una conchiglia preistorica – che si racconta siano frequenti da quelle parti – e riuscire a fotografare uno degli animali del bosco, magari qualche scoiattolo o uno stambecco o un camoscio.

Il gruppo cammina rapidamente, ci sono gli orari da rispettare e la lentezza può comportare una situazione di pericolo – trovarsi la notte in giro per le montagne può non essere piacevole. Buona parte dei miei compagni di avventura chiacchierano, ridono, fanno rumore.
Ho percorso così velocemente il sentiero che non ho avuto il tempo di analizzare ogni singola pietra alla ricerca di fossili; non ho neanche potuto andare dove i cedimenti avevano sicuramente fatto affiorare qualcosa. Il rumore della presenza umana ha fatto fuggire gli animali che, tenendosi a debita distanza, sono sfuggiti al mio sguardo.

Torno in albergo con la bellezza dei panorami e delle montagne nel cuore. So però che c’è un di più, qualcosa che non è stato possibile apprezzare per una maniera un po’ frettolosa e chiassosa di fare. Molte volte ci sfugge “il meglio” perché il metodo che utilizziamo per affrontare la vita, i rapporti interpersonali, l’osservazione del mondo circostante, è frettoloso e superficiale. Magari qualcuno ci racconta di una bellezza e vogliamo anche cercarla ma poi ci buttiamo, ci improvvisiamo esperti, e ci facciamo sfuggire proprio quella bellezza che stavamo cercando. Una delusione che per qualcuno può significare anche smettere di cercare, auto-convincersi che non c’è altra bellezza se non quella superficiale.
Io spero di tornare in questi luoghi, accompagnato da qualcuno che mi sappia indicare dove trovare i fossili e come non fare scappare gli animali. Allo stesso modo, certa bellezza si può scoprire con l’amicizia di una guida, di qualcuno che ha già visto quella meraviglia alla quale ci conduce.

Pale di San Martino

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Conseguenze lontane

Supponiamo che nel cuore della notte un vulcano in prossimità di un aeroporto erutti in modo spettacolare concludendo la sua attività prima dell’alba.

Le particelle di magma sparate dal vulcano precipitano sulla pista dell’aeroporto, il personale decide di chiuderlo fino alle 7:30 del mattino. Molti voli vengono allora ritardati ma, poiché il giorno dura sempre 24 ore, alcuni aerei vengono cancellati. I passeggeri dei voli cancellati vengono allora spostati su altri voli.

Supponiamo che ci siano dei passeggeri che per andare a Venezia vengono prima fatti passare da Roma. A causa dei ritardi anche il volo per Roma viene ritardato e la coincidenza per Venezia è persa. Allora l’azienda decide di modificare il volo successivo, sostituendo un aereo piccolo con uno più grosso che possa contenere anche i ritardatari. Ora però chi aveva prenotato i posti sull’aereo piccolo ha perso la sua prenotazione e si ritrova con biglietti che indicano un posto inesistente. Il pandemonio all’interno dell’aereo per Venezia è immaginabile.

A causa dei vari inconvenienti i passeggeri che, senza eruzione, sarebbero arrivati alle 9:00 giungono finalmente a Venezia alle 20:00. Poiché hanno questo non trascurabile ritardo sono costretti a noleggiare un veicolo perché non ci sono più corse di autobus per la loro successiva destinazione.

Un evento avvenuto localmente, in una certa città, ha prodotto effetti fino quasi all’altro capo della nazione. Quante volte non abbiamo immaginato le conseguenze di quel che facevamo o di quel che sceglievamo solo perché non vedevamo immediate controindicazioni? Spesso un giudizio superficiale – della serie “non fa male a nessuno” – non ci permette di vedere la vera natura delle cose, i “danni collaterali” che possono verificarsi anche a lungo termine. Un “salvagente” però c’è: quando qualcuno ci mette in guardia da cose apparentemente innocue. Non bisogna certo dare credito al primo che passa, ma almeno un po’ di apertura mentale ci vuole.

Fiera di Primierosaluti da Fiera di Primiero

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Misterioso Bernoulli

Domani salirò su un comune turbojet (ciò significa che sono fuori città nella prossima settimana e potrei essere assente anche dal blog) ma approfitto dell’occasione per fare qualche riflessione sulla portanza.

Come sappiamo, un aereo vola perché è dotato di ali, ma affinché esista una spinta verso l’alto capace di sollevare il velivolo è necessario che la sezione trasversale dell’ala sia di forma particolare. L’aria che si muove al di sopra dell’ala deve infatti fluire più velocemente di quella che invece passa sotto. Il motivo di questa condizione è il principio scoperto da Daniel Bernoulli che lega la pressione di un fluido alla sua velocità. Nel caso dell’ala la differenza di velocità tra l’aria che scorre sopra e quella che scorre sotto è responsabile di una depressione nella parte superiore capace di sollevare l’aereo.

Pensandoci bene, questo comportamento non è intuitivo: è facile immaginarsi come funzioni un’elica o un ventaglio ma non come funzioni un’ala. Eppure gli uccelli, che non conoscono né Bernoulli, né il suo principio, possiedono ali che soddisfano perfettamente un principio fisico così poco intuitivo. Sono ali fatte apposta.
Noi abbiamo potuto conoscere la misteriosa forza che sostiene gli uccelli nell’aria soltanto attraverso degli esperimenti sui fluidi, affinando la nostra percezione verso qualcosa che ci capitava praticamente sotto al naso ma che non potevamo capire né percepire pienamente. Significa che per vedere qualcosa di non palese è necessario avere innanzitutto l’apertura mentale nel riconoscerne l’esistenza e la volontà di cercare al di là dei limiti imposti dalle impressioni superficiali.

 Portanza

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Bello ma velenoso

Ci sono tanti animali e piante che hanno dei colori sgargianti e disegni incredibili. Rispetto ad altre creature che cercano di mimetizzarsi o che non hanno proprio voglia di attirare i predatori risaltano subito per la loro bellezza.
Nella natura però i colori accesi e i disegni appariscenti significano “veleno”: le bande gialle e nere della vespa mettono in guardia dal pungiglione; certe bacche rosse evidenziano la loro tossicità; alcuni molluschi marini mettono in guardia da aculei urticanti e cellule tossiche.

Noi siamo affascinati dai colori appariscenti, dai contrasti evidenti, come siamo affascinati da tutto ciò che ci sembra piacevole, comodo o conveniente. Certi comportamenti discutibili li compiamo per il fascino che inizialmente essi esercitano su di noi. Evitare il peggio è spesso un saper guardare oltre la superficie accattivante e scorgere la sostanza delle nostre azioni.

Mollusco velenoso

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Utile e repellente

Tra i ricordi del periodo in cui mi sono trasferito nel luogo dove vivo da ormai più di vent’anni ci sono i tramonti del tardo pomeriggio estivo. Fu in uno di quei momenti che vidi per la prima volta i pipistrelli. Ce n’erano sempre un paio che volteggiavano davanti casa in cerca di piccoli insetti con il loro incredibile sistema ad ultrasuoni. Con il passare degli anni sono state costruite case e strade lì intorno e i pipistrelli non sono più tornati. In compenso le zanzare sono aumentate.

Molta gente – e la comprendo bene – prova grande repulsione per gechi, pipistrelli e ragni. Certo non sono gli animali più affascinanti del mondo ed alcuni di essi hanno la pelle urticante o dei cheliceri velenosi. Non si può negare però che la loro alimentazione ci libera dal proliferare di insetti ben più fastidiosi o pericolosi. Non mi dilungo sulle malattie che una zanzara può trasmettere ma credo sia più fastidioso un ronzio che disturba il sonno notturno o un pomfo pruriginoso rispetto alla condizione estetica di altre creature.

A volte, se troviamo un ragnetto all’interno della nostra casa pensiamo più a finirlo che ad accompagnarlo fuori – dove tra l’altro avrebbe più possibilità di trovare insetti e farebbe meglio il suo utile lavoro. È uno di quei casi in cui lasciamo che la cosa più facile e più sopportabile prevale su un bene maggiore che però richiede uno sforzo.
Conosco molte persone che si impegnano giorno dopo giorno in una vita che apparentemente sembra infernale, costellata di difficoltà e fatiche, priva di piacere. In realtà, da ciò che si può osservare con meno superficialità, quel modo di vivere è migliore nonostante le fatiche e i fastidi perché, superato il primo impatto con la fatica, il bene che si ricava è di gran lunga superiore all’assenza della fatica e del fastidio.

Pipistrello

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Immagine e sostanza

Qualche giorno fa un amico commentava una fotografia nella quale, con oggetti quotidiani, si otteneva la raffigurazione di qualcos’altro. Per semplicità supponiamo si trattasse di un cavallo. Il mio amico, guardando quel cavallo, mi chiese: «Perché mi mostri questa foto di una mucca?».
Questa domanda, inizialmente disarmante, mi ha spinto ad una riflessione sull’osservazione e la sostanza delle cose.

Quando guardiamo una fotografia, che è la registrazione dell’immagine di un soggetto in un determinato istante di tempo, a noi giunge soltanto l’informazione estetica e, forse, qualche messaggio che l’artista ha voluto introdurre nel suo scatto o nella sua composizione. Come facciamo però a dichiarare la sostanza dell’oggetto riprodotto?
La foto che ho mostrato al mio amico rappresenta un cavallo ma la sostanza degli oggetti che compongono il cavallo non è quella di un cavallo. Se costruisco una statua di un cavallo e la dipingo, la sola immagine della statua non mi fa capire se ho usato il gesso o la carta pesta o la plastica. C’è quindi un limite alle dichiarazioni che possiamo fare sulla realtà basandoci soltanto sulle informazioni che riusciamo a ricavarne da osservazioni superficiali.

Attualmente non disponiamo di uno strumento che ci permetta di osservare (indagare) la realtà nella totalità della sua sostanza. Possiamo certo descriverla con precisione tanto più grande quanto maggiore è il numero di strumenti che possiamo usare (analisi chimiche e fisiche) ma non possiamo raggiungere un infinito dettaglio. A maggior ragione quando parliamo di astronomia o cosmologia (lontano nello spazio) e archeologia o storia (lontano nel tempo).
Spesso il nostro giudizio è superficiale, si basa cioè su dati troppo parziali per poter apprezzare la sostanza delle cose, sull’immagine che ci perviene e non su un’informazione che ne descrive la sostanza. Prima di formulare un giudizio, prima di giungere a conclusioni o di supporre di sapere già com’è una determinata esperienza, invece che basarci sul sentito dire dovremmo applicarci in un’indagine appropriata per ciò che vorremmo giudicare. Se si tratta di un’esperienza di vita, lo strumento adeguato è quello di mettersi in gioco al 100% e verificare.

Art attack gigante con cubi di Rubik

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La combriccola dei nucleoni

Una delle cose più affascinanti della fisica nucleare – tra quelle che mi spinsero ad intraprenderne gli studi – è il concetto di difetto di massa. Il nucleo di ogni atomo è formato da nucleoni, il nome che diamo a protoni e neutroni quando stanno insieme in un nucleo. Quando stanno da soli, ciascuno per conto proprio, ogni protone ha una massa a riposo di 1.672 · 10−27 Kg ed ogni neutrone ha una massa a riposo simile (1.674 ·10−27 Kg) perciò, se la matematica non è un’opinione, chiunque concluderebbe che un nucleo di oro peserebbe esattamente la somma di 76 volte il peso del protone e 118 volte il peso del neutrone.
Invece non è così: un nucleo di oro pesa di meno! Una parte della massa “scompare” per essere spesa in energia di legame. Come e perché ciò avvenga non è chiaro al 100% ma non è di questo che voglio parlare.

Tra i più antichi ricordi che ho ci sono quelli di quando andavo all’asilo: eravamo bambini un po’ monelli, incapaci di frenare un commento o un comportamento che potesse ferire l’altro. Infatti si era formato il gruppo dei “normali” mentre gli altri erano esclusi e spesso insultati. Ricordo un compagnetto che veniva emarginato per la sua benda da occhio pigro, un altro che se ne stava isolato perché tirava su con il naso e poi c’ero io, del colore sbagliato. Non so come, invece di starcene ciascuno per conto proprio a piagnucolare sulla propria emarginazione, cominciammo a stare insieme e a giocare. Anche a me faceva impressione l’occhio pigro o il continuo tirare su con il naso, come penso che anche ai miei compari facesse uno strano effetto il mio aspetto però avevo imparato che, come i nucleoni, bisogna rinunciare ad un po’ della propria massa – pregiudizi, impressioni, esteriorità, nomea – per stare insieme. L’energia di legame nel gruppo dei “normali” era invece nulla e questo comportava divisioni e litigi, la pretesa di ciascuno per la quale devono sempre essere gli altri ad adeguarsi a noi e non il viceversa.

Un caso più calzante è quello del matrimonio: due umani (nucleoni) di diversa natura (un uomo/neutrone e una donna/protone) stanno insieme ma non può esserci vero amore senza sacrificio (difetto di massa) altrimenti, prima o poi, la coppia esplode.
Altro caso si verifica nel mondo dei blog e bloggers: ci sono quelli del “giro grosso” e quelli “strani” che in pochi vanno a visitare, piccole nicchie con grandi tesori che in pochi conoscono. Colgo allora l’occasione per ringraziare i miei 6 lettori pregandoli di restare “connessi” con questa piccola nicchia anche se per qualche giorno non avrò il tempo di pubblicare materiale nuovo. Grazie.

Nucleo e nucleoni

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Cold Case

È circa l’ora di pranzo, la maggior parte della gente è a lavorare o a casa a mangiare. Alla centrale di polizia giunge la telefonata di una donna che riferisce di aver assistito ad un omicidio. Dopo qualche minuto i poliziotti giungono sul posto, un minimarket annesso ad una stazione di servizio di una strada non molto trafficata. La donna che ha effettuato la telefonata è la commessa. La vittima è una cliente della quale nessuno conosce il nome ma il suo corpo non si trova all’interno del negozio. L’unica traccia è del sangue sul pavimento e un contenitore di sacchi per l’immondizia rovesciato a terra.
Un primo investigatore interroga a fondo la commessa e scrive un suo rapporto sull’accaduto. Versione 1.

Al momento dell’omicidio nel negozio c’era un’altra persona: un ragazzino che, approfittando della sosta di rifornimento del padre, era entrato per procurarsi una merendina giusto per non avere fame durante il viaggio. Era tra gli scaffali e non è stato visto. Ha sentito la voce dell’aggressore e della vittima ma era troppo basso per vedere oltre gli scaffali. Un esperto negli interrogatori di bambini che assistono a delitti scrive un rapporto basandosi sulla testimonianza del ragazzino. Versione 2.

Il padre del ragazzo era fuori a fare benzina durante l’aggressione. Ha visto in lontananza entrare un uomo di grande stazza e uscire dopo pochi minuti con un carrello per la spesa che conteneva un grosso sacco nero per l’immondizia. Inizialmente la sua testimonianza non viene considerata perché troppo distante dal luogo dell’accaduto ma, dopo qualche mese di indagini, viene convocato per trascrivere la sua deposizione. Versione 3.

Dopo due anni di indagini, fatti di ipotesi e di indizi, un secondo investigatore scrive un testo basandosi su tutto il materiale raccolto fino a quel momento, indicando quali potrebbero essere, secondo lui, gli indiziati e aggiunge un elenco di ragazze scomparse che corrispondono al profilo della vittima, come viene descritto dalle testimonianze. Versione 4.

Dopo un altro anno, il detective muore in un incidente stradale ed il suo caso viene archiviato come irrisolto.
Un poliziotto dei giorni nostri viene a conoscenza del caso da un certo detective Malone e se ne interessa distrattamente. Legge superficialmente i quattro rapporti trovando decine di contraddizioni ed incongruenze. Poiché il suo turno era quasi finito e doveva andare a casa, conclude che si trattava di una grossa burla e che non c’è mai stato nessun omicidio, nessuna vittima, nessun aggressore. Secondo lui il caso è chiuso. Va perciò dal suo capo ed, esponendogli tutte le contraddizioni trovate, inventa anche una sua spiegazione sui presunti indizi. Spiega, ad esempio, il sangue sul pavimento dicendo che la sorella della commessa era infermiera e poteva averle dato degli scarti di trasfusioni.

Il capo lo congeda e telefona al suo referente: «Devo farlo trasferire, è proprio un incapace. Neanche un’ora fa l’investigatore Malone mi ha comunicato che la sua indagine indipendente ha dato i suoi frutti… Il corpo della donna è stato trovato ed il colpevole sta già giungendo in centrale.»
La contraddizione è fisiologica delle testimonianze soprattutto se vengono da persone diverse che possono anche essere tutte in buona fede. È stato anche scientificamente provato che il cervello tende a ricostruire le parti mancanti dei fatti involontariamente. Negare un avvenimento solo perché la sua descrizione da parte dei testimoni diversi non è copia conforme è pericoloso: si rischia di non concludere mai nulla e di lasciare la verità a fermentare nel suo nascondiglio.

Investigatore

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