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Cosmo orfano

Finalmente l’era spaziale, la vera era spaziale per la Terra era iniziata. Da quando, all’inizio del secolo, i fratelli Guiltmore avevano costruito il primo prototipo di astronave superluce, ogni nazione aveva fatto di tutto per dotarsi di questi mezzi. Un intero cosmo era sopra tutti loro in attesa di essere scoperto, esplorato, colonizzato.
Molti ragazzi avevano intrapreso la carriera scientifica con il sogno di poter mettere piede su quelle 345 astronavi presenti nel mondo. John Clever era uno di questi. Sarebbe diventato un buon sergente di macchine una volta imbarcato. Conosceva alla perfezione ogni passaggio del funzionamento dei motori e dei reattori dei nuovi modelli di astronavi. Era solo una questione di tempo e, terminati gli studi, si sarebbe imbarcato.

Il cinque ottobre di quello stesso anno l’astronave russa знаний aveva iniziato le procedure di discesa in atmosfera verso l’astroporto di Sanpietroburgo. Era in anticipo di due ore perché il capitano era talmente eccitato per la scoperta di un pianeta extrasolare abitabile da voler precipitarsi subito a casa a comunicare personalmente la notizia. Una fitta nebbia circondava l’astroporto, nel quale si preparava il decollo della разведка.
«Tutto operativo, signore»
«Bene… Tenente, com’è finita con il disturbo statico?»
«Ancora niente, signore. Rileviamo il radiofaro dell’astroporto ma le comunicazioni sono disturbate»
Pochi minuti dopo l’addetto alle comunicazioni prese la parola: «Signore… Comunicazione in arrivo»
«In viva voce»
“…. traiettoria….pista…at…libera”
Dopo qualche secondo il capitano concluse: «Via libera. Incanalarsi lungo la traiettoria di atterraggio». L’astronave entrò in quella strana nebbia scomparendo dai radar disturbati della torre di controllo. L’operatore capo della torre, osservati i radar, allora ordinò: «Comunicate il via libera alla разведка»
«Fra poco dovremmo vedere l’astroporto» bisbigliava un tenente della знаний al suo collega seduto lì vicino, mentre tutta la plancia guardava lo schermo principale. Tutti gli occhi erano fissi su quello schermo. Da un momento all’altro avrebbero rivisto il suolo.
Improvvisamente sullo schermo apparve la разведка che andava dritta verso di loro.
«Porco diavolo!» esclamò il capitano e fu l’ultima cosa che disse. A nulla servirono le manovre di emergenza: le due navi si scontrarono e, per l’impatto, entrambi i reattori principali delle due navi detonarono sprigionando tutta la loro energia. Fu distrutta qualsiasi cosa in un raggio di ottanta chilometri. L’intera città di Sanpietroburgo cancellata dalle cartine. Milioni di morti all’istante. L’asse della Terra si spostò di tre centimetri e la contaminazione si estese fino in Francia, in India e nel Canada.

Un anno dopo la tragedia iniziò lo smantellamento delle 343 astronavi rimanenti.
Una sera John era salito a riflettere sulla collina. In lontananza vedeva le carcasse di quei bastimenti dello spazio circondate dalle luci delle fiamme ossidriche. Sembravano immense carcasse di calabroni lentamente smembrati dalle formiche.
John alzò lo sguardo e sospirò guardando la volta celeste. Proprio in quel momento una stella cadente tagliò in due la sua visuale. Quel cosmo orfano di esploratori versava una lacrima per il piccolo pianeta che si era chiuso in sé stesso. Un mondo che aveva scelto di concludere la sua agonia entro i suoi limitati confini.

Stella cadente

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Le raffinerie di etereone

Due stelle sorelle, identiche, erano a pochi anni luce l’una dall’altra, ciascuna con il suo sistema di pianeti. Su una luna di un gigante gassoso vivevano i Salicerunti mentre sul terzo pianeta della stella vicina vivevano i Sauropi. Furono i Salicerunti ad esplorare lo spazio per primi e ad incontrare i loro vicini. Avevano infatti trovato una fonte di energia incredibile che consentiva loro di alimentare le astronavi che, come risaputo, per viaggiare nell’iperspazio necessitavano di elevatissime quantità di energia.

Il carburante dei Salicerunti era l’etereone, un combustibile in forma di plasma che si ricavava da reazioni subnucleari. Per ottenere l’etereone serviva costruire degli impianti di raffinazione incredibilmente complessi all’interno dei quali si manipolavano le immense energie dell’etereone.
Il prodotto raffinato era stabile e facilmente gestibile ma la sua produzione si rivelò una vera “gatta da pelare”. Accadde infatti che, in una delle colonie dei Salicerunti, un pianeta di un sistema lontano, esplose una raffineria di etereone: di quel pianeta rimane solo un campo di asteroidi.
Nonostante questo incidente, i Salicerunti non si diedero per vinti: migliorarono le loro capacità tecniche e continuarono ad usare l’etereone, l’unico carburante che gli consentiva di solcare l’immensità dello spazio.

I Sauropi, venuti a sapere di quella colonia distrutta si limitarono soltanto a comprare l’etereone dai Salicerunti. L’accordo commerciale consentiva ad entrambi di avvantaggiarsi dell’etereone anche se l’economia dei Sauropi doveva far fronte alle ingenti spese per l’approvvigionamento del carburante. Tutto sommato si stava bene però.

Un giorno, dai lontani mondi inesplorati oltre la barriera di Talinteda, arrivò il dominatore del cosmo. Questo essere, del quale si diceva avesse poteri oltre ogni immaginazione, era diventato l’imperatore di un quarto della Galassia e guidava un’armata di centomila astronavi da guerra. Nessuno poteva sfuggirgli; nessuno era mai riuscito a farlo.
L’armata del dominatore del cosmo transitò in prossimità del pianeta dei Salicerunti e, dopo una breve scansione, passò oltre. Giunta sul pianeta dei Sauropi l’invasione ebbe inizio. Il dominatore del cosmo discese sulla superficie del pianeta ed entrò nel palazzo governativo più importante per trattare la resa immediata. Una folla si era radunata lì intorno per curiosità.

C’era una sola domanda che assillava ciascuno dei presenti: Perché noi e non i Salicerunti?
Il dominatore del cosmo, dopo aver inteso i pensieri dei Sauropi, scoppiò in una crassa risata e quando smise di ridere disse: «Oh, poveri sciocchi… Non c’è niente in questo universo che può arrestare la mia armata… Ma le raffinerie di etereone… – continuò con aria preoccupata – Quelle raffinerie… Avessi aperto il fuoco avrei perso la mia splendida armata. Con quelli dovrò trattare, con voi invece non ne avrò bisogno». E con un perfido sorriso, si prese tutto: terre, risorse e abitanti.

Centrale energetica

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Il campo di forza

Quando, circa cento anni fa, gli Attanistei avevano iniziato a solcare gli immensi spazi del cosmo, le loro navi non erano nulla di speciale: corazze in metallo; propulsori a curvatura; armi a particelle. Vedevano lo spazio interstellare come un immenso mare da esplorare con innumerevoli porti ad attenderli, popoli da conoscere, mondi da esplorare. Quanto di più affascinante un popolo aveva da dare loro lo accoglievano arricchendosi e poi facevano altrettanto con tutto ciò che avevano visto e imparato.

Purtroppo anche lo spazio nasconde delle insidie. Oltrepassata la nube di Liodo, gli Attanistei furono assaliti più e più volte dai pirati dello spazio. Ci fu pure una volta in cui gli assalitori non erano in cerca di mercanzie ma di materiale biologico. Gli Attanistei, che erano un popolo sensibile e aperto, si erano fatti imbrogliare e uccidere fin troppo: subivano il dolore e il male come assorbivano la bellezza degli altri popoli.
Fu così che gli Attanistei cambiarono, si chiusero. Per loro era amico solo un altro Attanisteo, tutti gli altri erano nemici e si doveva attaccare prima di diventare il bersaglio. Inventarono un potente campo di forza che respingeva ogni cosa e si dotarono di armi veramente pericolose.

Successe allora che, per un guasto al sistema di traduzione, vi fu un equivoco e aprirono il fuoco contro una nave di Arsictini, colpevoli solo di esistere. Quelli si difesero ma il campo di forza riflesse all’indietro i colpi e tutto l’equipaggio di quella nave morì.

Ci sono persone che, dopo aver vissuto delle sofferenze e dei momenti negativi, costruiscono come un muro, pesante, oppressivo, spesso, intorno al loro cuore. Se ridono, lo fanno con un retrogusto di amarezza, quando si sbeffeggia l’avversario politico o ideologico. Se provano un sentimento, questo è solo un rancore che non si riesce a sedare, neanche vincendo le battaglie in nome della propria ideologia. In alcuni casi, il muro è così spesso, che queste persone si riducono a delle macchine: per non soffrire più eliminano completamente tutto ciò che giudicano non razionale e logico.
L’uomo non è soltanto “mente” e tessuti. Di ogni essere umano è importante il cervello ma è ugualmente importante il cuore, inteso non come muscolo cardiaco ma come nocciolo ineffabile, elemento centrale della coscienza situato al di là della sfera logica. Se scegliamo di rinunciare al cuore, rinneghiamo la nostra umanità.

Scudo spaziale

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Non è tutto vero ciò che è semplice

Nel film “Contact” di Robert Zemeckis (1997) la protagonista si ritrova, dopo varie vicissitudini, a sostenere un avvenimento della quale è l’unica testimone e per il quale non è in grado di fornire altra prova se non la sua stessa testimonianza. La spiegazione più “semplice” che il mondo scientifico dà all’accaduto è che sia stato tutto una colossale truffa. In realtà lo spettatore, che “ha visto tutto”, sa che la spiegazione della protagonista è vera e sa anche che una telecamera che registra in pochi millesimi di secondo un rumore di diciotto ore è una prova da non rigettare.
Il film mostra come, ignorando o rigettando alcuni elementi che sono in realtà validi, sia possibile giungere a conclusioni totalmente errate.


Spoiler: consiglio di non guardare a chi non vuole rovinato il finale del film.
Il volume è un po’ basso ma spero si senta lo stesso.

Il mondo della scienza non è nuovo a questo tipo di approccio fallace: lo abbiamo visto per quanto riguarda i fossili, ma cose analoghe sono successe per le meteore, i microrganismi e, perfino, il concetto stesso di “Big Bang”. Pensiamo, per esempio, all’esperimento di Rutherford: bombardare con particelle alfa un foglio d’oro e osservare i bagliori prodotti su uno schermo fluorescente dall’impatto di queste particelle. La maggior parte dei bagliori sono osservati dall’altra parte del foglio, evidenziandone l’attraversamento da parte delle particelle alfa. Una piccolissima quantità di bagliori viene però vista all’indietro: la spiegazione più “semplice” sarebbe quella di imputare questi ultimi bagliori a rumore di fondo e perturbazioni dall’esterno. Avessimo dato credito a questa spiegazione, penseremmo ancora che l’atomo sia un panettone con gli elettroni e i protoni al posto dei canditi. Come invece sappiamo, la spiegazione vera è più complessa: un nucleo; un grande spazio vuoto; elettroni che orbitano all’esterno.

Il Rasoio di Occam è il principio metodologico, formulato nel XIV secolo da Guglielmo di Occam, secondo il quale la spiegazione di un fenomeno è tanto migliore quanto minori sono le ipotesi ad essa necessarie. Potrebbe anche essere formulato, in altri termini, sostenendo che, a parità di fattori, la spiegazione più “semplice” sarebbe quella migliore.
L’esperienza personale insegna però che a maneggiare un rasoio con poca perizia si rischia di provocarsi qualche doloroso taglio o di restarci addirittura secchi. Il principio, di per sé, non è errato ma, di fatto, può essere applicato solo a casi abbastanza ipotetici, dove si può imporre l’ipotesi che l’osservatore sia a conoscenza della totalità dei fattori con grande precisione. Nel momento in cui l’osservatore ha a disposizione solo una piccola porzione degli elementi in gioco o sceglie arbitrariamente di ignorare alcuni fattori, si fa in modo che la spiegazione più semplice sia la propria. A questo punto, applicare il Rasoio di Occam diventa solo un modo per piegare i fatti alla propria teoria perché, per chiusura mentale, ne abbiamo stabilito la validità a priori.

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Scettica T’Pol

In Star Trek: Enterprise, l’ultima delle serie fantascientifiche ispirate da Gene Roddenberry, la vulcaniana T’Pol si trova a che fare con eventi che le sono motivati con la “Guerra fredda temporale”. La maggior parte delle volte che, nella serie, si parla di viaggi nel tempo e cose similari, T’Pol risponde: «L’Amministrazione Vulcaniana per le Scienze, ha determinato che il viaggio nel tempo è impossibile».

Nel corso della serie ripete questa frase diverse volte e non aggiunge altri argomenti contro i fantomatici viaggi nel tempo. Si fa forte di un ente scientifico accreditato del quale cita le conclusioni. Lo spettatore però sa che è invece tutto vero; che la “Guerra fredda temporale” non è una fantasia; che ci sono stati dei viaggi nel tempo. T’Pol cerca di piegare la realtà alle conclusioni dell’Amministrazione Vulcaniana per le Scienze.

T’Pol mi ricorda di coloro che, posti di fronte a delle osservazioni contrarie al loro modo di vedere, rispondono ripetendo quasi a pappagallo le sentenze e le conclusioni di organizzazioni ed enti, come se queste considerazioni fossero definitive ed inoppugnabili.
Anche l’ente più accreditato del mondo può emettere una sentenza o un documento che non rispecchi il vero e ci possono essere decine di motivi per i quali può farlo – dalla semplice inesperienza e mancanza di apertura ai motivi economici a quelli politici. Se lungo la nostra strada incontriamo qualcosa che scricchiola, è bene osservare, indagare e riflettere a prescindere dalle dichiarazioni dei grandi enti depositari del sapere, perché può darsi che le cose stiano in modo diverso da come essi stabiliscono. Qualsiasi cosa che accettiamo come vera, deve resistere al confronto con la realtà, non solo dei fatti ma anche dell’esperienza.

T'Pol

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The abyss

Oggi parliamo di un film di James Cameron – il regista di Terminator, di Alien e del recente “Avatar” – uscito in Italia nel 1989. The abyss (l’abisso) è un film ambientato sul fondo dell’oceano e, per questo, è stato girato, in parte, in un bacino allagato nel cantiere di una centrale nucleare. In fondo all’oceano, in quell’ambiente “di frontiera” i protagonisti si trovano di fronte a delle misteriose creature luminescenti provenienti dalla vicina fossa oceanica.

Si possono osservare due diversi atteggiamenti di fronte a queste creature. I “buoni” cercano di entrare in contatto, di capire cosa hanno davanti, di scoprire l’ignoto nascosto dietro quelle rapidissime sagome luminose con dovuta prudenza ma senza ingiustificati timori. I “cattivi” sono invece spaventati e, facilitati dalla paranoia di una non identificata “sindrome”, saltano molto presto alla conclusione che quelle creature siano tecnologie di un governo avversario per spiare e distruggere la patria. Mossi da questa conclusione – dettata dalla loro ideologia del “nemico della Nazione” – trafugano una testata nucleare da un sommergibile affondato e la innescano per eliminare per sempre la minaccia.

Questo comportamento lo si nota anche fra la gente comune, ogni volta che ci si trova di fronte a qualcosa di non comprensibile o di inspiegabile, anche e soprattutto se a risultare incomprensibile non è un fenomeno naturale, ma il ragionamento e il comportamento di persone o gruppi di persone. In questo caso, l’ideologia e il pregiudizio fanno il loro mestiere di mettere il gruppo incompreso nei panni del “nemico” da distruggere, con le conseguenze che conosciamo: chiusura mentale, ostilità, critica ad oltranza, denigrazione.

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Gli incivili

La nave esplorativa della flotta terrestre stava per raggiungere la sua destinazione. Il viaggio era durato due mesi terrestri e l’equipaggio, che era stato prigioniero del tunnel spaziale per un così lungo lasso di tempo, fremeva nelle operazioni preparatorie per l’analisi del pianeta. La scoperta di un pianeta abitabile extrasolare sarebbe stata accolta come un trionfo dato che su quattrocento sistemi simili a quello terrestre ne erano risultati idonei soltanto due.

Sul ponte di comando era iniziato il conto alla rovescia per l’uscita dal tunnel spaziale. Il capitano e gli ufficiali guardavano il grande schermo centrale per vedere l’esatto istante in cui, davanti ai loro occhi, sarebbe apparso il pianeta e il cielo stellato.
Un applauso accolse la conclusione del viaggio e l’accensione dei retrorazzi. Il pianeta, azzurro e florido, compariva maestoso davanti alla nave appena giunta.
Dopo le manovre di avvicinamento e di ingresso in orbita, iniziarono subito le scansioni e il rilascio delle sonde per l’individuazione degli agenti patogeni.

Improvvisamente, uno degli ufficiali incaricati delle osservazioni qualitative balzò in piedi e si voltò rapidamente verso il capitano: «Ci sono strutture signore!». Sullo schermo – comandò il capitano. C’erano evidentemente delle case, dei villaggi, dei piccoli esserini che si muovevano avanti e indietro. Si decise di studiare quella civiltà senza farsi notare. Erano dei selvaggi: si uccidevano fra loro per futili contese; molti morivano di stenti e per le angherie dei prepotenti; era nelle loro abitudini e tradizioni di considerarsi fra loro in modo così barbaro.

Che fare? Il capitano era perplesso e dubbioso. Come si poteva tollerare che vivessero in quel modo, così disumano, così brutto? E se si interviene, non si distruggono le tradizioni? Non si priva quella gente di capire autonomamente come comportarsi?

Come ben sapete, dobbiamo ringraziare la scelta coraggiosa di quegli esploratori se oggi viviamo tutti bene – concluse l’anziano membro del consiglio, dopo aver riassunto brevemente la storia del suo popolo – eravamo barbari ma i terrestri ci hanno insegnato a vivere degnamente. È stato così che il nostro mondo e quello dei Terrestri fondarono l’alleanza interplanetaria che oggi conta ben quindici civiltà diverse.

Certe volte non si può lasciare una persona “a bollire nel suo brodo”: lasciarla libera di fare del male e farsi del male, solo perché non se ne rende conto e ritiene giusto farlo, può essere una mancanza altrettanto condannabile. Intervenire in questi casi non è oppressione, né ingerenza, né conquista, ma semplice gesto umanitario.

Pianeta

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Ibernazione

Spesso nella fantascienza si sente parlare di ibernazione. Consiste nel ridurre o sospendere le funzioni vitali dell’astronauta per un certo periodo di tempo. Un ipotetico astronauta in ibernazione consumerebbe meno scorte alimentari e sopporterebbe un viaggio lungo anche decenni.

Tra i film più famosi nei quali compare l’ibernazione o la stasi vi sono “ALIEN” e “Punto di non ritorno“, oltre a diverse puntate di Star trek come “The thaw“, l’episodio cui la Voyager trova alcuni superstiti di un pianeta ormai morto all’interno di alcune capsule di stasi. In quest’ultimo caso gli occupanti delle capsule vivevano in una realtà simulata dove, alla lunga, le loro paure aveva generato un essere virtuale dalle sembianze di clown che si divertiva a terrorizzare ulteriormente i suoi ospiti.

Attualmente non è possibile ibernare un essere umano adulto perché non esiste un sistema che consenta un congelamento abbastanza rapido e generalizzato da non generare danni alle cellule. Se fossimo però costretti ad usare le tecnologie odierne per colonizzare un altro mondo? E se l’unica speranza per l’umanità fosse quella di raggiungere un altro pianeta? L’astronauta perfetto è attualmente l’embrione, l’unico stadio vitale dell’esistenza umana che può essere congelato abbastanza rapidamente da sopravvivere all’ibernazione.

Alien ibernazione
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Tron

Fra circa un mese uscirà un film intitolato “Tron legacy” o, più semplicemente, “Tron 2“. È il seguito di un film cult del 1982, “Tron” che ho appena finito di guardare per la seconda volta. La prima è stata diversi anni fa in televisione perché questo film sembra non essere gradito quanto le più recenti sciocchezze.

Tron è ambientato nel mondo digitale, immaginando che ogni programma – e perfino ogni bit – abbia una coscienza e viva in un mondo che è, in fondo, molto simile al nostro. Il mondo digitale è infatti una creatura dei programmatori e dei tecnici informatici, i quali trasmettono nelle loro creazioni parte della loro essenza e creatività. Gli abitanti del mondo digitale chiamano infatti “creativi” le misteriose entità che creano i programmi ed è curioso che il protagonista del film riconosce dal loro volto le creazioni dei suoi amici programmatori.

Con un raggio ad alta tecnologia Flinn, un ex programmatore al quale hanno rubato il copyright dei giochi da lui creati, viene catapultato nel mondo digitale. In questo mondo parallelo dovrà scontrarsi con il regime del master control program, che cerca di reprimere ogni vaga impressione che i creativi esistano veramente. Il master control program sa benissimo che i creativi esistono ma conviene al suo regime che i programmi assoggettati pensino il contrario. Infatti si può vedere lo sconcerto nei subalterni del master control program quando viene loro comunicato di aver catturato proprio un creativo. Un film da vedere.

Tron

Trovate i trailers di Tron legacy qui e qui (ita).

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Come Cavor

Tra i primi libri che lessi nella mia infanzia c’è “I primi uomini sulla luna”, racconto fantascientifico scritto da Herbert George Wells nel 1901.
La storia parla di uno scrittore alle prese con la stesura del suo “Dramma” e di un eccentrico scienziato di nome Cavor. A bordo di una bolla di materiale speciale “antigravità” (la cavorite), i due giungono sulla luna dove incontrano affascinanti paesaggi e bizzarre creature che trascorrono nel sottosuolo i 15 giorni di oscurità del giorno lunare.

Il primo incontro tra il protagonista e Cavor descrive un comportamento nel quale mi ritrovo spesso:

La finestra presso la quale ero solito lavorare si apriva su quel panorama, e fu di là che scorsi per la prima volta Cavor. Ero appunto alle prese con la sceneggiatura, concentrando tutta la mia attenzione su quel lavoro complicatissimo, quando la sua vista mi colpì al punto da distogliermi dalle mie meditazioni.
[...]
Era un uomo di bassa statura, corpulento, con due gambe esilissime, che si muoveva a scatti. Aveva creduto bene di vestire la sua figura fuori del comune con un berretto da giocatore di cricket, un soprabito, pantaloni alla zuava e calze al ginocchio, da ciclista. Non riuscii mai a capire la ragione di questo suo modo di vestire perché non andò mai in bicicletta e non giocò mai al cricket. Si trattava di un’accozzaglia di indumenti, riuniti insieme non so come.
Gesticolava, agitando braccia e mani e dondolando il capo; e ronzava, ossia emetteva dalle labbra un ronzio simile a quello di una macchina elettrica.

Ciò che ad un osservatore esterno appare come un folle gesticolare ed agitarsi emettendo rumori simili a motori, folgoratori, suoni ambientali e, qualche volta, voci di persone è in realtà qualcosa di difficile da spiegare.
In quel preciso istante, la mente di quell’uomo sta viaggiando fra le stelle; sta vivendo avventure; sta esplorando mondi e combattendo guerre.

Quando osserviamo qualcosa dall’esterno e concludiamo che si tratta di mera follia o stupidità, forse dovremmo cercare di analizzare meglio la situazione cercando di immedesimarci un po’ di più. Azioni e routine apparentemente prive di senso, per certi aspetti scaramantiche, o interpretabili come copertura per “altro” possono invece essere vere e proprie meraviglie.

I primi uomini sulla luna

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